Come il geco si attacca alle superfici? La risposta è nel DNA

A cosa deve il geco la sua capacità di arrampicarsi sulle superfici? Al suo DNA.

Secondo un nuovo articolo pubblicato su “Nature Communications”, infatti, il sequenziamento del genoma (cioè del DNA) del geco ha permesso di capire molte delle sue caratteristiche più interessanti.

Come spiegato su LeScienze.it, il geco è il rettile col genoma più grande: 2,5 miliardi di basi e più di 22mila geni. Il suo sequenziamento è stato realizzato da un gruppo di ricercatori dell'Università di Nantong e del Beijing Genomics Institute (BGI) e ha permesso innnazitutto di scoprire che la famiglia dei gechi si è separata circa 200 milioni di anni fa da un gruppo di antenati composto da lucertole e serpenti.

Andando a guardare nel dettaglio si sono scoperte duplicazioni di geni che poi sono cambiati e hanno dato nuove "originali" funzioni. In questo modo i ricercatori hanno scoperto due geni, PTGIS e PTGS1, permettono al geco di perdere volontariamente la coda per sfuggire a un attacco: essi infatti sembrano essere coinvolti nella sintesi delle prostaglandine, sostanze che sembrano avere un ruolo nelle rigenerazione dei tessuti (la coda dei gechi, infatti, una volta persa viene rigenerata).

Ma non solo. Sono stati scoperti dei geni che servono a produrre opsine, proteine necessarie per i fotorecettori della retina, che sembrano connessi alla "anomala" vita notturna dei gechi, rispetto alle altre lucertole. Infine la scoperta forse più interessante: è stato individuato un gruppo di geni che servono per la produzione delle cheratine, proteine filamentose resistenti che formano sui polpastrelli dei gechi delle setole speciali che permettono una fortissima adesione anche a pareti estremamente lisce.

Questa scoperta non serve solamente a capire l'evoluzione dei gechi, ma a sfruttare le informazioni sulle sue interessanti caratteristiche per lo sviluppo di materiali e tecnologie rigenerative di avanguardia.