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Giovedì, 25 Aprile 2024
Ambiente Italia

Il mare italiano è una zuppa di plastica (in cui nuotiamo e da cui mangiamo)

Se fino ad oggi le immagini delle isole di plastica erano state osservate solo nell'oceano pacifico, questi risultati confermano quello che si temeva, ovvero la presenza di vere e proprie "zuppe di plastica" anche nelle acque italiane

Nelle acque marine superficiali italiane si riscontra un'enorme e diffusa presenza di microplastiche comparabile ai livelli presenti nei vortici oceanici del nord Pacifico, con i picchi più alti rilevati nelle acque di Portici (Napoli) ma anche in aree marine protette come le Isole Tremiti (Foggia). Sono questi alcuni dei risultati principali diffusi oggi dall'Istituto di Scienze Marine del CNR di Genova (ISMAR), dall'Università Politecnica delle Marche (UNIVPM) e da Greenpeace Italia, frutto dei campionamenti nelle acque italiane realizzati durante il tour "Meno Plastica più Mediterraneo" della nave ammiraglia di Greenpeace, Rainbow Warrior, che la scorsa estate ha visitato le coste del Mediterraneo.

Leggi i dati dei campionamenti | Leggi il report (in inglese)

Nei prossimi mesi saranno presentati i risultati dell'Università Politecnica delle Marche volti a stabilire la presenza e la composizione di microplastiche nei pesci e negli organismi marini.

I campionamenti effettuati dall'istituto ligure hanno messo in luce la quantità delle plastiche finite in mare: ogni anno si parla di circa 8 milioni di tonnellate di polimeri sintetici che impiegano decenni per biodegradarsi e finiscono così per entrare nella catena alimentare, sulle nostre tavole e nell'acqua che beviamo.

Se fino ad oggi le immagini delle isole di plastica erano state osservate solo nell'oceano pacifico, questi risultati confermano quello che si temeva, ovvero la presenza di vere e proprie "zuppe di plastica" anche nel Mediterraneo, un bacino semi-chiuso fortemente antropizzato, con un limitato riciclo d'acqua.

Cosmetici, creme e dentifrici: dalla casa al mare

Le microplastiche provengono da diverse fonti: quelle primarie derivano principalmente da prodotti per l'igiene personale (cosmetici, creme, dentifrici ecc.) o sono le materie prime come pellet o polveri di plastica utilizzate per la produzione di materiali plastici. Le microplastiche secondarie derivano invece dalla frammentazione e decomposizione di materiali plastici di dimensioni più grandi. Diversi studi hanno inoltre evidenziato che le microplastiche secondarie contengono additivi chimici come gli ftalati da più parti indicati come pericolosi per la salute.

Alle Tremiti vietato l'uso delle stoviglie usa e getta

L'analisi ha permesso di identificare 14 tipi di polimeri. La maggior parte delle plastiche ritrovate è fatta di polietilene, ovvero il polimero con cui viene prodotta la maggior parte del packaging e gli imballaggi usa e getta.

"I dati raccolti confermano che i nostri mari stanno letteralmente soffocando sotto una montagna di plastica e microplastica, per lo più derivante dall'uso e dalla dispersione di articoli monouso" commenta Serena Maso, campagna mare di Greenpeace.

"Per invertire questo drammatico trend bisogna intervenire alla fonte, ovvero la produzione. Il riciclo non è la soluzione e sono le aziende responsabili che devono farsi carico del problema, partendo dall'eliminazione della plastica usa e getta." 

Mare inquinato, dove sono le acque più sporche

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La campagna portata avanti da Greenpace ha permesso di analizzare campioni di acqua di mare prelevata in 19 stazioni lungo la costa italiana, da Genova ad Ancona. I prelievi sono stati effettuati sia in zone sottoposte a un forte impatto antropico (foci di fiumi e porti) che in aree marine protette.

"I risultati indicano che l`inquinamento da plastica non conosce confini e che i frammenti si accumulano anche in aree protette o in zone teoricamente lontane da sorgenti di inquinamento", spiega Francesca Garaventa, responsabile CNR-Ismar dei campionamenti.

"Nella stazione di Portici (Napoli) zona a forte impatto antropico, si trovano valori di microplastiche pari a 3,56 frammenti per metro cubo ma valori non molto inferiori - 2,2 - si trovano anche alle Isole Tremiti".

Per avere un'idea di cosa significhino tali valori, immaginiamo di riempire due piscine olimpioniche con l'acqua delle Isole Tremiti e l`acqua di Portici: nella prima ci troveremmo a nuotare in mezzo a 5.500 pezzi e nella seconda in mezzo a 8.900 pezzi di plastica.

Plastiche in mare, cosa si può fare

Quasi sempre le microplastiche derivano dalla frammentazione di pezzi più grandi e da ingredienti come le microsfere (o microgranuli) contenute nei prodotti cosmetici e nei detergenti di uso comune. Microplastiche diffuse nell’aria, nell’acqua potabile e negli alimenti come i pesci, il sale o il miele possono avere impatti sulla salute umana ancora sconosciuti. Riciclare non basta, è indispensabile ridurre la produzione di plastica alla fonte.

Clicca qui per firmare la petizione di Greenpeace per chiedere al Ministro dell’Ambiente di agire concretamente per ridurre la produzione e il consumo di plastica.

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