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Mercoledì, 24 Aprile 2024

Padre contro figlio: "E' un violento da corteo". Il figlio risponde: "Lui un violento da talk show"

Continua la querelle mediatica tra Christopher Chiesa, manifestante indagato per le violenze ai cortei del 14 novembre, e il padre

Mi chiamo Christopher Chiesa, ma ormai lo sapete tutti, ho vent'anni e sono diventato “famoso”. Sono uno degli otto studenti arrestati a Roma durante le violente cariche della polizia al corteo studentesco del 14 Novembre e sono indagato per resistenza. Ma non sono diventato “famoso” per questo.

Inizia così la lettera, pubblicata sull'Huffington Post Italia, scritta da Christopher Chiesa, manifestante indagato per gli scontri avvenuti nelle manifestazioni del 14 Novembre a Roma il cui padre aveva rilasciato dichiarazioni nelle quali definiva il figlio "un figlio di papà soggiogato dai violenti".
Oggi la lettera aperta, che riapre di fatto una querelle non solo familiare, ma generazionale e quasi "sociologia".

Il motivo per cui sono diventato “famoso” è perchè mio padre sta rilasciando dichiarazioni deliranti su di me e il mio comportamento. Ha detto che sarei dovuto rimanere in prigione perché ho picchiato degli agenti di polizia. Ma lui quel giorno in piazza non c'era.

Lui oggi si permette di parlare di educazione, di violenza e non violenza. Lui che quando da bambino andavo a trovarlo a Cuneo mi faceva passare le giornate da solo in casa. Lui che poi mi riempiva di minacce e di insulti per me, mia madre e tutta la mia famiglia. Lui da cui ho subito per anni violenze fisiche e verbali, ancora ricordo il dolore della sua cintura ogni volta che facevo qualcosa che lui riteneva sbagliato. Lui che mostrava sempre con vanto la sua pistola perennemente portata alla caviglia.

Mi padre dice che sono un terrorista, un bamboccione viziato perché paga i 650 euro di affitto per il monolocale in cui abito. È semplicemente il contributo dovuto alle spese per il mio mantenimento. Avevo deciso di sottrarmi al ricatto di mettere la mia vita privata in piazza per controbattere ad accuse fin troppo pretestuose. Ciò che mi ha spinto a scrivere oggi, rendendo pubblici fatti del tutto privati della mia vita, è il tentativo di spezzare questo vortice intorno alla mia persona. Sembra che un inedito format televisivo con al centro le mie “beghe di famiglia” abbia risucchiato e cancellato le ragioni della protesta studentesca, la violenza della polizia e perfino il merito della mia vicenda giudiziaria.

Per poi concludere.

Cari genitori, la politica è assente e noi studenti siamo gli unici oggi a voler guardare lontano. Il futuro che vediamo è un buco nero per noi, ma anche per voi. Fidatevi del nostro sguardo e accompagnateci in piazza a manifestare insieme. Ma state attenti e proteggetevi perché i manganelli e i lacrimogeni piovono come le tasse sulla testa di chi non ha un ombrello.

Fonte: Huffington Post Italia →
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