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Giovedì, 18 Aprile 2024
La condanna

Non si può dire "bimbominkia" sui social: è diffamazione aggravata

L'indirizzo espresso da una sentenza della Cassazione è chiaro: l'utilizzo di epiteti offensivi su piattaforme come Facebook può configurare reati contro l'onore

Non si può scrivere "bimbominkia" sui social. La Corte di Cassazione mette in guardia chi si esprime in modo offensivo sui social invocando il diritto di critica. Un diritto i cui contorni sono ben delineati dalla "continenza" che di certo non giustifica espressioni lesive dell'onore altrui. Ad esempio, l'epiteto "bimbominkia" non può essere utilizzato su Facebook perché definisce una persona con un quoziente intellettivo sotto la media, altrimenti scatta la diffamazione aggravata. A scriverlo nero su bianco è proprio la suprema corte in una recente sentenza.

Nel gergo della rete, il "bimbominkia" è il giovane utente che si caratterizza, spesso in un quadro di precaria competenza linguistica e scarso spessore culturale, per un uso marcato di elementi tipici della scrittura enfatica, espressiva e ludica. In questo caso specifico, nella sentenza della Cassazione che bandisce il termine "bimbominkia" dalle piazze del web appare come persona offesa l'animalista trapanese Enrico Rizzi. In passato si era trovato in giudizio dall'altra parte in qualità di condannato, sempre dalla Cassazione, ad un risarcimento di 60mila euro per aver offeso la memoria del presidente del consiglio regionale Diego Moltrer, all'indomani della sua morte con appellativi come "vigliacco" e "infame" oltre che assassino, per via della sua passione per la caccia e per aver appoggiato la cattura di un'orsa.

Ora a insultare l'animalista, definendolo "bimbominkia", è un'amica di Moltrer. E anche per lei è scattata la condanna. Il termine "bimbominkia" non si può usare sui social perché definisce una persona con un quoziente intellettivo sotto la media - spiega la suprema corte -. Nella sentenza che contiene questa indicazione, l'epiteto fu usato in un gruppo Facebook di più di duemila iscritti, configurandosi quindi chiaramente in una diffamazione aggravata.
 

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