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Martedì, 16 Aprile 2024
Ambiente

Nelle acque del Po trovati pesticidi proibiti da decenni

Il rapporto sulla sostenibilità ambientale pubblicato dall'Ispra è un campanello d'allarme. Il problema è che per alcune sostanze non è prevista alcuna soglia di sicurezza: eppure sono cancerogene e tossiche

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Sono vietati da decenni. Eppure, nelle acque del Po, sia in quelle superficiali che sotterranee, sono ancora presenti. Si tratta di pesticidi come l'atrazina, simazina e alaclor, banditi in alcuni casi (l'atrazina) da 25 anni ma ancora rilevati, anche se in basse concentrazioni, nei fiumi e nelle acque sotterranee. A suonare l'allarme è l'Ispra che, dopo un monitoraggio iniziato nel 2003, ha pubblicato il report "Sostenibilità ambientale dell'uso dei pesticidi - il Bacino del Po" (scarica qui il report completo).

Il problema, sottolinea l'Ispra, è che per alcune sostanze, considerate "estremamente preoccupanti", non esiste una soglia di sicurezza per la salute e per l'ambiente. Eppure si tratta di "sostanze  cancerogene, mutagene e tossiche". Ma, essendo state vietate anni fa, anche decenni, sono praticamente scomparse dalle tabelle ufficiali. Il risultato? Decisamente preoccupante, non solo per la salute del maggior corso d'acqua italiano, ma di interi ecosistemi e, di riflesso, di intere piantagioni della più importante area agricola d'Europa.

Ma com'è possibile che, pur vietate anche da 25 anni, queste sostanze siano ancora presenti nel Po? Secondo l'Ispra il quadro è abbastanza semplice da delineare: "La sostenibilità dell'uso dei pesticidi non può basarsi semplicemente sul rispetto di determinati limiti di legge, ma deve considerare la capacità degli ecosistemi di rispondere ai fattori di stress antropici e di ripristinare le condizioni precedenti, o almeno condizioni ecologicamente sostenibili (resilienza)". Nelle acque sotterranee, ad esempio, vengono a mancare quasi del tutto i "meccanismi di degradazione" e la concentrazione di queste sostanze evolve con i tempi di ricambio estremamente lenti delle falde.

Il rischio pesticidi - sottolinea l'Ispra - è ancora sottostimato: lo dimostrano le lacune conoscitive in tema di effetti cumulativi e una regolamentazione in cui la valutazione del rischio sia fatta sulle singole sostanze.

Per oltre dieci anni, gli esperti dell'Istituto hanno studiato l'evoluzione della contaminazione da pesticidi nel bacino del fiume Po, il più importante d'Italia per dimensione e per concentrazione delle attività umane. E' stata analizzata la presenza nel fiume e nelle acque sotterranee di alcuni erbicidi non più usati da anni (atrazina, simazina, alaclor) dimostrando che le sostanze possono persistere nell'ambiente più di quanto stimato in fase di autorizzazione.

IL CASO DELL'ATRAZINA: CLICCA SU CONTINUA

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