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Venerdì, 19 Aprile 2024
Scienze Italia

Intolleranze alimentari, per i pediatri ci sono troppi test “bufala”: inutili e a volte dannosi

La Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica contro i test privi di fondamento scientifico, come il test DRIA, il test di neutralizzazione, la kinesiologia applicata, la biorisonanza, la analisi del capello, la iridologia

Allergie e intolleranze alimentari sembrano essere diventate frequentissime negli ultimi anni, negli adulti come nei bambini, ma nella maggioranza dei casi il fenomeno è legato a diagnosi non corrette o ad autodiagnosi. “Circa il 20% della popolazione ritiene di esser affetto da una allergia o da una intolleranza alimentare, ma in realtà solo nel 10-20% di questi casi il sospetto viene confermato in seguito ad un corretto iter diagnostico. I veri allergici, nella popolazione pediatrica, non superano il 5-10%”: lo ha spiegato Mauro Calvani coordinatore della Commissione Allergia Alimentare della SIAIP, Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica, intervenuto al Congresso Nazionale in corso a Firenze.

Il proliferare di test privi di fondamento scientifico, come il test DRIA, il test di neutralizzazione, la kinesiologia applicata, la biorisonanza, la analisi del capello, la iridologia, ha spinto la SIAIP, insieme alla Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, e alle società scientifiche allergologiche dell’adulto (Società italiana di Allergologia, Asma e Immunologia e Associazione Allergologi Immunologi Territoriali e Ospedalieri) a produrre un documento in cui si fa chiarezza su come va posta la diagnosi di intolleranza e allergia alimentare.

I test farlocchi, ricorda la SIAIP, oltre a essere inutili possono essere anche dannosi soprattutto nei bambini. “Infatti, a una diagnosi di allergia alimentare, vera o falsa che sia, segue sempre una dieta che, se non ben calibrata soprattutto nei bambini, può portare a malnutrizione”, prosegue Calvani. “Inoltre, anche nei soggetti allergici a uno o più alimenti, va dimostrato il rapporto di causa-effetto attraverso i test più appropriati per evitare il rischio (altrimenti possibile) di attribuire la causa dei disturbi ad un alimento diverso da quello che effettivamente causa i sintomi, i quali di conseguenza persistono o talora addirittura si aggravano”, sottolinea.

Spiega Marzia Duse, Presidente della SIAIP e Direttore del Servizio di Immunologia e Allergologia Pediatrica dell’Università “Sapienza” di Roma: “L’allergia alimentare è una malattia molto seria e grave, potenzialmente fatale e deve essere affrontata con pari serietà e scrupolo, non deve essere banalizzata e il pericolo dell’eccesso di diagnosi scorrette sta nella sottovalutazione collettiva del rischio. Troppi soggetti in realtà non allergici tollerano benissimo gli alimenti sospetti – va da sé: non sono allergici!- e questo rischia di far abbassare la soglia di attenzione dei ristoratori e degli esercenti che possono sottovalutare il problema delle possibili contaminazioni dei cibi. Per contro, i bambini a dieta, che a dieta non dovrebbero essere perché non allergici o intolleranti, equivalgono da un punto di vista della salute globale a bambini sottoposti a terapie (ed esempio antibiotiche) di cui non hanno necessità: ne subiscono tutti gli effetti collaterali”.

La diagnosi di allergia o intolleranza alimentare può essere posta solo con un corretto iter diagnostico, che prevede, tra gli altri, la eliminazione temporanea e la reintroduzione (test di scatenamento) dell’alimento sospettato dalla dieta e l’utilizzo di test ben standardizzati e di basso costo, diversi per le diverse allergie o intolleranze sospettate: ad esempio gli Skin Prick Test, il dosaggio delle IgE specifiche per gli alimenti e degli anticorpi per il glutine, il breath test per il lattosio, e quando necessario esami più complessi come la esecuzione di una biopsia intestinale.

La SIAIP invita anche a diffidare dei test truffa reclamizzati su note catene di vendita su internet, come quello del “DNA per intolleranze su 600 alimenti, oltre 200 acque minerali e 250 additivi alimentari”. “Non esiste la possibilità di dosare il DNA allo scopo di porre una diagnosi di intolleranza per 600 alimenti – conclude Calvani – ma nemmeno per un solo alimento è possibile porre una diagnosi di intolleranza tramite la analisi del DNA. Tuttalpiù, e solo per poche intolleranze (ad esempio al glutine o al lattosio) è possibile tramite indagini genetiche individuare la predisposizione a sviluppare la malattia, che è cosa ben diversa dall’avere la malattia”.

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