rotate-mobile
Venerdì, 26 Aprile 2024
La giornata

25 Aprile, il governo di Giorgia Meloni è fascista?

La premier alle prese con la sua prima Festa della Liberazione. E su Facebook nel 2018: “Le idiozie sull'apologia di fascismo uno stratagemma per farci tacere”. Cosa farà dopo sette mesi di polemiche?

Il 25 aprile è arrivato anche per Giorgia Meloni. È la sua prima Festa della Liberazione da presidente del Consiglio, un dovere davanti al quale nessun premier italiano può sottrarsi. Sono passati sette mesi esatti dalle elezioni politiche del 25 settembre e, comprendendo anche quel 36,1 per cento di elettori che hanno scelto di non votare, l'Italia resta divisa dalla risposta che ciascuno di noi dà a questa domanda: l'attuale governo è fascista?

La questione riguarda il partito di Fratelli d'Italia, che nel simbolo conserva la fiamma del Movimento sociale italiano, e il suo rapporto con il passato. Oggi non sono ovviamente in gioco i diritti costituzionali. E, in questo breve viaggio nel tempo, escludiamo quanti sostengono che ormai viviamo in una dittatura e, all'opposto, quanti vorrebbero, con minacce e aggressioni, imporci la loro dittatura. Mettiamo semplicemente in fila i fatti più discussi. Alla fine, darete voi la risposta.

Ignazio La Russa alle prese con il fratello

Si comincia a settembre 2022, quando la campagna elettorale non è ancora finita. Mancano sei giorni alle elezioni, la settimana decisiva. Romano La Russa, 70 anni, assessore alla Sicurezza della Regione Lombardia, partecipa al funerale del cognato, Alberto Stabilini, un camerata dai tempi di gioventù. Gli amici si schierano in mezzo alla strada e gli dedicano il rito dell'appello al grido “Presente!” con la mano tesa al cielo. L'assessore La Russa è in seconda fila, si unisce al saluto fascista, ma con il braccio teso a metà. Viene filmato e scoppia il caso. Due giorni prima dell'apertura dei seggi il fratello, Ignazio La Russa, fondatore con Giorgia Meloni e Guido Crosetto di Fratelli d'Italia, chiude la vicenda: dice pubblicamente di essere “incazzato, sia per la storia, sia per l'esagerazione e il modo assolutamente abnorme con cui viene trattato un saluto a un defunto che ha chiesto quel saluto. Giorgia Meloni non l'ho sentita al telefono, ci siamo scritti. Anche lei è basita come me. È stato un errore grave, al di là delle giuste giustificazioni”.

Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, a Un giorno da pecora (fotogramma da Rai Radio1)

Il fratello si dichiara “profondamente dispiaciuto” e invia una lettera aperta al consiglio regionale per scusarsi “se qualcuno si è sentito incomprensibilmente offeso”. Anche se l'offesa non sembra per tutti “incomprensibile”. Aggiunge Romano La Russa: “Trovo doveroso scrivervi per chiarire la mia posizione... Era il funerale di mio cognato, fratello gemello di mia moglie Daniela, entrambi conosciuti all'età di 16 anni, negli anni di militanza politica giovanile... Alberto non era un estremista, ma un semplice esponente di destra. Appassionato di politica fin dagli anni Settanta, era un uomo discreto, umile e sempre dalla parte degli ultimi... Nessuno, men che meno lui, avrebbe voluto alla sua morte tanta pubblicità e una tale strumentalizzazione”.

Meloni contro l'Anpi su Facebook nel 2018

Giorgia Meloni a 45 anni vince le elezioni e riceve, dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, l'incarico per formare il nuovo governo. Il carattere e i riferimenti storici della prima donna premier italiana emergono, tra i tanti interventi, anche da un suo famoso post su Facebook del gennaio 2018, con il quale protesta contro l'Associazione nazionale partigiani d'Italia. “L'Anpi mi ha denunciato per apologia di fascismo perché ho indicato Italo Balbo, il grandissimo aviatore, come un grande patriota italiano – scrive la futura presidente del Consiglio –. Davanti alla mannaia giuridica agitata maldestramente per intimorirmi, reagisco con una sonora pernacchia. È però l'occasione per affrontare il tema molto serio della libertà di pensiero sotto i governi di sinistra... Perché, a questo punto, o mi sbattete in galera e bruciate tutti i libri che a vario titolo parlano di personaggi che hanno avuto a che fare con il fascismo, come Marinetti, Gentile e lo stesso Balbo, oppure si capirà chiaramente che le idiozie che avete raccontato in questi anni sul reato di apologia di fascismo erano solo un bieco stratagemma per chiudere la bocca agli avversari politici... PS: mi piacerebbe tanto, tanto sapere quanti tra questi presunti Partigiani di Carrara che mi hanno denunciato abbiano effettivamente vissuto il periodo della seconda guerra mondiale”.

Il post su Facebook di Giorgia Meloni nel 2018

Il 13 ottobre Ignazio La Russa viene eletto presidente del Senato, la seconda carica più importante della Repubblica: 116 voti a favore, i 104 senatori della maggioranza di centrodestra e almeno 17 voti dell'opposizione di centrosinistra. L'errore grave – così l'aveva definito – del fratello non ha influito sul risultato. Sei mesi dopo anche Romano La Russa avrà la sua parte nella nuova giunta regionale in Lombardia: il governatore Attilio Fontana lo confermerà assessore alla Sicurezza e alla Protezione civile. Il caso del saluto fascista al funerale è definitivamente dimenticato.

Lorenzo Fontana saluta gli estremisti di Alba Dorata

Il giorno dopo, il 14 ottobre, la Camera elegge alla carica di presidente il candidato della Lega: Lorenzo Fontana, 43 anni, veronese, già ministro per la Famiglia e poi agli Affari europei nel primo governo di Giuseppe Conte, schierato con la Russia di Vladimir Putin e osservatore internazionale nel referendum russo per l'annessione della Crimea, non riconosciuto dalla comunità internazionale. Ma a Bruxelles, quando era europarlamentare, lo ricordano anche per il suo videosaluto ad Alba dorata, il movimento neonazista greco.

Il futuro presidente della Camera, Lorenzo Fontana, saluta Alba dorata (foto da YouTube)-3

Nel 2016, quando Fontana si autoriprende in un corridoio della sede dell'Unione, si può ancora fare: “Porto volentieri il mio saluto agli amici di Alba dorata per il loro congresso – dice l'attuale presidente della Camera –. In questi momenti difficili per l'Europa, il vostro apporto sarà fondamentale. L'Europa non può fare a meno della Grecia. La Grecia è il faro dell'Europa, dell'Europa classica, quella che noi amiamo e quella che vogliamo risorga dalle proprie ceneri. È un momento difficile, bisogna combattere. So che voi siete dei combattenti e assieme a noi, sicuramente, sono convinto che riusciremo a rilanciare questa Europa e farla tornare quello che era: un faro di civiltà”. Ma nel 2020 l'autorità giudiziaria di Atene dimostra che Alba dorata, sotto processo dal 2013 per l'omicidio del musicista antifascista Pavlos Fyssas, è un'organizzazione criminale e viene messa fuori legge.

"Dante fondatore del pensiero di destra"

Forse proprio il bisogno di un padre delle origini spinge il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, 61 anni, già vicedirettore del Tg1 e direttore del Tg2, ad arruolare la Divina commedia nel partito di Giorgia Meloni. “Il fondatore del pensiero di destra in Italia è stato Dante Alighieri: la destra ha cultura, deve solo affermarla – sostiene il ministro durante la festa di Fratelli d'Italia a Milano –. Quella visione dell'umano della persona la troviamo in Dante, ma anche la sua costruzione politica credo siano profondamente di destra”. 

L'8 febbraio 2023 è un mercoledì. Il presidente del Senato prende la parola alla commemorazione di Pinuccio Tatarella, l'ispiratore della destra di governo morto nel 1999. “Scusate se parlo di me – dice Ignazio La Russa davanti a invitati e giornalisti –. Sono sempre dipinto come quello che ha i busti del Duce in casa. È vero, ce l'ho, me lo ha lasciato mio padre, non capisco perché dovrei buttarlo. Non lo butterò mai, così come non butterei il busto di Mao Zedong se mi avessero lasciato un'opera d'arte sua”.

Il ministro dell'Istruzione contro la preside di Firenze

Passa qualche giorno e il ministro dell'Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, 62 anni, interviene dopo il brutale pestaggio di alcuni studenti del liceo classico Michelangiolo a Firenze. La polizia è sulle tracce di sei picchiatori del movimento di destra “Azione studentesca”. L'aggressione risale alla mattina di sabato 18 febbraio. La preside del liceo, Rita Gaeta, e gli insegnanti rispondono con un comunicato di condanna: “Il patrimonio valoriale su cui si fonda l'ordinamento scolastico, improntato ai principi della nostra Costituzione, risulta ignobilmente vilipeso da tale esecrabile azione”. Fratelli d'Italia condanna il pestaggio.

Il giorno dopo anche la dirigente del liceo Leonardo da Vinci di Firenze, Annalisa Savino, scrive ai suoi ragazzi. “Il fascismo in Italia – dichiara nella circolare protocollata su carta intestata della scuola – non è nato con le grandi adunate di migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a se stessa da passanti indifferenti. 'Odio gli indifferenti', diceva un grande italiano, Antonio Gramsci, che i fascisti chiusero in un carcere fino alla morte, impauriti come conigli dalla forza delle sue idee”.

VIDEO - L'aggressione agli studenti a Firenze

Uno studente picchiato da Azione studentesca davanti al liceo a Firenze

“Siate consapevoli – aggiunge la professoressa Savino – che è in momenti come questi che, nella storia, i totalitarismi hanno preso piede e fondato le loro fortune, rovinando quelle di intere generazioni... Chi decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri, va lasciato solo, chiamato con il suo nome... Senza illudersi che questo disgustoso rigurgito passi da sé. Lo pensavano anche tanti italiani per bene cento anni fa, ma non è andata così”.

Il ministro del governo Meloni non deve aver apprezzato l'allusione. “In Italia non c'è nessun pericolo fascista – dice Valditara nel giro di poche ore, rispondendo alla professoressa di Firenze –, non c'è nessuna deriva violenta e autoritaria. Difendere le frontiere e ricordare il proprio passato o l'identità di un popolo non ha nulla a che vedere con il fascismo o, peggio, con il nazismo. Quindi inviterei la preside a riflettere più attentamente sulla storia e sul presente”.

Giuseppe Valditara difende la Resistenza

Passa poco meno di un mese e a Brescia l'istituto alberghiero “Mantegna” ospita il convegno della commissione scuola dell'Anpi. Di notte gli attivisti locali di Blocco strudentesco, un movimento neofascista fondato da Casapound, appendono uno striscione sulla recinzione dell'istituto: “La Resistenza è una cagata pazzesca”, hanno scritto. La risposta del ministro Valditara è immediata: “Con riguardo ai fatti di Brescia – scrive il pomeriggio del 10 marzo su Twitter – osservo che la nostra Costituzione è democratica e antifascista. Io onoro la nostra Costituzione. Ogni provocazione di stampo antidemocratico o di stampo fascista trova ora e troverà sempre da me una netta condanna dei fatti”.

Il ministro Giuseppe Valditara, a sinistra, con Matteo Salvini (foto LaPresse)

Arriviamo alle ultime settimane. Il 24 marzo Giorgia Meloni commemora le 335 vittime fucilate dai nazifascisti alle Fosse Ardeatine di Roma: “335 italiani innocenti massacrati solo perché italiani”, scrive la premier nella sua dichiarazione personale sul sito di Palazzo Chigi. Non più antifascisti, secondo la versione ufficiale del governo, ora sono soltanto italiani. Ma, subito dopo, è ancora il presidente del Senato, Ignazio La Russa, a riaccendere le proteste.

L'eccidio del 24 marzo 1944 fu la rappresaglia all'attentato partigiano dei Gruppi di azione patriottica, avvenuto il giorno prima in via Rasella, vicino al Quirinale: morirono 33 soldati del reggimento Bolzano, la polizia nazista sudtirolese comandata da ufficiali tedeschi, e due civili. “Via Rasella è stata una pagina tutt'altro che gloriosa della Resistenza, quelli uccisi erano una banda musicale di semi pensionati e non biechi nazisti delle SS”, sostiene il presidente La Russa durante un'intervista audio al quotidiano Libero.

Ancora La Russa su via Rasella, poi le scuse

Poi, puntualmente, arrivano le scuse: “Non ho difficoltà a precisare che ho sbagliato a non sottolineare che i tedeschi uccisi in via Rasella fossero soldati nazisti ma credevo che fosse ovvio e scontato, oltre che notorio – dichiara Ignazio La Russa con un comunicato della Presidenza del Senato –. Non so poi se effettivamente è errata la notizia, più volte pubblicata e da me presa per buona, che i riservisti altoatesini inquadrati nella polizia tedesca facessero anche parte della banda militare del corpo. Anzi, quel che è certo, è che proprio per evitare polemiche mi sono volutamente astenuto nel dire che sull'azione partigiana di via Rasella molti, anche di sinistra, sono stati assai critici. Mi sono limitato a dire che non è stata una delle pagine più gloriose della Resistenza partigiana. Voglio scusarmi con chi, anche in forza di resoconti imprecisi, abbia comunque trovato motivi di sentirsi offeso”. Il comunicato esce il primo aprile 2023. 

Il murale critico dell'artista Laika in via Rasella a Roma (foto Monaldo.LaPresse)

Quella del presidente del Senato "è stata una sgrammaticatura istituzionale che La Russa ha risolto da solo – commenta due giorni dopo la premier Giorgia Meloni da Vinitaly, la fiera del vino a Verona –. Ha chiesto scusa, mi pare che la polemica sia chiusa. L'ha risolta lui".

“È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista – è scritto nella nostra Carta costituzionale –. In deroga all'articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall'entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista”. Ma il quinquennio di limitazioni temporanee non è bastato: settantacinque anni dopo, dall'entrata in vigore della Costituzione il primo gennaio 1948, ne stiamo ancora parlando.

Il 25 aprile sta morendo e neanche la Costituzione sta benissimo

Continua a leggere Today.it

Sullo stesso argomento

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Today è in caricamento