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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Peste suina, per salvare i maiali ci vogliono i lupi

Il virus che infetta i suidi sembra non aver oltrepassato i confini di Piemonte e Liguria. Ma uno studio polacco dimostrerebbe che la caccia possa amplificare il problema. La vera medicina? Il lupo

A salvare gli Appennini dalla peste suina, per il momento sembrano essere state le autostrade A26 e A7. Che tracciano una doppia barriera verticale sin dai pressi di Domodossola e Milano fino a Genova, difficile da oltrepassare per i cinghiali. Ventotto animali infetti finora, distribuiti equamente tra Piemonte e Liguria. E una situazione sotto controllo negli allevamenti di maiali che comunque, hanno già scontato qualche divieto d’importazione in alcuni Paesi molto prudenti. E’ per questo che la preoccupazione delle amministrazioni non conosce pausa. Dopo il lockdown dei boschi, il divieto di raccogliere funghi e fare escursioni, dopo le ordinanze di abbattimento poi revocate di maiali perfettamente sani in piccole aziende agricole, per oggi è previsto il provvedimento della regione Piemonte per battute di caccia massive al cinghiale. L’ordine è chiaro: salvare a tutti i costi gli allevamenti dal contagio. Un “whatever it takes” di draghiana memoria, in salsa ecologica. Allo scopo, “stiamo preparando un piano per riportare a un livello fisiologico la presenza di fauna selvatica, in particolare i cinghiali, la cui proliferazione è fuori controllo: ne vanno abbattuti almeno 50mila”, ha annunciato l'assessore regionale alla Sanità, Luigi Genesio Icardi. Per molti osservatori però, lo schema che potrebbe ripetersi è lo stesso che ha portato alla diffusione incontrollata di questi animali. La caccia esercita una pressione tale sui branchi di cinghiali che questi animali, organizzati in società molto efficaci per garantirsi la sopravvivenza, rispondono con un incredibile successo riproduttivo. Talmente tanti e fuori gestione che arrivano a infilare il muso nelle buste della spesa delle signore in città.

Ma nel frattempo, nel mezzo dell’ancestrale diatriba tra animalisti e cacciatori sull’utilità dell’esercizio venatorio, la Polonia spariglia le carte. E con una pubblicazione scientifica sancisce che il migliore amico dei maiali (e di quei 6 miliardi di export che vale la trasformazione di carne suina italiana) e dei cinghiali, sia il lupo. Secondo lo studio “Valutazione della presenza di peste suina africana nelle feci di lupo raccolte da aree in Polonia con persistenza di Psa” pubblicato nell'ottobre del 2021 su “Viruses”, pare che il virus di questa peste non sopravviva al passaggio nel tratto intestinale del grande predatore. Il che significherebbe due cose: la prima è che un lupo che si ciba di un cinghiale malato, poi non va in giro a infettare i boschi. E questo metterebbe una pietra tombale sul fatto che i lupi non siano vettori del virus. La seconda è che gli animali indeboliti dalla malattia potrebbero rappresentare una preda ideale. Che non ingaggia uno scontro pericoloso, che non impegna in una caccia estenuante, facile da individuare. Il che avrebbe il pregio doppio di tenere lontano il lupo dai centri abitati - anch’esso inopportunamente attratto dalla facilità di reperire cibo vicino all’uomo - e di ripulire gli ecosistemi dalla presenza del virus. Arginandone di fatto la diffusione. E se è vero che la buona salute dei cinghiali è condizione essenziale per salvare i maiali, significa che la migliore medicina viene (ancora una volta) dalla natura.

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