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Giovedì, 28 Marzo 2024
Scuola

Per un alunno italiano su due la mensa scolastica è un "lusso"

La metà dei bambini non ha accesso al servizio mensa necessario a garantire almeno un pasto adeguato al giorno a tutti i bambini in povertà, denuncia Save the Children

In Italia oltre 1 milione e 200mila bambini e ragazzi vivono in povertà assoluta e il doppio in condizioni di povertà relativa. In un contesto simile il servizio di mensa scolastica dovrebbe garantire a tutti i minori almeno un pasto proteico al giorno, aiuntanto le tante famiglie in difficoltà. Secondo il nuovo rapporto di Save the Children "(Non) Tutti a Mensa 2018", la metà degli alunni delle scuole primarie e secondarie di primo grado non ha accesso alla mensa scolastica e l'erogazione del servizio è fortemente disomogenea sul territorio italiano, mentre le  le modalità di accesso o di esenzione spesso contribuiscono a aumentare le disuguaglianze, a scapito delle famiglie più svantaggiate.

La ricerca, condotta dalla ong nell’ambito della campagna “Illuminiamo il Futuro” per il contrasto della povertà educativa, evidenzia come, ad un anno dall’ultimo monitoraggio, sono ancora molte le scuole che non assicurano ai bambini e alle loro famiglie di usufruire della mensa scolastica che, non solo rappresenta un sostegno all’inclusione e all’educazione alimentare, ma è uno strumento fondamentale per il contrasto della povertà e della dispersione scolastica. 

Un bimbo su due senza mensa

Rispetto allo scorso anno, il quadro che emerge è preoccupante e sottolinea alcuni peggioramenti: in 9 regioni italiane (una in più rispetto al 2017), oltre il 50% degli alunni, più di 1 bambino su 2, non ha la possibilità di accedere al servizio mensa; inoltre si registra un tendenziale peggioramento in quasi tutte le regioni di 1-2 punti percentuali. La forbice tra Nord e Sud si distanzia sempre più. Sono infatti sei le regioni insulari e del Meridione che registrano il numero più alto di alunni che non usufruiscono della refezione scolastica: Sicilia (81,05%), Molise (80,29%), Puglia (74,11%), Campania (66,64%), Calabria (63,78%), Abruzzo (60,81%) e Sardegna (51,96%).

Delle nove regioni in cui oltre metà dei bambini non accede alla mensa, quattro registrano anche la percentuale più elevata di classi senza tempo pieno (Molise 94,27%, Sicilia 91,84%, Campania 84,90%, Abruzzo 83,92%, Puglia 82,92%), superando ampiamente il dato nazionale già critico, secondo il quale oltre il 66% di classi primarie risulta senza il tempo pieno. In quattro di loro, si osservano anche i maggiori tassi di dispersione scolastica d’Italia (Sardegna 21,2%, Sicilia 20,9%, Campania 19,1%, Puglia 18,6% e Calabria 16,3%). “Una mensa accessibile a tutti con un servizio di qualità e uno spazio adeguato, svolge un compito cruciale nella lotta alla povertà, oltre a garantire la possibilità di attivazione del tempo pieno, combattendo efficacemente la dispersione scolastica. Per questo, riconoscere il servizio di refezione scolastica come un servizio pubblico essenziale deve essere una priorità”, spiega Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia Europa di Save the Children. 

Comune che vai, mensa che trovi

Nel Rapporto, per il quarto anno consecutivo, l’Organizzazione ha analizzato le prassi per le scuole primarie relative alla mensa scolastica in Italia, prendendo in esame 45 comuni capoluogo di provincia con più di 100mila abitanti valutando l’accesso, le tariffe, agevolazioni ed esenzioni, il trattamento delle famiglie morose e l’eventuale esclusione dei bambini dal servizio. In Italia la refezione scolastica non è riconosciuta come un servizio pubblico essenziale.  Perciò l'erogazione della mensa non si presenta omogenea ed uniforme: a fronte di 13 comuni che offrono il servizio a più del 95% degli alunni (tra questi Milano, Prato, Bologna, Cagliari, Forlì, Monza e Bolzano alla totalità o quasi degli alunni), altri 15 garantiscono l’accesso alla mensa a meno del 40% degli alunni frequentanti le scuole primarie. Ma purtroppo all’interno del panorama esistono anche quei comuni che offrono il servizio mensa a meno del 10% degli alunni, come Siracusa (0,88 %), Palermo (2,60%), Catania (6%) Foggia (8%) e Taranto (11%). 

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Quanto alle tariffe, Sono 33 i comuni che prevedono l’esenzione totale legata a qualche tipo di svantaggio sociale, di questi 9 solo su segnalazione e valutazione dei servizi sociali; 5 la prevedono per composizione familiare (in base al numero dei figli). Solo 19 Comuni sui 45 esaminati riconoscono un’esenzione alle famiglie in situazione di povertà, sotto una certa soglia ISEE. Il Comune di Salerno e quello di Vicenza addirittura non prevedono alcun tipo di esenzione. Tutti i comuni presi in esame applicano agevolazioni su base economica ponendo ognuno una soglia ISEE differente; 37 di loro modulano le tariffe a seconda della composizione familiare; 28 comuni sulla base di disagi sociali, perdita del lavoro o segnalazione dei servizi. Tra questi i comuni di Bergamo, Bologna, Padova e Palermo riducono la tariffa per i nuclei familiari con disabilità. 

Nei comuni presi in esame, le tariffe massime variano dai 2,5 euro (Perugia) ai 7,2 euro (Ravenna), le tariffe minime passano da 0,30 euro (Palermo) ad un massimo di 6 euro (Rimini). Il risultato di queste differenze è che una famiglia con un figlio in disagio economico (ISEE 5.000 euro), sarebbe esentata dal pagamento solo in 10 comuni mentre tra i restanti comuni le tariffe applicate variano da 0,35 euro a pasto di Salerno ai 6 euro di Rimini. In 26 comuni, tra cui quest’ultimo, si garantisce però l’esenzione, e dunque tariffa 0 euro, per le famiglie in condizioni di necessità economiche se segnalate dai servizi sociali.  Infine anche la compartecipazione delle famiglie ai costi è disomogenea: varia da un massimo nei comuni di Bergamo (95%), Forlì (96,7%) a un minimo dichiarato da Reggio Calabria (20%), Cagliari (27,48%), Bari (30%), Napoli (30,75%) e Perugia (35%).

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