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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Aborto, diritto (spesso) negato: "In alcune strutture solo medici obiettori"

Indagine dell'associazione Luca Coscioni: "Legge 194 ignorata in molte aree del Paese". Cosa è emerso analizzando 161 centri

Abortire non è ancora un diritto, non per tutte le donne, non ovunque. E questo nonostante la legge italiana, dal 1978, dica altro. Sono 31 (24 ospedali e 7 consultori) le strutture sanitarie in Italia con il 100% di obiettori di coscienza per medici ginecologi, anestesisti, infermieri o Oss. Quasi 50 quelli con una percentuale superiore al 90% e oltre 80 quelli con un tasso di obiezione superiore all'80%. E' quanto emerge dall'indagine aggiornata "Mai Dati!" condotta su oltre 180 strutture da Chiara Lalli, docente di Storia della medicina, e Sonia Montegiove, informatica e giornalista, resa nota con l'associazione Luca Coscioni. I dati sono stati presentati questa mattina alla Camera dei deputati in occasione dei 44 anni dall'entrata in vigore della legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza. 

La legge 194 "ignorata"

"Avere un quadro chiaro dello stato di salute di questa legge purtroppo non è facile, proprio perché non abbiamo dati aggiornati e dettagliati - ha detto Filomena Gallo, avvocato e segretario nazionale dell'associazione Luca Coscioni - Una cosa è però molto chiara: la legge 194 è ancora mal applicata o addirittura ignorata in molte aree del nostro Paese. Oggi chiediamo con urgenza al ministro della Salute Roberto Speranza e al ministro della Giustizia Marta Cartabia che i dati sull'applicazione della legge 194 siano in formato aperto, di qualità, aggiornati e non aggregati; che si sappia quanti sono i non obiettori che eseguono le interruzioni volontarie di gravidanza e gli operatori che le eseguono dopo il primo trimestre; che tutte le regioni offrano realmente la possibilità di eseguire le interruzioni farmacologiche in regime ambulatoriale; che venga inserito nei Lea un indicatore rappresentativo della effettiva possibilità di accedere all'interruzione volontaria in ciascuna regione; e che la relazione ministeriale venga presentata ogni anno nel rispetto dell'articolo 16 della stessa 194".

"L'indagine ci dice che la valutazione del numero degli obiettori e dei non obiettori è troppo spesso molto lontana dalla realtà - affermano le autrici della ricerca Lalli e Montegiove - Dobbiamo infatti sapere, tra i non obiettori, chi esegue realmente le Ivg )interruzioni volontarie di gravidanza): in alcuni ospedali alcuni non obiettori eseguono solo ecografie, oppure ci sono non obiettori che lavorano in ospedali nei quali non esiste il servizio Ivg, e quindi non ne eseguono". "La percentuale nazionale di ginecologi non obiettori di coscienza, che secondo la relazione è del 33%, deve, dunque, essere ulteriormente ridotta - rimarcano - perché non tutti i non obiettori eseguono Ivg. Non basta conoscere la percentuale media degli obiettori per regione per sapere se l'accesso all'Ivg è davvero garantito in una determinata struttura sanitaria. Perché ottenere un aborto è un servizio medico e non può essere una caccia al tesoro". 

Cosa dice la legge

In Italia la donna può richiedere l'interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Dal 1978 questo intervento è regolamentato dalla legge 194/78, che descrive con chiarezza le procedure da seguire in caso di richiesta di interruzione di gravidanza:

  • esame delle possibili soluzioni dei problemi proposti;
  • aiuto alla rimozione delle cause che porterebbero all'interruzione della gravidanza
  • certificazione;
  • invito a soprassedere per sette giorni in assenza di urgenza, sia entro che oltre i primi 90 giorni di gravidanza.

Obiettivo primario della legge è "la tutela sociale della maternità e la prevenzione dell’aborto attraverso la rete dei consultori familiari, un obiettivo che si intende perseguire nell’ambito delle politiche di tutela della salute delle donne". Esistono due tecniche per eseguire una interruzione volontaria di gravidanza: farmacologica e chirurgica. 

La prima una procedura medica, distinta in più fasi, che si basa sull'assunzione di almeno due principi attivi diversi, il mifepristone (meglio conosciuto col nome di RU486) e una prostaglandina, a distanza di 48 ore l'uno dall'altro. In Italia è possibile ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza con il metodo farmacologico dietro richiesta della persona interessata. Si può ricorrere al metodo farmacologico fino a 9 settimane compiute di età gestazionale e presso "strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale e autorizzate dalla Regione, nonché consultori, oppure day hospital". 

Anche se negli ultimi anni le donne ricorrono sempre più spesso al metodo farmacologico, l'interruzione di gravidanza attraverso il metodo chirurgico resta comunque molto praticata. L'intervento può essere effettuato, in anestesia generale o locale, presso le strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale e le strutture private convenzionate e autorizzate dalle Regioni.

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