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Martedì, 23 Aprile 2024

Nobel per la Pace: Angela Merkel, Papa Francesco... o Giusi Nicolini?

La commissione del Premio Nobel ha dimostrato in questi anni di saper mantenere fino all'ultimo secondo il più stretto riserbo: venerdì mattina l'assegnazione

Mancano due giorni all'assegnazione del Premio Nobel per la Pace che verrà annunciato venerdì 9 ottobre a Oslo. Come sempre è già incominciato il totonomi. Tra i possibili candidati spiccano Angela Merkel, Papa Francesco, l'agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr), gli attivisti per i diritti umani in Russia, il perenne candidato Denis Mukwege, medico congolese, poi Edward Snowden e i protagonisti dell'accordo sul nucleare iraniano, Kerry e Zarif. Tra le nomination, è evidente, la crisi dei rifugiati ha attirato maggiormente l'attenzione della commissione.

In tutto i nominati sono 273, ma sono meno di dieci i veri favoriti. E nelle ultime settimane la candidatura considerata più calda è quella della cancelliera Merkel, come è stato sottolineato da Kristian Harpviken, direttore dell'Istituto di ricerca internazionale di pace di Oslo (Prio), secondo cui inizialmente il nome della leader tedesca era stato valutato in particolare per il suo ruolo nella risoluzione del conflitto in Ucraina. Adesso, invece, "ha dato una svolta al dibattito" sulla crisi dei rifugiati mostrando una leadership forte, senza abbandonare i suoi principi ma mostrando la volontà di cambiare il sistema. La pensa così anche lo storico Asle Sveen, coautore del libro sui primi 100 anni del Premio Nobel per la Pace, secondo cui Merkel sarebbe la scelta più "sexy" se si dovesse premiare un player della crisi dei migranti.

L'emergenza migranti è il tema più sentito, e quindi per questo motivo spiccano altre due candidature, quella dell'Unhcr e quella del prete eritreo Mussie Zerai, che ha giocato un ruolo chiave nell'aiuto ai rifugiati che cercano di raggiungere l'Europa con i barconi attraverso il Mediterraneo. Zerai, noto come "l'angelo dei profughi", ha un passato da profugo: nato in Eritrea, ad Asmara, è espatriato in Italia nel 1992, appena diciassettenne, come rifugiato politico. Tra i candidati c'è anche Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa. Tra gli altri nomi nella classifica dei vincitori più probabili Papa Francesco per il ruolo svolto nel disgelo tra Stati Uniti e Cuba, per le posizioni sul cambiamento climatico e per la sua crescente popolarità su temi controversi dei dogmi della Chiesa cattolica.

Altri nomi forti sono quelli di John Kerry e Mohammad Javad Zarif, che restano ancora in pole position, ma la candidatura si è raffreddata dopo l'ondata migratoria in Europa. Fino allo scoppio della crisi dei rifugiati il segretario di stato Usa e il ministro degli Esteri iraniano erano visti come logici favoriti per il premio dopo i due anni di intensi negoziati sul nucleare in Iran. Sulla loro candidatura pesa però la possibilità che con l'assegnazione a Kerry, di fatto l'amministrazione Obama vincerebbe il secondo Nobel per la pace. Segue, poi, il ginecologo congolese Denis Mukwege, nei radar della commissione per il Nobel molte volte negli anni per il suo lavoro con le vittime di violenza sessuale nella Repubblica democratica del Congo. Ha vinto il premio Sakharov assegnato dal Parlamento europeo nel 2014.

Sembra invece più difficile che il premio Nobel per la Pace venga assegnato a Victor Ochen, attivista 33enne e sopravvissuto del conflitto in Uganda. Cresciuto nei campi di accoglienza dei profughi, il fratello rapito dai guerriglieri dell'Esercito di resistenza del Signore, ha creato l'African Youth Initiative Network che lavora con i bambini vittime di violenza. "Vedo me stesso nei rifugiati siriani. Mi vedo in questi ragazzi che rischiano la vita per attraversare il mare e arrivare in Europa", ha spiegato dopo aver appreso di essere uno dei candidati.

Per finire, altri nomi che circolano in queste ore sono quelli dei fondatori di "PeaceJam", Dawn Engle e Ivan Suvanjieff, per le campagne che hanno creato progetti per più di un milione di giovani in 39 Paesi del mondo. La candidatura è stata proposta da Tutu secondo cui PeaceJam è "uno dei migliori programmi transnazionali per giovani che abbia mai visto". Al di là del totonomi bisogna ricordare che i bookmaker non sempre hanno indovinato il vincitore. La commissione del Premio Nobel ha dimostrato in questi anni di saper mantenere fino all'ultimo secondo il più stretto riserbo e imperscrutabilità, sorprendendo tutti come con l'assegnazione a Barack Obama o all'Unione europea.

Fonte: The Guardian →
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