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Giovedì, 18 Aprile 2024
Animali

I suoi maiali sono sanissimi ma la obbligano ad abbatterli. La denuncia in tempi di suina

Nella zona rossa ligure non c’è stato nessun caso di peste suina tra i maiali. Ma il Ministero della Salute ha previsto l’abbattimento per tutte le piccole realtà agricole. “Ci stanno sacrificando per salvaguardare i grandi, non ci sarà più carne per i prossimi due anni”

Quando si dice il sostegno all’imprenditoria femminile, lo sviluppo dell’economia locale e la difesa delle buone pratiche agricole. Virtù tanto decantate dalla cosa pubblica da essere introvabili nella storia di Paola Righeschi, proprietaria di un’azienda agricola familiare in piena zona rossa per la peste suina africana. Che con la prima ordinanza di gennaio, è stata obbligata dal servizio sanitario ligure ad adattare un pollaio per chiudere i suoi 60 maiali, abituati a nascere e crescere allo stato brado. Con la seconda ad abbatterli e incenerirli, un giorno dopo aver ricevuto la certificazione di benessere animale dagli stessi veterinari della Asl. Con la terza a macellarli tutti entro la fine di questo mese. Babe compreso, in famiglia da 11 anni, “con un carattere speciale” e mai destinato all’alimentazione. Segni particolari: i suoi suini, ovvero il reddito principale dell’azienda biologica che manda avanti con il compagno e le due figlie, sono perfettamente sani. “Questo vuol dire - spiega a Today l’imprenditrice - che siamo costretti a provare a svendere tutta la carne in un sol colpo. Che potremo tornare ad ospitare gli animali non prima di 6 mesi e che dovremo affrontare i prossimi due anni senza quelle entrate. Perchè per un allevamento non intensivo come il nostro, i tempi di crescita sono doppi rispetto a quelli delle stalle industriali. Che senso ha? I maiali sono sani e li abbiamo chiusi, non c’è nessuna possibilità che contagino o che vengano contagiati”. Ma Paola non è sola. Come la Tresgal di Campoligure, tutte le aziende dei 36 comuni “rossi” della Liguria hanno ricevuto ordine di eliminare i propri maiali, seppur nessuno sia affetto da peste suina. “Non c’è stato nessun caso in nessuno dei nostri allevamenti. Che sono tutti piccoli, come o meno di noi. Qui non ci sarà più carne di maiale per i prossimi due anni”. Perchè mentre oggi coppa, culatello, lardo, pancetta e testa in cassetta vengono acquistati dai consumatori a “chilometro zero” (Paola ha un negozio di vendita diretta in centro a Genova, a 40 chilometri dall’azienda), d’ora in poi la proposta alimentare di quelle zone potrà venire solo dalla grande distribuzione. “L’idea che ci siamo fatti è che stanno sacrificando noi piccoli per salvaguardare i grandi”, constata con un pò d’amarezza. E infatti, geografia della suinicoltura alla mano, la vicina Lombardia produce da sola il 50% della carne di maiale nazionale, con 4 milioni e mezzo di capi e una media di 1.629 animali per stalla. Se le piccole realtà della zona rossa vengono azzerate, finanche senza alcuna logica sanitaria, si potrà dire di aver comunque provato a salvare il salvabile. Per dire, in Sardegna la peste suina è endemica. E non è mai stato macellato nessun maiale sano di nessun piccolo allevamento.

I maiali di Paola Righeschi, ora che sono chiusi in stalla-2

In attesa della decisione del Tar, l'annuncio sui social

“Il camion è arrivato in azienda lunedì 31 gennaio per abbattere gli animali e portarli all’incenerimento”, ricorda l’avvocato Simone Tiraoro, che segue Paola nella battaglia legale. “Ma io ero riuscito a notificare urgentemente il ricorso al Tar per l'annullamento solo nella serata di domenica 30, perchè l'ordinanza aveva raggiunto Paola appena qualche giorno prima. Dopo un susseguirsi di telefonate anche con i Carabinieri Forestali, il trasportatore ha desistito ed è tornato indietro senza maiali". Il punto vero è che gli animali non si potranno salvare per via del provvedimento nazionale del Ministero della Salute, il quale impone questa procedura a tutta la zona rossa. "Ma abbiamo chiesto al Tribunale della Liguria di concederci per lo meno la macellazione (prevista sia dal Ministero che dalla Regione), che consentirebbe a Paola di contenere il grave danno economico che deriverebbe dall'incenerimento”. Il pronunciamento del Tar è atteso per il 16 di questo mese, anche se intanto rimane aperta la questione di Babe e di sua sorella Caterpillar. “Stiamo cercando di capire come escludere questi esemplari dalla disposizione, perchè di fatto si tratta di animali da compagnia che vivono in quella famiglia da 11 anni”, prosegue l’avvocato dello studio Conte&Giacomini di Genova, che da anni si occupa della tutela dei diritti e del benessere animale. “Lui è un gigante di 200 chili - interviene Paola Righeschi - e non abbiamo mai voluto abbatterlo perchè ha un carattere speciale. Adesso è chiuso in stalla con gli altri e stanno tutti cercando di abituarsi a questa nuova condizione. Prima vivevano in 7 ettari di bosco recintato, in cui le scrofe partorivano da sole e portavano i loro piccoli al punto cibo solo quando fossero pronte. Abbiamo sempre seguito i criteri migliori per garantire ai maiali il massimo del benessere e ai consumatori il massimo della qualità. Tutto questo è incomprensibile”. Nel frattempo, sulla bacheca dell’azienda Tresgal è comparso un annuncio. “Vi chiediamo sostegno, acquistando i nostri pacchi di carne solidali da 5 chilogrammi a 15 euro al Kg invece che a 19. Non avremo maiali da macellare per molto tempo”.

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