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Venerdì, 29 Marzo 2024

Travaglio perde la causa contro Tiziano Renzi: "Ancora un paio di mazzate e si chiude"

Il giornalista critica la sentenza che ha condannato Il Fatto Quotidiano a risarcire il padre dell'ex premier per 95mila euro: "Ci appelleremo per farci restituire i soldi fino all'ultimo centesimo e la nostra onorabilità"

Marco Travaglio dice la sua sulla sentenza che ha condannato Il Fatto Quotidiano a risarcire Tiziano Renzi, padre dell’ex premier, con 95mila euro.  Il giudice, Lucia Schiaretti, ha giudicato diffamatorio il contenuto di due editoriali pubblicati il 24 dicembre 2015 e il 16 gennaio 2016.

Nel primo, intitolato "I Babboccioni", parlando dell'indagine in corso a Genova sulla azienda controllata dalla famiglia di Tiziano Renzi, Chil Post, Travaglio aveva usato il termine "fa bancarotta"; nel secondo articolo, dal titolo "Hasta la lista" Tiziano Renzi era stato accostato per "affarucci" a Valentino Mureddu, iscritto, secondo le cronache, alla P3. Il giudice ha giudicato diffamatorio anche il contenuto di un articolo apparso on line inerente Banca Etruria e Tiziano Renzi firmato dalla giornalista Gaia Scacciavillani.

Secondo Il Fatto "nell’annunciare la notizia via social, l’ex segretario del Pd ha parlato di ‘enorme mole di fango buttata addosso alla mia famiglia, a mio padre, alla sua salute'", ma si è guardato bene dal dire che "sul contenuto dei quattro articoli contestati, il giudice ha assolto il Fatto Quotidiano".

Ad ogni modo la condanna c’è ed è pesante. In un editoriale dal titolo 'Cambiamo mestiere' Travaglio spiega perché, a suo avviso, una condanna "per un titolo e due articoli che non contengono fatti falsi e che riscriverei uguali altre cento volte" sia ingiusta e spropositata. 

Fermo restando che, "se l’esecutività del verdetto non sarà sospeso pagheremo il dovuto e ci appelleremo per farci restituire i soldi fino all’ultimo centesimo e la nostra onorabilità". Il direttore del FQ non fa nulla per indorare la pillola. 

 "A botte di sentenze come queste, un piccolo giornale libero come il Fatto non può reggere: ancora un paio di mazzate come queste e si chiude. Perché non c’è alcun’arma di difesa. Possiamo prestare tutte le attenzioni del mondo a non scrivere cose false o inesatte. Ma se poi veniamo condannati per aver scritto cose vere o per aver esercitato il nostro sacrosanto diritto di critica, allora dovremmo preoccuparci anche di non disturbare certi manovratori, specie se hanno appena agguantato la vicepresidenza del Csm e fanno il bello e il cattivo tempo nella città del tribunale che ci giudica".

Fonte: Il Fatto Quotidiano →
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