"Gli italiani non vogliono affittare agli stranieri, c'è discriminazione": la denuncia di Chaimaa
La studentessa italo-marocchina nota per la sua lettera contro l'Isis sta cercando di aiutare un'amica a trovare una stanza in affitto a Modena: le cose non sono andate nel migliore dei modi, come racconta al Fatto Quotidiano
Chaimaa Fatihi è la studentessa italo-marocchina nota per la sua lettera contro l'Isis.
Sta cercando di aiutare un'amica, anche lei studentessa universitaria, a trovare una stanza in affitto a Modena.
Le difficoltà incontrate sono tante, e inaspettate. Quando gli affittuari vengono informati della nazionalità della ragazza, la risposta è spesso negativa: "Guardi, allora magari ci risentiamo perché, adesso che ci penso bene, c’erano altre ragazze interessate…”
Lo racconta Chaimaa stessa al Fatto Quotidiano. "Le trattative inizialmente andavano bene e si decideva di accordarsi sul l’appuntamento per vedere la stanza, ma alla richiesta del nome, sentendone uno straniero, chiedevano se non fosse italiana, alla risposta “sono italiana di origine marocchina” ribattevano con “ah allora non è italiana” e da qui non si accordava più su nulla, finiva con un “le faccio sapere”, “ci sono altre ragazze prima di lei. Vedo che fare” e così via. Il sangue al cervello bolle e dentro ti auto imponi di stare calma, ma non è facile".
I pregiudizi esistono, sono diffusi, molto più radicati di quanto forse ognuno di noi è disponibile ad ammettere. Il problema non riguarda solo gli studenti, e Chaimaa lo conferma:
“Conosco un imprenditore di Modena che poco tempo fa cercava una stanza per un suo dipendente di colore. Anche lui ha ricevuto moltissimi rifiuti dopo che specificava che si trattava di uno straniero, nonostante si trattasse di un lavoratore serio con contratto a tempo indeterminato”.
La situazione appare spesso simile a quella dell'Italia degli anni '60, quando tanti emigrati dal sud nelle grandi città del nord si trovavano di fronte cartelli con su scritto "Non si affitta ai meridionali". La responsabilità, secondo la studentessa italo-marocchina, è anche della paura alimentata dai mezzi di comunicazione.