Caso Green Hill, la Cassazione conferma le condanne: "Sopprimevano i cani anziché curarli"
Secondo l'accusa, le politiche aziendali a Green Hill andavano "in senso diametralmente opposto alle norme comunitarie e nazionali". Soddisfatte la Lega Nazionale per la Difesa del Cane e la LAV
La Cassazione ha confermato le condanne per i vertici dell'allevamento di cani beagle destinati alla sperimentazione di Green Hill. Sono stati confermati un anno e sei mesi per Ghislane Rondot, co-gestore della struttura, il veterinario Renzo Graziosi, anche lui un anno e sei mesi, e un anno per il direttore dell'allevamento Roberto Bravi. Secondo le accuse nell'allevamento si praticava "l'eutanasia in modo disinvolto, preferendo sopprimere i cani piuttosto che curarli".
"Con questa sentenza della Cassazione si chiude una vicenda processuale di portata storica, che ha dimostrato che il lavoro congiunto delle associazioni può portare a risultati insperabili, come la salvezza di oltre tremila beagle che sarebbero stati destinati alla sperimentazione e la condanna definitiva dei vertici di un colosso nel campo dell'allevamento di questi poveri animali che operava in modo non conforme alle leggi", fa sapere in nota Michele Pezone, legale e responsabile diritti animali della Lega Nazionale per la Difesa del Cane.
Secondo l'accusa, le politiche aziendali a Green Hill andavano "in senso diametralmente opposto alle norme comunitarie e nazionali".
"Siamo stati in prima linea nella battaglia contro questo allevamento degli orrori fin dal primo momento - ricorda Piera Rosati, presidente della LNDC - e siamo molto soddisfatti per essere riusciti, insieme alle altre associazioni animaliste, a ottenere giustizia per le migliaia di cani che hanno sofferto e sono morti a causa di questa crudele ‘fabbrica’ di animali. La cosa che trovo particolarmente grave e desolante è il coinvolgimento di medici veterinari, figure che dovrebbero per vocazione tutelare il benessere degli animali e invece erano piegate a una logica di profitto commerciale. Si tratta di una vittoria storica ma dobbiamo ancora continuare a combattere affinché le pene per questi reati vengano inasprite".
Parallelamente è ancora in corso il secondo processo che vede imputati altri veterinari e dipendenti dell’azienda coinvolti nel maltrattamento e nell’uccisione di beagle.
"la Corte di Cassazione ha definitivamente smantellato il teorema del cane-prodotto “da laboratorio” e “usa e getta”, ponendo il proprio sigillo sulla corretta interpretazione giurisprudenziale del diritto per le violazioni commesse ai danni di tanti cani. Una interpretazione innovativa e lungimirante, che pone in nostro Paese in una posizione di assoluta avanguardia, orientandolo al rispetto delle esigenze etologiche anche in cani allevati e destinati ad uso sperimentale - spiega la LAV - In altri termini, secondo tale importantissima pronuncia e secondo quanto stabilito dal Tribunale di Brescia nelle due precedenti sentenze, il maltrattamento non è giustificabile neppure in un contesto produttivo di potenziale elevata sofferenza come un allevamento di cani per la sperimentazione. Un orientamento in linea con l’accresciuta sensibilità collettiva verso gli animali e con il divieto di allevare cani a fini sperimentali e altre limitazioni, introdotto nel nostro Paese nel 2014 con il Decreto Legislativo n.26/2014 sulla sperimentazione animale: con questo Decreto e ora con questa sentenza di Cassazione l’Italia compie un vero salto in avanti nella tutela giuridica degli animali”