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Martedì, 19 Marzo 2024
Salute Italia

Nano-chemio, che cos'è e perché rappresenta la frontiera della lotta ai tumori

La tecnologia sta sì scoprendo nuove armi contro i tumori, ma anche affinando quelle vecchie. La ricerca oncologica sta sviluppando il filone nano-chemioterapico: riesce a superare le difese del cancro e diventa efficace oltre che mirata, ed è già realtà

La ricerca oncologica è sempre più hi-tech. Tra medicinali gioiello e terapie innovative, il settore scommette "soprattutto su tre filoni, ritenuti più promettenti: le terapie a bersaglio molecolare, con l'ingegnerizzazione di medicinali noti, l'immunoterapia e l'evoluzione della chemioterapia, in cui i farmaci vengono incorporati in nanopolimeri" che li fanno penetrare meglio nelle cellule. Si tratta in ogni caso di prodotti sofisticati, che richiedono laboratori avanzati e attrezzati".

A descrivere i tre filoni più promettenti della ricerca biotech in oncologia è Giampaolo Tortora, ordinario di Oncologia medica all'Università di Verona e direttore dell'Unità operativa complessa di Oncologia all'Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona.

Quello della nano-chemioterapia "è un settore forse più marginale, ma molto interessante, basato su rapporti specifici tra molecole e chemioterapico", spiega Tortora all'AdnKronos Salute.

"L'obiettivo non è solo quello di chemioterapici più efficaci o con meno effetti collaterali. Abbiamo alcuni farmaci che, da soli, non sono efficaci nelle versioni standard contro alcuni tumori: in pratica vengono respinti. La versione 'nano', invece, riesce a superare le difese del cancro e diventa efficace, oltre che mirata. Oltretutto la nano-chemio è già realtà: abbiamo due prodotti, uno viene utilizzato e uno è in fase di contrattazione prezzo".

Quanto alle terapie a bersaglio molecolare, "quest'anno stiamo - osserva l'esperto - vedendo uno sviluppo massiccio di sostanze nuove, soprattutto anticorpi monoclonali ingegnerizzati per legare un farmaco a una sostanza chimica fortemente tossica per le cellule tumorali.

"Gli anticorpi monoclonali coniugati uniti a un farmaco chemioterapico, un isotopo radioattivo o una tossina, portano un carico di bombe e hanno il compito di veicolarle su un bersaglio specifico, in modo selettivo.

"Quella degli anticorpi coniugati è un classe di farmaci molto interessante - dice Tortora - e oggi abbiamo anche delle evoluzioni ingegnerizzate: ibridi multi-bersaglio in grado di bloccare tutti i punti" del recettore. "Strane chimere", le definisce Tortora, "già protagoniste di studi di fase 1 e 2 che ne hanno mostrato potenzialità e sicurezza".

Insomma, la tecnologia sta sì scoprendo nuove armi, ma anche affinando quelle vecchie, con l'obiettivo di "una maggiore efficacia e una sicurezza migliore". Infine c'è l'immunoterpia, che "negli ultimi anni ha suscitato un entusiasmo straordinario e ora è al centro di un processo di rifinitura. Anche perché, in alcuni casi - dice l'oncologo - gli studi hanno mostrato alcuni fallimenti, o una tossicità inattesa". 'Incidenti' che possono essere utili alla ricerca, "perché ci aiutano a indirizzare meglio i nostri studi", sottolinea Tortora.

C'è poi la questione del prezzo e della produzione dei medicinali innovativi.

"A livello internazionale i grandi centri di ricerca tendono a lavorare con partner industriali o spin-off, piuttosto che produrre in casa, in modo costoso, i farmaci biotech".

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