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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Consumo di suolo: serve una legge per fermarlo

La cementificazione del territorio è tra le cause principali del dissesto idrogeologico, non ricordiamocelo solo quando ormai è troppo tardi

“L’insostenibile consumo di suolo”: è l’efficace titolo del volume a sei mani - gli autori sono Ciro Gardi, Nicola Dall'Olio e Stefano Salata – appena uscito per i tipi di Edicom edizioni. Un’ottima occasione per concentrarsi, una volta di più, su un tema di sferzante attualità, che la cronaca ci ripropone con insistenza drammatica negli ultimi giorni e  che giovedì scorso è stato al centro di una giornata celebrativa interamente dedicata ai suoli.

I numeri sulla questione devono fare riflettere non solo gli addetti ai lavori. Sulla base dei dati forniti dall’Agenzia europea dell’ambiente, un rapporto pubblicato dalla Commissione europea nel 2011 stima che la quota rilevata d’incremento di terreno occupato nell’Ue fra il 1990 e il 2000 fosse circa 1000 km² l’anno, pari a una superficie maggiore della città di Berlino, ovvero 275 ettari al giorno; dal 2000 al 2006, l’incremento della quota di terreno occupato è scesa a 920 km² l’anno (252 ettari al giorno), ma non si sa ancora se questa tendenza possa dirsi confermata per il futuro. Il risultato è che nel 2006 ogni cittadino dell'Ue aveva un'impronta di occupazione del territorio di circa 390 m², vale a dire 15 m² in più rispetto al 1990. Di questi 390 m², circa 200 m² sono effettivamente impermeabilizzati, cioè coperti da cemento o asfalto, per un totale di 100 000 km², ovvero il 2,3% del territorio dell’Ue.

Il volume “L'insostenibile consumo di suolo”, presentato nel corso di un convegno a Roma presso la Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, indaga con lucida competenza i vari differenti processi di consumo di suolo e, partendo da un’analisi globale, arriva a restringere il campo sulla situazione italiana, alla quale scatta una nitida fotografia, tra cause conseguenze e il delinearsi di possibili azioni correttive, sia da un punto di vista normativo che da un punto di vista tecnico. 

Per quanto riguarda il nostro Paese, i dati dell'Agenzia europea dell'ambiente valutano nel 2,8% la percentuale di territorio cementificata, quindi al di sopra della media europea, e l'Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale (ISPRA) stima un consumo di suolo di 8 m² al secondo. Il fenomeno è stato più rapido negli anni ’90, periodo in cui si sono sfiorati i 10 m² al secondo, ma il ritmo degli ultimi cinque anni si conferma comunque accelerato, con una velocità superiore agli 8 m² al secondo. Questo vuol dire che ogni cinque mesi viene cementificata una superficie pari a quella del comune di Napoli e ogni anno una pari alla somma di quella di Milano e Firenze. In termini assoluti, l'Italia è passata da poco più di 8 000 km² di consumo di suolo del 1956 ad oltre 20 500 km²nel 2010, un aumento che non si può spiegare solo con la crescita demografica: se nel 1956 erano irreversibilmente persi 170 m² per ogni italiano, nel 2010 il valore raddoppia, passando a più di 340 m².

Oltre a costituire una minaccia per la biodiversità e la sicurezza alimentare, il consumo di suolo è strettamente connesso al problema del dissesto idrogeologico: la cementificazione del territorio porta infatti con sé l’impermeabilizzazione dei terreni che a sua volta comporta un ostacolo al naturale defluire delle acque. Non è una scoperta dell’ultim’ora e non possiamo ricordarcene solo quando ci troviamo costretti a stimare i danni e contare i morti di frane e alluvioni, come dolorosamente è accaduto anche in questi giorni, da Olbia a Pescara.

Non si può quindi che condividere l’appello lanciato da Legambiente al Presidente del Consiglio Enrico Letta e a Parlamento e Governo per una corsia preferenziale che consenta di discutere e approvare al più presto una legge che fermi il consumo di suolo e premi, invece, la riqualificazione edilizia, energetica e antisismica del patrimonio edilizio esistente, per avviare il cambiamento verso la rigenerazione urbana, secondo un nuovo modo di concepire il territorio e gli spazi urbani in chiave sostenibile.

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