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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Sardegna, centinaia di ettari di boschi rasi al suolo: "È un disastro"

Il deputato di Unidos Pili: "Boschi rasi al suolo da una società svizzera nei mesi scorsi e terre ridotte a deserto in uno degli habitat naturali più affascinanti della Sardegna". Pronta la replica da parte dell'amministrazione regionale: "Si tratta di terreni privati, non boschi". Ma la polemica è servita, con le conseguenti preoccupazioni sul fronte ambientale

Mauro Pili, ex Presidente della regione Sardegna e deputato di Unidos alla Camera dei Deputati, denuncia (con tanto di documentazione fotografica): "Centinaia di ettari di boschi sono stati rasi al suolo da una società svizzera nei mesi scorsi e ridotti a deserto in uno degli habitat naturali più affascinanti della Sardegna".

Succede tutto ad Aritzo, nel cuore dell'isola. Pronta la replica da parte dell'amministrazione regionale: "Si tratta di terreni privati, non boschi". Ma la polemica è servita, con le conseguenti preoccupazioni sul fronte ambientale. 

"Paesaggio spettrale ad Aritzo"

"Lo sfregio ambientale all'ingresso di Aritzo è devastante - attacca Pili - ed è avvenuto nel silenzio più assoluto: si vedono migliaia di monconi di alberi rasi al suolo. Tutto questo a mille metri di altitudine con un paesaggio spettrale che si contrappone a quell'immagine di Aritzo e della Barbagia che da sempre sono state il polmone verde della Sardegna". 

Accuse pesanti contro la Regione, "che ha consentito che i mercenari comprassero a quattro euro quell'immenso patrimonio forestale impiantato a fine degli anni '70, che seppur non autoctono, costituiva un valore paesaggistico ambientale rilevante. Come è stato possibile - si chiede Pili - consentire questo scempio? Ora serve un piano piano autoctono di riforestazione che non possa più essere aggredito da faccendieri e multinazionali".

La replica della Regione Sardegna

La Regione precisa "che non ha possesso di nessuno dei terreni di Aritzo nei quali, in passato, sono stati concessi dai proprietari privati diritti di esbosco. I terreni a cui fa riferimento il parlamentare Mauro Pili - spiega - appartengono infatti a privati che in passato crearono impianti di arboricoltura produttiva. Si tratta di 200 e non 200mila ettari di impianti di arboricoltura da legno, che la legge regionale e nazionale non ascriveva e non ascrive al bosco, né tutela in qualità di bosco".

"Gli impianti - prosegue la nota della Regione - risalgono all'epoca in cui si intendeva produrre carta nell'industria di Arbatax, coltivando specie a rapido accrescimento in tutta l'Isola. Le essenze prescelte risultarono costituite da specie alloctone (pino nero) e, in minore misura, da pino marittimo, indigeno in Gallura ma non in Barbagia. Dunque il preteso sfregio ambientale ha la sua genesi all'epoca di tali impianti". La Regione sottolinea di essere "impegnata nei programmi di tutela dell'immenso patrimonio boschivo della Sardegna che, con quasi un milione e 300mila ettari, è la regione più boscata di Italia".

Aritzo, il paesaggio è spettrale

Pili: "Operazione che ha desertificato il territorio"

Oggi Pili torna sul tema: "Quelle foreste conifere, di pinus radiata, di cui la Sardegna era ed è pervasa sono il risultato di politiche invasive ed aggressive che le multinazionali di Stato e di regione misero in atto tra gli anni 70 e 80. C’era la cartiera di Arbatax, serviva cellulosa e dunque legname. Il ragionamento contabile fu semplice: piantumiamo ovunque foreste di pinus radiata, usiamo il territorio, poi tagliamo e ce ne andiamo"

"Il contratto era pressappoco questo: usa e getta la terra di Sardegna - scrive Pili. Del resto anche il più modesto esperto di tecniche forestali sapeva che sotto quelle foreste di Pinus Radiata difficilmente sarebbe rinato qualcosa. Specie desertificanti. La Marsilva di quel progetto privato, avallato da Stato e Regione a suon di miliardi pubblici, era la società ideatrice. Fallì miseramente. Con faccendieri di ogni genere che lucrarono su quell’operazione senza il benché minimo scrupolo. C’era da fare i soldi da quelle foreste pagate dal pubblico. Pagate dai Sardi per intenderci. Gli stessi Sardi contrari al Pinus Radiata".

"La cartiera fece la fine di un rotolo di carta igienica. Tirata nello sciacquone di un cesso di Stato. Restarono in piedi centinaia di ettari di forestazione. In ogni angolo di Sardegna maree di verde. Non sardo vero, ma pur sempre natura. Pinus radiata è vero, ma pur sempre centinaia di ettari di verde. Verde importato è vero, ma pur sempre verde, ossigeno, paesaggio, natura. Il buon senso avrebbe imposto una riflessione: possiamo salvaguardare quei polmoni verdi, quelle oasi di natura, seppur estranea, sino a quando non esiste un piano di ricostituzione ambientale autoctona, tutto sardo?"

"Cerco di essere più chiaro: si può far tagliare tutto e subito facendo guadagnare agli speculatori milioni di euro per poi farli scappare con i soldi lasciando il territorio devastato in modo irrimediabile?"

"La cartiera era chiusa da oltre un decennio, la società fallita.  Che senso aveva in questi ultimi anni saccheggiare in quel modo quelle foreste senza lasciare nessuna prospettiva futura a quei territori?. Il risultato è drammatico: quei terreni ora sono arsi e desertificati da una forestazione invasiva che sotto di se non ha fatto nascere e crescere niente. Chiunque affermi “quei terreni ritorneranno ai pascoli” non ha ben compreso il danno ambientale e vegetale fatto a quei terreni. Nessun pascolo sarà possibile, forse un pascolo da sottosviluppo, ma non certo quello a cui ogni allevatore vorrebbe e potrebbe ambire" conclude il deputato.

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