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Mercoledì, 24 Aprile 2024

Il “legno di guerra” non arriva più dalle foreste russe. E i mobili italiani?

Gli spaghetti soffrono, ma pure il tavolo su cui poggia il piatto non ha un granché da stare allegro. Dopo il blocco delle importazioni di grano da Russia e Ucraina dalle quali dipendono le nostre eccellenze gastronomiche made in Italy, ecco che in Italia non arriverà più il legno certificato russo e bielorusso per le imprese dell’arredo e delle costruzioni. Made in Italy anche queste. Un altro vanto tricolore sacrificato sull’altare delle sanzioni, che tornano indietro come un boomerang per chi - come l’Italia - ha l’impalcatura produttiva della manifattura senza poter disporre delle materie prime nazionali. Che ci sarebbero, eccome. Se ad avere un piano di gestione non fossero appena il 18% delle foreste italiane. “La gestione forestale ha tempi di ritorno negli investimenti più che decennali. Il momento migliore per agire era trent’anni fa”, sentenzia a Today Antonio Brunori, segretario generale di Pefc Italia, il maggiore ente certificatore di legname proveniente dalla gestione sostenibile delle foreste europee. Ne importiamo l’80%. Soprattutto abete rosso, larice e castagno impiegati su vasta scala negli elementi strutturali e nel mobilio delle abitazioni. “Quello proveniente dalle foreste di Russia e Bielorussia è “legname di guerra” e pertanto, non potrà entrare nell’industria della trasformazione”, ha stabilito lo scorso 4 marzo il consiglio di amministrazione di Pefc International. 

Guerra in Ucraina, all’Italia serve una moderna “battaglia del grano”? 

Parliamo del fatto che le nostre imprese, seconde al mondo per manufatti in legno (incredibile genialità, se consideriamo anche le moderate dimensioni del nostro Stivale), non riceveranno più materia prima certificata dall’“amazzonia eurasiatica”. Ovvero dal Paese che con 755 milioni di ettari, supera il Brasile e si attesta come il primo al mondo per copertura forestale. Già preoccupata - e non solo per gli approvvigionamenti - FederlegnoArredo, la Federazione italiana delle industrie del legno, del sughero e del mobile. Tra Russia e Ucraina, quell’area vale per l’export più del 30% dei ricavi dell’intero settore. Cucine, zone living, camere da letto e arredi outdoor (molto in voga ultimamente) hanno un problema quindi sia in entrata - quando si trovano ancora allo stato di tronco informe - che in uscita - quando sono già diventati libreria, tavolo o poltrona. Anche perchè, quanto alle risorse interne, la situazione appare miserrima. “Sono decenni che il nostro patrimonio forestale non ha più la strategia necessaria alla sua valorizzazione”, prosegue Brunori. “Abbiamo assistito ad una dismissione progressiva delle aziende nazionali del legno ma anche della carta. E l’aumento della superficie boschiva italiana di quasi 600mila ettari, è dovuto alla politica dell’abbandono. I boschi abbandonati o quelli pionieri non sono adatti all’industria del mobile, che ha bisogno di legname di qualità, gestito e selezionato”. In Russia invece potevamo contare su quasi 32 milioni di ettari di foreste certificate, ai quali bisogna aggiungere i 9 della Bielorussia. Forniture che arrivavano nel Belpaese per essere utilizzate da 1300 aziende di trasformazione della “Catena di Custodia”, ovvero imprese che lavorano solo legname che rispettoso all’origine di rigidi requisiti ambientali, sociali ed economici. “Da quelle foreste partono delle filiere tracciate. Escluderle significa certamente rivedere gli approvvigionamenti. Ma questa è una scelta di campo e non di interesse. Quando guerra sarà finita e potremo nuovamente garantire trasparenza e diritti umani, questa limitazione verrà rivista”. Intanto però, una speranza c’è. “Possiamo ancora diventare autoproduttori del nostro legname. La Strategia Forestale Nazionale appena approvata, ci offre finalmente le linee guida per sviluppare le nostre potenzialità. E’ un’opportunità che dobbiamo cogliere”, conclude il Segretario.

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