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Giovedì, 25 Aprile 2024
La corsa per il clima

Dalle email ai preservativi, quanto inquiniamo senza saperlo

La 'carbon footprint' aiuta a orientarci nella vita quotidiana. Cibo, vestiti, computer, sesso: ecco le scelte (che non ti aspetti) eco-friendly

Ogni volta che mangiamo un hamburger, contribuiamo a inquinare la Terra. Per produrre ogni singolo medaglione di carne, infatti, sono stati generati 2,5 kg di CO2. Per non parlare delle semplici email di testo con cui ringraziamo o rispondiamo a un messaggio: ogni invio corrisponde a 4 grammi di Co2 in più nell'ambiente. Un 'innocuo' paio di jeans nel guardaroba equivale a 3.800 litri d’acqua utilizzati, 12 metri quadri di terreno impiegati, 18,3 Kwh di energia elettrica usati a fronte di un’emissione di 33,4 kg di CO2, pari a quella di un anno di lavatrici di una famiglia media.

Carbon footprint, la nostra impronta sul clima

Ecco la carbon footprint, letteralmente 'impronta di carbonio': il parametro che permette di calcolare l'impatto ambientale di ogni nostra attività e ogni nostra scelta sul climate change, ovvero sul surriscaldamento globale. La carboon footprint stima il totale delle emissioni di gas ad effetto serra associate direttamente o indirettamente a un prodotto, un’organizzazione o un servizio. E rappresenta un indicatore sempre più usato dagli esperti per valutare la sostenibilità di una filiera economica o industriale ma anche dei nostri stili di vita.

Chi scrive, ad esempio, usa pochisismo l'automobile e i condizionatori, possiede elettrodomestici di classe A o superiore e un buon sistema di isolamento termico nella propria abitazione. Eppure, secondo un calcolatore online, ha una carbon footprint di 5 tonnellate di CO2 all'anno, pari all'inquinamento di circa tre automobili. La produzione media annua di un italiano è di 7,05 tonnellate.

Clima e alimenti: abbasso la carne, viva i vegetali

Ci concentriamo sempre sui trasporti (responsabili del 25% delle emissioni globali) ma molti altri aspetti della nostra vita hanno ricadute sul clima. A partire dalla dieta: mangiare troppa carne, alimento numero uno dei regimi alimentari occidentali, può letteralmente uccidere il Pianeta. 

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Come si evince dalla tabella (sono i dati della più grande meta-analisi dei sistemi alimentari globali, pubblicati su Science da Joseph Poore e Thomas Nemecek e diffusi da OurWorldinData.org), la carne di manzo è il 'nemico' numero uno dell'ambiente: ogni kg di carne bovina prodotto comporta l'emissione di 60 kg di gas nocivi. Tra i cibi più inquinanti vi è anche l'agnello (24 kg di gas serra), il formaggio (21 kg), il cioccolato (19 kg) e il caffè (17 kg) mentre in fondo alla classifica troviamo noci, agrumi, mele, tuberi e banane. 

Per la maggior parte degli alimenti, le emissioni nocive derivano soprattutto dal cambiamento dell'uso del suolo (mostrato in verde) e dai processi in fase di allevamento (marrone) mentre i trasporti e i processi nella catena di approvvigionamento incidono in minima parte. Dunque, che siano coltivati ​​localmente o spediti dall'altra parte del mondo, rileva molto poco ai fini dell'inquinamento. "L'adozione di diete sane e sostenibili, come quelle a base di cereali, legumi, noci e semi, offre grandi opportunità per ridurre i gas serra”, si legge nel rapporto Onu su "Cambiamento climatico e territorio", secondo cui, da soli, bovini e risaie sono responsabili della metà delle emissioni globali di metano, uno dei gas serra più micidiali.

Attenti ai vestiti, la bestia nera jeans

Altro settore che non ti aspetti: la moda, secondo principale inquinatore al mondo dopo il trasporto aereo. In base a uno studio di Global Fashion Agenda, il 10% delle emissioni di anidride carbonica rilasciate in atmosfera deriva dall'industria tessile; valore che entro il 2030 è destinato ad aumentare. Un 10% che si traduce in 3,4 milioni di tonnellate di CO2, a cui bisogna aggiungere: 1.074 milioni di kWh di elettricità, dai 6 ai 9 milioni di acqua e 6 milioni di tonnellate di prodotti chimici.

Per intenderci, una banale t-shirt comporta la produzione di 15 kg di CO2 mentre un paio di scarpe da ginnastica si attesta sui 13,6 kg di gas nocivi. Valori che raddoppiano per la 'bestia nera' jeans: un paio di classici Levi's genera all'incirca 33,4 kg di CO2 durante tutta la sua durata di vita. Poco più di un terzo di queste emissioni proviene dalla produzione di fibre e tessuti, mentre un altro 8% deriva dal taglio, cucito e rifinitura del denim.

Otto email inquinano come un'auto che percorre 1 km

Otto email emettono la stessa anidride carbonica di un'auto che percorre 1 km. E ancora: si calcola che un'azienda con 100 dipendenti - che inviano in media 33 messaggi di posta al giorno per circa 220 giorni all'anno - produca 13,6 tonnellate di CO2, equivalenti a 13 viaggi andata e ritorno da Parigi a New York. In poche parole Internet inquina, proprio come un volo intercontinentale o un viaggio in auto.

I dati sono di Ademe, l'Agenzia francese per l'ambiente e la gestione dell'energia. Ogni volta che scriviamo sul web, spiega l'Agenzia, lasciamo un'impronta ambientale: questo succede perché, prima di raggiungere i vari destinatari, le mail vengono copiate, più o meno 10 volte, dai vari server che hanno poi il compito di trasmetterle all'indirizzo di posta digitato. Passaggi richiedono l'utilizzo di energia elettrica e quindi producono emissioni di CO2. Insomma, dietro un semplice click si nasconde spesso un veleno per il Pianeta.

Anche fare ricerche su web pesa sull'ambiente: ognuno di noi, navigando con un browser, produce circa 9,9 kg di CO2 all'anno.

E i preservativi? "Aiutano il Pianeta più di quanto lo danneggiano"

Infine, capitolo sesso. Il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione stima che ogni anno vengano prodotti circa 10 miliardi di preservativi in lattice e la maggior parte è smaltita nelle discariche. Questo perché molti condom sono realizzati in lattice sintetico e utilizzano additivi e sostanze chimiche; dunque, non possono essere riciclati. I produttori stanno ancora lavorando per realizzare condom eco-friendly: ad esempio, Reckitt Benckiser, proprietario del marchio Durex, si è impegnato a ridurre di un terzo l'impronta di carbonio dei suoi prodotti.

Preservativi da bandire, quindi? Assolutamente no, concordano gli esperti, poiché nel conteggio del dare e avere, aiutano il Pianeta molto più di quanto non lo danneggino. "Con i preservativi, se osservi troppo da vicino il loro impatto ambientale diretto, ti perdi il quadro generale", spiega Andie Stephens, direttore associato della Carbon Trust, associazione senza scopo di lucro che supporta imprese e organizzazioni nel ridurre le emissioni nocive. "La produzione di materie prime, la produzione e la distribuzione avranno sicuramente un impatto e la produzione di gomma può anche essere associata alla deforestazione tropicale, ma il punto davvero importante sono le emissioni che aiutano a evitare".

Innanzitutto, quelle per curare le malattie sessualmente trasmissibili: secondo i dati Onu, ogni dollaro speso in trattamenti per l'Hiv o l'Aids in Montenegro, ad esempio, genera 1 kg di Co2; quantità che sale a 2 Kg in Tajikistan. Ma è soprattutto sul fronte della prevenzione delle nascite che i profilattici esercitano il loro 'beneficio' ambientale. Secondo uno studio choc pubblicato su Environmental Research Letters, infatti, avere un figlio in meno è la più efficace delle scelte eco-friendly e fa risparmiare al Pianeta ben 58,6 tonnellate di CO2 all'anno.

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