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Giovedì, 28 Marzo 2024
Parte la diffida

Aborto, ginecologhe e associazioni diffidano la Regione Piemonte: "Ostacola le donne"

La Rete Più di 194 Voci e Laiga194 hanno inviato una diffida alla Regione amministrata da Cirio per il mancato adeguamento alle linee guida ministeriali relative all'aborto farmacologico

La Rete Più di 194 Voci, nata per sostenere l’autodeterminazione, la libertà, la laicità, i diritti civili e sociali e la salute sessuale e riproduttiva, ha deciso di diffidare la Regione Piemonte per mancata applicazione della legge 194 sull’aborto e dell’aggiornamento delle linee di indirizzo sull’interruzione di gravidanza ministeriali, che consentono il ricorso all’aborto farmacologico.

Venerdì 27 associazioni aderenti alla Rete e Laiga 194, la Libera Associazione Italiana Ginecologi non obiettori per l’Applicazione della 194, hanno firmato la diffida nei confronti della Regione amministrata dal giugno del 2019 dal presidente Alberto Cirio, sottolineando come «la Regione Piemonte non solo non si è ancora adeguata alle nuove linee di indirizzo delle autorità sanitarie nazionali, ma ne ostacola, di fatto l’applicazione e, in caso di interruzione di gravidanza con metodo farmacologico, continua a richiedere il ricovero sino a tre giorni».

Le nuove linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine emanate dal Ministero della Salute sulla base delle indicazioni del Consiglio Superiore di Sanità e dell'Agenzia Italiana del Farmaco prevedono la possibilità per tutte le donne di ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico fino a 63 giorni (pari a 9 settimane compiute) di età gestazionale in day hospital o presso strutture ambulatoriali/consultori pubblici adeguatamente attrezzati. Per le associazioni che hanno firmato la diffida, invece, la Regione impone il ricovero sino a tre giorni in caso di aborto farmacologico.

“Chiediamo che senza ulteriore ritardo sia consentito a tutte le donne, dopo un’adeguata informazione, di scegliere il metodo (farmacologico o chirurgico) con il quale effettuare l'interruzione della gravidanza e il luogo ove effettuarla (ospedale o consultorio) - spiegano le associazioni - che vengano individuati i consultori, che, in stretto collegamento con le strutture ospedaliere di riferimento, possano garantire ed eseguire l'interruzione volontaria di gravidanza in forma farmacologica entro i primi 63 giorni di gravidanza, e che le operatrici e gli operatori dei consultori vengano adeguatamente formate/i, per poter eseguire in modo appropriato la procedura”. La richiesta è anche che venga garantito il servizio di mediazione culturale “per un'informazione corretta sul percorso di interruzione volontaria di gravidanza, nonché sui metodi contraccettivi, al fine di prevenire gravidanze indesiderate”.

Non è la prima volta che la Regione Piemonte finisce nel mirino delle associazioni che si battono per i diritti delle donne e l’applicazione corretta della legge 194 del 1978, che sancisce il diritto a ricorrere all’aborto e ne disciplina il ricorso. Lo scorso marzo l’assessore Maurizio Marrone (FdI) aveva firmato un atto amministrativo con cui consentiva alle associazioni anti abortiste l’ingresso nei consultori piemontesi, a patto che nel loro statuto venga indicato che perseguono “finalità di tutela della vita fin dal concepimento”.

Proprio Marrone è intervenuto sulla diffida rivolgendosi alle associazioni: "Hanno già fatto un buco nell’acqua al TAar contro l’ingresso del volontariato di tutela materno infantile negli ospedali e nei consultori e ripeteranno il flop con questa diffida: è proprio la legge 194 a chiarire che il consultorio è luogo di informazione e assistenza per rimuovere le possibili cause sociali della scelta di abortire e non sede dove eseguire le interruzioni di gravidanza, che vanno invece obbligatoriamente limitate a ospedali attrezzati, proprio per affrontare tempestivamente eventuali complicanze - ha detto - Inoltre ad impedire il prolungamento del farmaco abortivo fino al 63esimo giorno di gravidanza è la revoca Aifa sul prostaglandine, che non è più a carico del servizio sanitario nazionale dal marzo 2020, ma va comunque prescritto insieme al mifepristone oltre il 50° giorno. Quanta ignoranza e ideologia solo per aumentare il numero di aborti e ostacolare le nascite".

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