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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cibo e ambiente

Soia, l’ingrediente invisibile che distrugge le foreste

La stima in un rapporto del WWF: il 90% dei consumi europei sono legati ai mangimi per produrre carni e derivati animali. Un mercato in espansione che rischia di distruggere foreste e savane del Sud America

Le coltivazioni di soia sono in continua crescita da anni. E la loro espansione rappresenta un pericolo per alcuni dei più preziosi ambienti naturali del pianeta: le foreste tropicali del Sud America, abbattute senza sosta per fare spazio a campi coltivati, con il rischio concreto di provocare una catastrofe ambientale e climatica. Come già accaduto in passato con l’olio di palma, le scelte dei consumatori potrebbero fare la differenza per scoraggiare le coltivazioni non sostenibili. Ma in questo caso non è semplice, perché molto spesso consumiamo la soia senza nemmeno accorgercene: una nuova ricerca commissionata dal WWF rivela infatti che il 90% della soia che contribuisce all’alimentazione degli europei si nasconde nei mangimi utilizzati per produrre carne, latticini e derivati animali.

Il rapporto è intitolato “Mapping the European Soy Supply Chain”, e fa parte della campagna di sensibilizzazione Food4Future, che punta ad evidenziare gli ingredienti, spesso invisibili, con cui le nostre scelte alimentari possono contribuire a distruggere l’ambiente e la natura. Nel caso della soia, la ricerca commissionata dal WWF ha mappato la quantità, e la destinazione, delle importazioni europee. Calcolando poi quanta viene consumata da ogni europeo in base agli alimenti che rientrano nella sua dieta.

In media, dicevamo, i consumi diretti di soia come ingrediente sulle tavole europee sono minimi, pari appena al 10% del totale. Nella maggior parte dei casi, si nasconde dietro a prodotti di allevamento come uova, carni e latticini. Guardando all’alimentazione tipica per il nostro continente, la quantità di soia consumata direttamente da un consumatore medio è ferma ad appena tre chili e mezzo in un anno. Quella coinvolta nella produzione di altri alimenti supera invece i 60 chili.

Per il 90%, la soia europea viene importata dall’estero. E i grandi produttori mondiali sono tre: Stati Uniti, Brasile e Argentina. La produzione sudamericana, in particolare, è quasi triplicata negli ultimi decenni, e si prevede che se i trend attuali rimarranno invariati, è destinata a raddoppiare ulteriormente entro il 2050. Una simile crescita delle coltivazioni ha come conseguenza inevitabile la deforestazione, e in paesi come Brasile e Argentina – ricorda il WWF – le conseguenze, a livello ambientale, possono essere devastanti. La regione ospita infatti 3 degli ecosistemi più preziosi del pianeta: la grande foresta amazzonica, polmone verde della Terra; il Cerrado, la grande savana tropicale brasialiana; e il Pantanal, la più grande zona umida del mondo. Biomi che custodiscono un tesoro di biodiversità inestimabile, e che contribuiscono a contrastare gli effetti del riscaldamento globale provocato dall’inquinamento umano. E che vengono erosi ogni anno dalla nascita di nuove coltivazioni, come quelle della soia.

Guardando alla quantità di soia consumata per produrre gli alimenti di origine animale in Europa, ogni prodotto fa storia a sé. Per pollo e salmone, ad esempio, la quantità di soia utilizzata come mangime è quasi uguale a quella dell’alimento finale: sono infatti necessari 95 grammi di soia per produrre 100 grammi di salmone d'allevamento, e 96 grammi di soia per 100 grammi di petto di pollo. Segue nella classifica la carne di maiale, con 41,5 grammi soia per 100 grammi. E quindi i latticini, con alte quantità di soia utilizzate per produrre formaggi e latte in polvere.

Attualmente – ricorda il WWF – l’Unione Europea sta discutendo una nuova legge che punta a ridurre l’impatto dei consumi europei sulla deforestazione del pianeta. Una legge che però punta l’accento principalmente sulla difesa delle foreste, e che rischia quindi di scaricare la pressione causata dalla produzione della soia su savane e praterie. “È quindi cruciale che i cittadini europei sollecitino i governi a difendere la natura e a sostenere una legge efficace, senza scappatoie e lacune – sottolinea Eva Alessi, Responsabile sostenibilità del WWF – Una legge che includa tutti habitat e tutte le materie prime e che rispetti anche i diritti umani”.

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