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Venerdì, 29 Marzo 2024
Scienze

Rinasce la speranza: trovata una possibile cura per la malattia rara simile a quella di Alfie

La sperimentazione della terapia è stata condotta in diversi Centri internazionali, tra cui l'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma per l'Italia. La Cln2 colpisce una persona ogni 100mila nuovi nati

Era una patologia rara senza terapia. Ma oggi la ceriodolipofuscinosi neuronale di tipo 2 (Cln2), malattia degenerativa - la 'famiglia' della patologia che ha colpito il piccolo Alfie Evans - che porta alla distruzione del sistema nervoso centrale dei bambini, può essere bloccata da un nuovo farmaco che rimpiazza l'enzima di cui questi pazienti sono carenti. La sperimentazione della terapia è stata condotta su 23 bambini in 4 diversi Centri internazionali, tra cui l'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma per l'Italia. I risultati che ne documentano l'efficacia sono stati appena pubblicati sul 'New England Journal of Medicine'.

Cosa sappiamo della malattia che ha colpito Alfie Evans

Lo studio, durato tre anni, ha coinvolto in fase 1 (prima somministrazione di un farmaco negli umani) i piccoli pazienti di varie nazionalità con Cln2 allo stadio iniziale-intermedio. La sperimentazione internazionale è stata condotta, in parallelo, al Bambino Gesù di Roma; al Centro medico universitario Hamburg-Eppendorf di Amburgo (Germania); all'ospedale Great Hormond Street di Londra (Regno Unito) e al Nationwide Children's Hospital della Ohio State University a Columbus (Usa). Al Bambino Gesù lo studio ha riguardato sei bimbi presi in carico nel Dipartimento di neuroscienze e neuroriabilitazione con la collaborazione del Clinical Trial Center e di gruppi di ricercatori che si sono occupati di valutare i pazienti e di analizzare i risultati.

Che cos'è la Cln2: colpisce una persona ogni 100mila nuovi nati

La ceroidolipofuscinosi neuronale di tipo 2 è una malattia degenerativa rara del sistema nervoso centrale che inizia a manifestarsi nei bambini di 2 o 3 anni di età. Come quella che ha colpito e ucciso il piccolo Alfie Evans, si tratta di una patologia neurodegenerativa, con epilessia mioclonica progressiva. Ma per il bambino inglese era stata esclusa questa specifica malattia. Nello specifico la Cln2 appartiene alla famiglia delle ceroidolipofuscinosi neuronali, una decina di forme che in Italia, complessivamente, riguardano circa una persona ogni 100.000 nuovi nati. La Cln2 è dovuta alle mutazioni di un gene chiamato Tpp1 e viene ereditata con "modalità autosomica recessiva": ciò significa che se entrambi i genitori presentano una sola copia del gene mutato (sono, cioè, portatori sani della malattia), il figlio avrà una probabilità del 25% di essere malato, ovvero di ereditare entrambe le copie del gene Tpp1 anomalo. L'alterazione del gene responsabile porta a una riduzione della sintesi di un enzima, il tripeptidil-peptidasi 1 (Tpp1), necessario al normale funzionamento del cervello. Il deficit dell'enzima Tpp1 causa, a sua volta, l'accumulo di una proteina, la lipofuscina, all'interno delle cellule, determinando morte neuronale e degenerazione celebrale.

I primi sintomi al secondo anno di vita

I bambini colpiti da questa malattia sembrano inizialmente sani, ma attorno al secondo anno di vita cominciano a manifestare i primi sintomi: ritardo di acquisizione del linguaggio e crisi epilettiche. In seguito le crisi diventano più frequenti, spaziando da convulsioni a episodi di natura mioclonica (spasmi muscolari violenti); compaiono disturbi della deambulazione con problemi di equilibrio; si manifestano difficoltà visive che gradualmente portano alla cecità e un progressivo deficit cognitivo. I bambini perdono tutte le competenze acquisite fino a raggiungere una condizione di vera e propria demenza. Il decorso della malattia è molto rapido.

A tutti i bambini dello studio è stato infuso, direttamente a livello cerebrale, il farmaco contenente un principio attivo, chiamato cerliponase alfa, che sostituisce l'enzima carente nelle persone colpite da Cln2. L'effetto della terapia è stato considerato clinicamente significativo: l'87% dei bambini che hanno completato il trial non ha, infatti, subìto il declino motorio e del linguaggio atteso nella naturale evoluzione della patologia. "Abbiamo documentato che questo farmaco può arrestare la progressione della malattia, ma non ristabilire le condizioni neurologiche originarie del bambino - sottolinea Nicola Specchio, responsabile di Epilessie rare e complesse dell'ospedale romano -. Per garantire ai pazienti una qualità di vita ottimale è fondamentale la diagnosi precoce".

La terapia ha già ottenuto l'approvazione della Food and Drug Administration (Fda), l'ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, e dell'Ema, l'agenzia europea. Dunque anche altri bambini, nel mondo, stanno beneficiando della sua efficacia documentata.


 

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