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Martedì, 23 Aprile 2024

Alberto Berlini

Giornalista

Moriremo tutti in una guerra nucleare?

No, non moriremo tutti in una guerra nucleare. In primis perché non ci sarà una guerra nucleare. Sciogliamo ogni dubbio dall'inizio: gli arsenali strategici nucleari vengono definiti di deterrenza perché ormai da decenni il potenziale atomico disponibile nel Mondo è tale da preservare l'equilibrio. Non ci sarà una guerra nucleare per il semplice fatto che non ci sarebbe nulla da guadagnarci, per nessuno, se un conflitto sfociasse nell'utilizzo di ordigni atomici. L'economia stessa crollerebbe, e nessuna potenza - statale e non - vorrebbe che si realizzasse uno scenario postapocalittico alla Mad Max. È questa la migliore rassicurazione. Non da ultima la Cina ha ammonito Mosca di non alzare la posta in gioco: lo stesso portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin ha chiesto a "tutte le parti" della crisi Ucraina-Russia "di mantenere la calma e di esercitare moderazione". L'obiettivo, ha sottolineato nel briefing quotidiano, è "evitare una ulteriore escalation" dopo che il presidente Vladimir Putin ha messo in allerta il deterrente nucleare della Russia.

Quindi un'apocalisse nucleare è da escludere seguendo la sola ragione, ma visto che siete arrivati a leggere questo articolo probabilmente preoccupati e in preda all'ansia per le immagini dei "funghi" atomici che popolano le pagine dei media nostrani, possiamo ancora una volta usare la ragione per reprimere l'angoscia e affrontare il presente con cognizione di causa. 

Perché allora Putin ha minacciato la guerra nucleare? In realtà siamo molto lontani da questo. Come si sente proferire nel video diffuso da Mosca il presidente russo ha chiesto ai suoi generali di approntare le armi strategiche (che comprendono i missili balistici, non strettamente armati con testate nucleari): si tratta del secondo grado di approntamento in una scala di quattro. Aumentare il livello di allerta nucleare può essere un modo per influenzare la percezione del rischio. D'altronde gli Stati Uniti fecero lo stesso nel 1973 durante la guerra in Medio Oriente quando alzarono l'allerta delle forze nucleari a Defcon 3 per scoraggiare l'intervento dell'Urss. Quindi ora Putin cerca di fare lo stesso. Cerca di spaventare l'Occidente e di dissuaderlo dall'offrire sostegno all'Ucraina.

Una immagine di difficoltà più che di potenza: le cose in Ucraina stanno andando infatti molto diversamente da quanto prefigurato al Cremlino e la minaccia atomica appare una delle poche carte contro quelle che sono sanzioni occidentali e che rischiano di mettere la Russia in seria difficoltà. Certo, nell'orologio atomico (il Doomsday Clock) in cui la mezzanotte segna l'apocalisse nucleare, si tratta di uno spostamento in avanti delle lancette. Ma questo tuttavia era già iniziato nel 2020 con la corsa al riarmo e le ostilità legate al cambiamento climatico in atto, tanto che a gennaio le lancette erano state spostate ad appena 100 secondi alla mezzanotte. Andiamo quindi a prefigurare che l'ipotesi che una delle parti in conflitto faccia detonare un ordigno a fissione moderno della tipologia più comune (alcune centinaia di kilotoni).

Premessa doverosa per fugare ogni dubbio: una esplosione nucleare non prefigura uno scenario Chernobyl con intere regioni rese inabitabili dalle radiazioni: un ordigno nucleare contiene molto meno materiale fissile di un reattore, e viene disperso tutto nella detonazione iniziale, quindi il fallout è un effetto marginale e contenuto all'aerea di circa 30 chilometri dal "ground zero", il punto d'impatto.  

Cosa succede dunque in qui maledetti 30 chilometri e cosa si può fare? Quando una bomba atomica viene innescata il nucleo di uranio (o plutonio) tutta la massa di fissile va in fissione in pochi millesimi di secondo e il materiale sviluppa una temperatura diecimila volte più alta di quella della superficie del Sole per un'area di alcune centinaia di metri: in quel punto ogni cosa viene vaporizzata all'istante. 

Il lampo è così luminoso e carico di raggi x e gamma che - ovviamente - non deve essere osservato neppure da distanza. Subito dopo è l'onda d'urto dell'aria -con la potenza di un tornado- a provocare il crollo di edifici entro un raggio di tre chilometri. Si tratta di pochi secondi che possono essere utili per cercare riparo dentro a edifici bassi per evitare i detriti. 

Poi è l'ondata di calore innescata dal nucleo a incenerire tutto ciò che è fatto di tessuto, plastica, carta o legno e si trova entro 6 chilometri dall'epicentro. Se decenni di film sulla fine del mondo hanno insegnato qualcosa è questo il momento durante il quale ci si può gettare in una vasca da bagno con una coperta bagnata. E le radiazioni? Oltre i 6 chilometri dal luogo della detonazione, gli effetti non sono più tali da causare un immediato rischio per la vita delle persone. La cosa fondamentale è non farsi prendere dal panico che potrebbe portare ad azioni ben più pericolose: anche in presenza di dosi pari a qualche millisievert l'ora il margine di tempo prima di iniziare ad avere effetti misurabili sulla salute è di un giorno. Anche l'acqua di rubinetto può essere usata se prelevata immediatamente, e potrebbe essere necessaria per il tempo in cui si resterà chiusi in casa in attesa che l'ondata di panico passi. 

Ora dotarsi di un dosimetro potrebbe aiutare a controllare se ci si trova in un'area dove il fall out faccia salire le radiazioni a oltre il tetto di 100 mSv, il valore oltre il quale si manifestano effetti sulla salute. Come chi ha vissuto il panico indotto dalla nube di Chernobyl ricorda le pastiglie di iodio diventano utili per evitare effetti negativi sulla tiroide, ma si tratta di un accorgimento soprattutto per i bambini. Evitare il panico quindi resta il miglior consiglio. Fin da ora.

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