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Giovedì, 25 Aprile 2024

Alessandro Rovellini

Direttore responsabile

Sappiamo già quale sarà la prossima guerra che combatteremo

La cenere che offusca il cielo di Mariupol. Il sibilo dal cielo e le esplosioni. Il sentore di fuoco e morte. È difficile capire come possa finire l'invasione russa in Ucraina. E soprattutto quando. I bombardamenti sono il triste antipasto di una crisi umanitaria che segnerà il futuro dell'Europa per i prossimi decenni. Ma una cosa è certa. Sappiamo quale sarà la prossima guerra. Renderà gran parte della Terra inabitabile come e più di un conflitto atomico. Coinvolgerà tutto il globo in tinte apocalittiche. Sarà lenta, inesorabile, devastante; provocherà tsunami geopolitici, carestie, e metterà a repentaglio l'esistenza stessa di gran parte del genere umano. Perchè è già iniziata anche se silenziosa. E stiamo facendo finta di nulla invece che riparare e cercare di ridurre i danni della parabola distruttiva. I cambiamenti climatici, provocati dallo sfruttamento scellerato di risorse naturali e ingordigia produttiva, con l'abuso di combustibili fossili e la deforestazione per attività agricole intensive, sono già un enorme conflitto. 

Senza andare troppo lontano, guardiamo in casa nostra. Chiunque abiti in Nord Italia, da ormai molti mesi, ha dimenticato come sia fatta una nuvola. Gli ombrelli hanno le ragnatele. Il Po, in alcuni punti, è diventato un rigagnolo. E non sto esagerando: basta sorvolare con un drone qualsiasi punto del Grande Fiume per accorgersi di quanto il flusso, in pieno inverno, sia la sbiadita copia delle piene di marzo degli anni scorsi. Non c'è acqua, c'è sabbia. I campi sono secchi. E senza acqua non c'è vita. 

Qualche giorno fa abbiamo fotografato la situazione. Non sono sensazioni, sono rilevazioni scientifiche. Nelle valli alpine tra la Valsesia e la Valsessera (Vercelli, Biella) potrebbero esserci delle interruzioni del servizio idrico. Sul monte Rosa, l’altezza del manto nevoso è inferiore di circa il 30% rispetto alla media degli ultimi 15 anni. Secondo l'Arpa Piemonte, tutti principali fiumi della regione sono in deficit rispetto alle portate dello scorso anno. "Di fronte ad una situazione di persistente emergenza, è ancora più evidente la necessità di infrastrutturare il Nord con nuovi invasi, efficientando al contempo quelli esistenti - dice Francesco Vincenzi, presidente dell'Anbi (Associazione nazionale consorzi acque irrigue) -. Dobbiamo assumere definitivamente che i cambiamenti climatici stanno stravolgendo anche l’andamento meteo, e le piogge diffuse, utili all’agricoltura ed all’ambiente, sono ormai un ricordo".

A fine febbraio, in Val d’Aosta mancavano all’appello 50 centimetri di neve (record negativo degli ultimi 20 anni) e riguardo le precipitazioni, è piovuto il 74,2% in meno sulla media del mese, arrivando a toccare la soglia del 90% nella fascia centrale della regione. Secondo il Centro funzionale della Valle d'Aosta, a febbraio le temperature sono state superiori di 4 gradi e di 2 gradi rispettivamente a bassa ed alta quota. a quote basse e +2° in altura, facendo del 2022 il secondo mese più caldo dal 1970. Probabilmente siamo solo all'inizio. Il riscaldamento terrestre comporta una concentrazione di eventi atmosferici estremi dove mai erano avvenuti prima: l'alluvione in Germania dello scorso luglio o i medicane che hanno flagellato Calabria e Sicilia. 

La guerra di Putin in questo scenario c'entra, c'entra eccome. L'attacco folle alla centrale nucleare di Zaporizhzhia potrebbe azzerare, nei prossimi anni, qualsiasi discussione sul "nucleare pulito" e le centrali di nuova generazione: resa energetica eccezionale a fronte di scarti limitati. Nessun politico baratterà più benefici di lungo periodo con il rischio elettorale di costruire reattori possibili bersagli in caso di conflitto. Eolico, solare e idroelettico, nonostante le spinte ambientaliste, non sono la risposta completa all'enorme fabbisogno energetico odierno. Giocoforza, la neutralità carbonica anelito della Ue entro il 2050 rischia di essere pura chimera. La discussione sulle sanzioni a Mosca, poi, ha gettato la maschera sull'abnorme dipendenza di alcuni Paesi, tra cui l'Italia, dallo sfruttamento di combustibili fossili. Come il presidente russo, prima che varchi il Rubicone di Kiev, possiamo correggere la rotta, anche se a fatica e con sforzi: abbassare i termostati, ridurre i nostri consumi di alimenti di origine animale, smettere di utilizzare le auto per brevi distanze. In uno studio recentemente pubblicato su Plos Climate, gli scienziati hanno messo a punto un modello di calcolo secondo il quale il progressivo azzeramento, entro i prossimi 15 anni, dell'allevamento di animali da carne ridurrebbe del 68% le emissioni di CO2 entro il 2100. Un decremento drastico, che ridurrebbe del 52% le emissioni totali e che, secondo gli estensori dello studio, sarebbe indispensabile per contenere entro i 2 gradi l'aumento delle temperature medie rispetto all'epoca pre-industriale. Non sono armi spuntate, ma ci vuole volontà. E, soprattutto, la consapevolezza che non c'è nessuna scappatoia diplomatica. Finito il pianeta, siamo finiti tutti. 

La diretta del conflitto Ucraina-Russia

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