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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Ambiente

Referendum trivelle: tutto quello che c'è da sapere

Tra meno di un mese, il 17 aprile, si voterà in tutta Italia, ma tra gli elettori c'è ancora molta confusione. Cerchiamo di fare chiarezza sfatando tutti i falsi miti e di capire cosa cambierà davvero se vincesse il sì

Meno di un mese al 17 aprile, giorno del Referendum per "dire no alle trivelle". Si è detto molto a riguardo, ma per fare una scelta davvero consapevole è bene fare chiarezza per capire che cosa si sta realmente andando a votare.

Innnanzitutto cosa dice il Referendum? Testualmente:

Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita’ 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale?

Dunque votando Sì al Referendum non si bloccheranno le trivellazioni, né quelle sulla terraferma, né quelle oltre le 12 miglia marine dalla costa che si potranno continuare a fare.Il refendum non riguarda nemmeno nuove concessioni entro le 12 miglia marine, poiché già vietate dalla legge di stabilità 2016. Cosa riguarda allora? Se passasse il Sì, una volta scaduta la concessione, le società petrolifere non potranno rinnovare l'autorizzazione per estrarre gas e petrolio dagli impianti già attivi entro le 12 miglia, anche se il giacimento non fosse ancora esaurito.

Questo significa che lo slogan "no alle trivelle" è piuttosto fuorviante, perché qualunque sia l'esito del referendum non si potrebbero fare comunque nuove trivellazioni entro le 12 miglia, si potrebbero fare solo nuove trivellazioni su terra e oltre la "soglia" limite. L'unica cosa che cambierebbe sarebbe l'impossibilità di chiedere proroghe per impianti già attivi, entro la zona di soglia. Quanti impianti riguarda? Tutto il referendum ruota attorno a 21 delle 106 piattaforme per la produzione di gas.

Cosa succede in pratica se vince il Sì?

Quelle 21 piattaforme, una volta scaduta la concessione, non potrebbero più essere operative: gli stop, però, avverrebbero per la maggiorparte dei casi fra 2, 5, 10 o addirittura 20 anni. Gli stop riguarderebbero, tra le altre cose, impianti che estraggono soprattutto metano (e non petrolio), ovvero una fonte fossile tra le meno inquinanti.

Per questi motivi, gli effetti sull'occupazione, spesso e volentieri paventati, sarebbero reali, ma decisamente dilazionati nel tempo, mentre il rischio ambientale, sicuramente importante, non verrebbe in alcun modo scongiurato. Anzi: non solo l'attività estrattiva è una di quelle a minor impatto (ad esempio rispetto alla pesca intensiva), ma con una minor produzione interna e senza una buona strategia per promuovere fonti energetiche rinnovabili, aumenterebbe nel tempo il traffico di petroliere nei nostri mari, con maggior rischio di disastri e una produzione di gas ben poco sostenibile, poiché effettuata in paesi lontani.

Il referendum si propone dunque, a parole, di liberare l'Italia dall'inquinamento e dal deturpamento ambientale e paesaggistico dovuto alle trivelle, ma in realtà, qualora passasse, bloccherebbe dopo numerosi anni solo alcune concessioni di alcune specifiche piattaforme, dando solo l'illusione di aver fatto un passo in avanti verso le energie rinnovabili. I promotori del Sì sostengono che questo sia anche un "voto politico": ovvero dare un segnale al governo per fargli capire che bisogna investire sulle energie rinnovabili e che il referendum serva a far parlare di nuovo di questo spinoso argomento.

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