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Giovedì, 25 Aprile 2024
Ambiente Australia

C'era una volta la Grande barriera corallina

Un nuovo studio ha rilevato come abbia perso il 50% delle sue popolazioni di coralli negli ultimi tre decenni: c'entra (ovviamente) il cambiamento climatico, ma non solo. E gli scenari per il futuro sono se possibile ancora più preoccupanti: il tempo sta per scadere

Nell'immaginario collettivo le barriere coralline rappresentano un mondo sommerso variopinto e altamente ricco in biodiversità. In Australia, al largo delle coste del Queensland, si snoda la più grande barriera corallina del mondo: 2900 barriere collegate tra loro, 900 isole, 345.000 chilometri quadrati, oltre 2200 km di lunghezza. Ospita circa 1500 specie di pesci. Un'area grande come la metà del Texas.

Forse è sbagliato però usare il tempo presente. La barriera corallina appartiene già al passato, almeno in parte.

Che cosa sta succedendo alla barriera corallina

Secondo un nuovo studio dell’Arc Centre of Excellence for Coral Reef Studies (CoralCoE) e da poco pubblicato sui Proceedings of the Royal Society B, la popolazione di piccoli, medi e grandi coralli che abitano la Grande Barriera Corallina è drasticamente diminuita negli ultimi decenni. Tutta colpa dell'aumento della temperatura delle acque che ha provocato il cosiddetto “sbiancamento” dei coralli, ossia la morte delle alghe che vivono in simbiosi con loro e che producono il loro nutrimento. 

Andy Dietzel, primo autore del lavoro, spiega che il nuovo studio chiarisce molti aspetti: “Ci sono tante pubblicazioni sui cambiamenti nella struttura delle popolazioni di esseri umani o di alberi, ma ancora non esiste un’informazione equivalente sulle popolazioni di coralli. Abbiamo misurato i cambiamenti nella dimensione delle colonie perché gli studi di popolazione sono fondamentali per comprendere la demografia e la capacità di nutrimento dei coralli”.

I ricercatori hanno osservato le variazioni nella dimensione e nella distribuzione delle colonie di coralli su tutta la lunghezza della barriera (oltre 2mila chilometri) negli ultimi tre decenni, tra il 1995 e il 2017, scoprendo ciò che in tanti temevano: "Il numero di coralli di piccole, medie e grandi dimensioni è diminuito di oltre il 50% dagli anni novanta. Il declino si è registrato sia nelle acque superficiali che in quelle più profonde e praticamente in tutte le specie di coralli, ma soprattutto nella specie Acropora florida e nei coralli ‘a forma di tavolo, che sono stati i più colpiti dal riscaldamento record che ha innescato lo sbiancamento di massa nel 2016 e nel 2017”.

Si prevede che quasi tutte le barriere coralline subiranno perdite significative:

Gli effetti del cambiamento climatico sulla barriera corallina

Il problema è complesso e le conseguenze ramificate. Il calo demografico dei coralli ha effetti su tutti gli altri abitanti del mare: le strutture create dai coralli, infatti, sono fondamentali anche per la sopravvivenza di pesci e crostacei, e la loro scomparsa provoca, a cascata, una diminuzione dell’abbondanza dei pesci e quindi anche della produttività della pesca nella barriera corallina. “Una popolazione di coralli in buona salute”, continua Dietzel, “è costituita da milioni di coralli piccoli – i ‘cuccioli’ – e altrettanti coralli grandi – le ‘mamme’ –, che producono la maggior parte delle larve. I risultati del nostro studio mostrano che la Grande Barriera Corallina sta perdendo la sua capacità di recupero rispetto al passato, perché sono diminuite sia le popolazioni di coralli grandi che di coralli piccoli. C’è assoluto bisogno di studi di popolazione più approfonditi per capire meglio come e quanto queste strutture stiano cambiando e cosa fare per fermare il declino”.

Il cambiamento climatico non è uno scenario futuro: è realtà, siamo noi. “Non c’è più tempo da perdere. Dobbiamo ridurre al più presto le emissioni di gas serra”. Altrimenti la barriera corallina sarà presto un ricordo sbiadito. Letteralmente.

Un anno fa un allarme simile era stato lanciato dal'Autorità del parco marino dell'ecosistema unico al mondo che ha retrocesso da "cattivo" a "molto cattivo" lo stato di degrado della barriera, che è patrimonio mondiale Unesco dal 1981: "Le gravi ripercussioni delle temperature record alla superficie dell'acqua hanno deteriorato lo stato dell'habitat della scogliera da cattivo a molto cattivo", ha riferito l'agenzia governativa, sottolineando che "il riscaldamento climatico si sta aggravando e rappresenta la minaccia più grave per le prospettive della regione sul lungo periodo". L'Autorità del parco marino della grande barriera chiede da anni con urgenza "un'azione mondiale significativa per arginare il riscaldamento climatico, unico modo per rallentare il degrado dell'ecosistema e il valore patrimoniale della barriera".

Non c'è solo l'impatto della crisi del clima: dal 2014  secondo più fonti a causare lo sbiancamento continuo della barriera è stato anche l'inquinamento provocato dall'acqua utilizzata nelle attività agricole. Secondo Renee Setter, studiosa di biogeografia presso la University of Hawaii Manoa, entro il 2045 la maggior parte degli ambienti acquatici in cui vivono attualmente i coralli saranno inospitali. Il suo team ha inoltre scoperto che entro il 2100 solo una manciata di luoghi avranno ancora i requisiti necessari per accogliere i reef; tra questi ci sono il Mar Rosso e la Baja California in Messico (l'unica barriera corallina odierna del Pacifico Settentrionale).

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