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Mercoledì, 24 Aprile 2024

"Ci siamo finti morti per restare vivi": così si scappa dall'Iraq in guerra

Durante le violenze avvenute nella città di Kocho, 200 tra donne e bambini sono stati rapiti e 80 uomini sono stati uccisi. Ma qualcuno è sopravvissuto e ha raccontato la sua storia ad Amnesty International

Sono scampati a quello che è stato un vero e proprio massacro: nel villaggio yazida di Kocho, nel nord dell'Iraq, le vittime sono state più di ottanta. Donne e bambini invece sono stati rapiti. Chi non si è convertito alla fede sunnita del Califfato islamico di Abu Bakr al Baghdadi è stato ucciso. Tra loro qualcuno però è sopravvissuto e ha deciso di raccontare la sua testimonianza ad Amnesty International.

Elias ha 59 anni ed è infermiere: il 15 agosto alle 11,30 ha visto radunare tutti gli abitanti di Kocho nella struttura della scuola, che i ribelli avevano trasformato in quartier generale.

Ci hanno ingiunto di consegnare tutto il denaro che avevamo e i cellulari. Le donne hanno dovuto spogliarsi anche dei gioielli. Dopo circa un quarto d’ora sono arrivati i veicoli e hanno cominciato a riempirli di uomini e di ragazzi. Ci hanno portato a circa un chilometro a est del paese. Ci hanno fatto scendere vicino alla piscina e ci hanno fatto accovacciare a terra in uno stretto cerchio. Uno ci fotografava. Pensavo che dopo ci avrebbero lasciato andare. Invece hanno aperto il fuoco. Sparavano da dietro le mie spalle. Sono stato colpito al ginocchio sinistro, ma la pallottola mi ha solo sfiorato. Mi sono lasciato cadere in avanti, come se fossi morto.

Elias si è finto morto per molte ore, poi è riuscito a fuggire insieme ad altre sei persone di cui ne conosceva solo due: Khider Matto Qasem, 28 anni, e Ravo Mokri Salah, che dovrebbe averne almeno 80:
 

Non so dove siano finiti. Ero troppo terrorizzato per guardarmi attorno. Non so che cosa sia successo a mia moglie, ai miei sette figli, a mia nuora e ai suoi due piccoli. Non posso chiamarli, perché, come ho detto, ci hanno tolto i cellulari


Poi c'è Khinder che ha solo 17 anni e ha visto uccidere suo cugino della sua stessa erà. Anche lui doveva morire ma è riuscito a scappare:
 

Io e mio cugino Ghaleb Elias siamo stati spinti sullo stesso mezzo. Eravamo vicini quando ci hanno fatto accovacciare a terra. Lui è stato ucciso. Aveva 17 anni come me. Non so che cosa sia accaduto a miei genitori, ai miei quattro fratelli e alle mie sei sorelle. Li hanno uccisi? O li hanno rapiti?

Khalaf, 32 anni, è scampato ma non sa che fine abbiano fatto i suoi tre figli:
 

Ci hanno fatto mettere in fila. Ho sentito gridare “Dio è grande”. Poi hanno aperto il fuoco. Sono stato ferito al fianco e al polpaccio sinistro. Sono caduto. Appena ho capito che se n’erano andati sono fuggito assieme a un altro scampato. Non so più nulla dei miei figli e della mia famiglia. Dove sono? Li hanno presi? Come posso rintracciarli?

A raccogliere le testimonianze Donatella Rovera, inviata di Amnesty International nell’Iraq settentrionale: lei ha scritto un rapporto sul massacro di Kocho, ma ancora non si sa con precisione quante siano state le vittime. Quello che è certo è che gli abitanti di Kocho erano mille e duecento e che i militari dell'Isis erano arrivati il 3 agosto.

Fonte: Amnesty International →
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