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Venerdì, 29 Marzo 2024
La giornata mondiale delle api / Rovigo

"Il miele 'bello' non è naturale, per salvare le api oltre ai fiori serve consapevolezza"

Matteo De Simone, fondatore di Saving Bees, racconta a Today.it il progetto della sua oasi: "Le nostre campagne ormai sono dei deserti verdi dove non c'è più un fiore, serve più consapevolezza da parte di tutti, anche dei consumatori che scelgono il miele"

Il 20 maggio ricorre la giornata mondiale delle Api (il World Bee Day), una ricorrenza istituita dall'Onu appena quattro anni fa. Segno di una rinnovata attenzione verso questi insetti, affascinanti e inestimabili per la sopravvivenza dell'intero ecosistema e nonostante questo messi sempre più a rischio dall'aumento dell'uso di insetticidi e prodotti chimici utilizzati in agricoltura, oltre che dai cambiamenti climatici. L'allarme è stato lanciato da tempo e i rischi ormai sono noti: circa il 70% delle nostre colture (e cioè la gran parte dei quello che mangiamo) dipendono dalle api: senza di loro, sparirebbero.

L'oasi apistica di Saving Bees

A Rovigo è stata creata una oasi apistica, cuore del progetto di Saving Bees, nato per diffondere "l'api-cultura" e "l'api-coscienza" e promuovere un'apicoltura sostenibile nel rispetto della biodiversità. Dietro questo progetto c'è Matteo De Simone, che da anni lavora nel mondo della logistica ma che a un certo punto della sua vita ha deciso di tornare al suo grande amore, l'agronomia, e interessarsi al mondo delle api.

Quello che in un primo momento era  nato come un hobby, ossia la cura di un paio di arnie, in breve tempo è diventata una realtà più vasta, un grandissimo prato fiorito di oltre un ettaro, con tantissime specie di piante che producono fiori, uno spazio di ristoro e riproduzione in un ambiente protetto per gli apoidei (api, farfalle, bombi, altre specie di impollinatori) che così possono nutrirsi e moltiplicarsi. "Quando ho deciso di allevare le api come hobby mi sono innamorato perdutamente di questo mondo e mi sono reso conto di quanto siano in difficoltà, non tanto le api mellifere, quelle che producono il miele e vengono allevate dagli apicoltori, quanto proprio le api selvatiche. Da lì l'idea di creare Saving Bees", racconta De Simone a Today.

"Bisogna far capire alle persone come stanno le cose, quanto gli apoidei siano importanti e si trovino in seria difficoltà. C'è una coscienza che si sta sviluppando ma dobbiamo fare di più. Le nostre campagne ormai sono dei deserti verdi dove non c'è più un fiore, le piante da fiore non riescono più ad andare a seme e riprodursi, i fossi lungo i campi vengono diserbati. Non c'è più un fiore in giro! E gli impollinatori sono in difficoltà per mancanza di fonti alimentari a una distanza di volo utile, ci sono dei rapporti dell’Unione europea che lo dicono. Con la nostra oasi, un luogo protetto e con importanti fioriture, abbiamo creato un'area dove gli impollinatori possono nutrirsi, diffondersi e riprodursi".

Cultura e coscienza delle api passano anche dal rapporto con il territorio, dalle amministrazioni comunali come pure dai singoli cittadini. "Ho visto nei giardini usare gli insetticidi contro le zanzare sopra i fiori… ma li ci vanno le api, i bombi! Anche nei Comuni, ormai ci sono metodi alternativi contro gli insetti dannosi. Bisogna insegnarle queste cose, serve più consapevolezza - dice De Simone - Tutti possiamo fare qualcosa, anche solo chiedendo semplicemente che i parchi cittadini vengano lasciati andare a fiori anziché farne un bel prato all'inglese senza un fiore sopra”.

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Quando il miele diventa un risultato e non un prodotto

Saving Bee nasce per tutelare le api selvatiche ma nella sua oasi ci sono ovviamente anche le più note api da miele, le api mellifere. E il miele è uno dei due pilastri del sostentamento del progetto, anche se non si tratta di un miele "comune".

"Per noi il miele è una cosa diversa da quello che può essere per un apicoltore, non è un prodotto ma un risultato. Mentre un apicoltore lo toglie alle api man mano che esse lo producono, noi glielo lasciamo per tutta la stagione. Quando a fine agosto, al termine della stagione, le api si preparano all'inverno e portano tutto il miele che possono nel nido, noi prendiamo quello che loro abbandonano perché in accesso. Si tratta di circa il 30-35% del miele che hanno prodotto. Noi lo preleviamo e lo vendiamo, lo mettiamo in vasetti brandizzati con il logo dei nostri partner e glielo diamo. Si tratta di aziende interessate alla sostenibilità, che non vogliono fare soltanto un'operazione di greenwashing ma ci credono e sanno che quel miele lì non è stato sottratto alle api. Tra l'altro è un vero miele millefiori, molto ricco, perché c'è tutto: ciliegio, albicocco, acacia, tiglio, tutte le fioriture di primavera. È come se fosse l'impronta digitale, anzi floreale, del territorio in cui si trovano le api", spiega De Simone. 

Tutti sappiamo cos'è il miele, ma poco conosciamo di quello che c'è dietro. "C'è chi dice che il miele deve essere sempre bello, trasparente e limpido, ma il miele vero non è così! Il miele cristallizza, è assolutamente normale. Ho sentito persone dirmi: 'Quel miele è cristallizzato, lo butto via perché non è più buono'. Ma è sbagliato! Significa invece che è naturale, perché c'è un solo modo per far sì che il miele non cristallizzi ed è pastorizzarlo. Così però lo si distrugge. Il miele è ricchissimo di sostanze naturali con effetto antivirale, antifungino, stimolanti dei sistemi immunitari. Ma queste sostanze sono termolabili e a 40 gradi si distruggono. Se si scalda il miele a 80 gradi, tutte quelle così li vanno perse, dentro non resta più niente. Quando un miele è liquido per sempre, significa che non è più naturale. Questo molte persone non lo sanno". 

L'altro pilastro oltre al miele è quello delle adozioni delle arnie da parte di aziende partner: "Ogni arnia significa circa 65mila api in più portate nell’ambiente". Prima della pandemia, De Simone girava anche per le scuole, per avvicinare bambini e ragazzi alle api, far conoscere loro il valore degli impollinatori e che cos’è l'apicoltura e perché può anche diventare un lavoro.

"La gran parte del nostro cibo non ci sarebbe se non ci fossero gli impollinatori. Questo va spiegato e raccontato nelle scuole. Come pure che il contributo economico delle api è stimato intorno ai 207 bilioni di euro", ricorda De Simone. "Oggi ci sono dei bambini che non sanno riconoscere un'ape da una vespa, ad esempio. Quando parlo delle api, i bambini restano affascinati, meravigliati. È capitato di portarne alcuni nell'oasi, ovviamente vestiti in maniera adeguata per proteggerli, per far vedere loro le arnie, le famiglie, le api in movimento e ci sono state delle reazioni stupende: alcuni hanno anche pianto dall'emozione", conclude.  

Apoidei su un fiori di papavero nell'oasi di Saving Bees

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