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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Suicidi, stranieri... e tv spenta: inferno carceri, tra bufale smontate e vere emergenze

Le carceri italiane sono le più sovraffollate d’Europa, ma i detenuti stranieri diminuiscono. E la vita dietro le sbarre peggiora. Tutti i dati e le criticità nell'analisi di Antigone

"Il trend è allarmante. I detenuti aumentano, ma i reati diminuiscono". Patrizio Gonnella, presidente di Antigone - associazione che si occupa della tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale - non usa mezzi termini quando spiega la situazione in cui versano oggi le carceri e i detenuti in Italia.

Carceri, smontato il luogo comune sui detenuti stranieri

L'analisi di Antigone, in un rapporto semestrale presentato oggi a Roma, smonta alcuni luoghi comuni sul tema. Primo tra tutti, quello che riguarda gli stranieri detenuti: al 30 giugno 2019 i detenuti stranieri nelle carceri italiane sono il 33,42% della popolazione reclusa. Erano il 33,95% sei mesi fa e il 35,19% sei anni fa, al tempo della sentenza di condanna da parte della Corte Europea dei Diritti Umani nel caso Torreggiani. Ed erano il 37,10% dieci anni fa. Se nel 2003 su ogni cento stranieri residenti regolarmente in Italia l’1,16% degli stessi finiva in carcere, oggi la percentuale è scesa allo 0,36%.

E' evidente, insomma, la sopravvalutazione mediatica del tema, messa in atto da cultori e diffusori di paure e di emergenze soltanto presunte, per una manciata di voti. 

A proposito dei romeni in Italia, un politico italiano nel 2008 disse che non potevamo accoglierli perché "l'Italia non è il vespasiano dell'Europa" - ricorda Antigone riferendosi alle parole di Antonio Di Pietro, allora leader dell'Italia dei Valori -. Sono passati undici anni e il caso romeno è eclatante. "Oggi sono 2.509. Erano 3.661 nel 2013. Oggi rappresentano lo 0,21% del totale dei romeni presenti in Italia (circa 1 milione e 200 mila persone). Sono diminuiti in percentuale di più di un terzo. È questo l'effetto dell'integrazione e delle seconde generazioni".

Carceri italiane, le più sovraffollate d’Europa

Vediamo ora gli altri dati emersi dal Rapporto di metà anno di Antigone, con i numeri e le criticità delle carceri italiane. Ciò che emerge in primis è il perdurare dello stato di sovraffollamento. Al 30 giugno 2019 i detenuti ristretti nelle 190 carceri italiane erano 60.522. Negli ultimi sei mesi sono cresciuti di 867 unità e di 1.763 nell’ultimo anno. Il tasso di sovraffollamento è pari al 119,8%, ossia il più alto nell’area dell’Unione Europea, seguito da quello in Ungheria e Francia.

Il Ministero della Giustizia precisa che i posti disponibili nelle carceri italiane sono 50.496, un dato che non tiene conto delle sezioni chiuse. Ce ne sono ad Alba, a Nuoro, a Fossombrone e in tantissimi altri istituti. Il carcere di Camerino è vuoto dal terremoto del 2016, ma tutti i posti virtualmente disponibili sono contegiati. Secondo il Garante nazionale delle persone private della libertà, alla capienza attuale del sistema penitenziario italiano vanno dunque sottratti almeno tremilaposti non agibili. A Como, Brescia, Larino, Taranto siamo intorno a un tasso di affollamento del 200%, ossia vivono due detenuti dove c’è posto per uno solo. Nel 30% degli istituti visitati da Antigone in questi primi mesi dell'anno sono state riscontrate celle dove non era rispettato il parametro minimo dei 3 mq. per detenuto, al di sotto del quale si configura per la giurisprudenza europea il trattamento inumano e degradante.

Perché le carceri italiane sono sempre più sovraffollate?

"Questo aumento del sovraffollamento - sottolinea Patrizio Gonnella, presidente di Antigone -, al di là dei luoghi comuni agitati da alcune parti politiche, non è dovuto ad un aumento della criminalità, in particolare quella straniera. Infatti, da una parte, il numero di reati è in costante calo e anche gli ingressi in carcere sono in conseguente diminuzione. Il numero più alto di detenuti si spiega dunque con l'aumento delle durata delle pene, frutto anche delle politiche legislative degli ultimi anni".

Come (non) si vive in carcere: tv spenta dopo la mezzanotte 

Dall'osservazione di Antigone si evidenzia anche come la vita in carcere stia peggiorando. Questa è fatta di momenti di socialità, di occasioni di dialogo e di crescita culturale, di rapporti con i familiari e con l’esterno. Nel 30% delle carceri visitate non risultano spazi verdi dove incontrare i propri cari e i propri figli. Solo nell’1,8% delle carceri vi sono lavorazioni alle dipendenze di soggetti privati. Nel 65,6% delle carceri non è possibile avere contatti con i familiari via skype, nonostante la stessa amministrazione e la legge lo prevedano. Nell’81,3% delle carceri non è mai possibile collegarsi a internet. Inoltre alcune recenti circolari hanno previsto dei cambiamenti in peggio poco giustificabili soprattutto nella stagione estiva, quale ad esempio l’obbligo di tenere spenta la televisione dopo la mezzanotte. "Non permettere ai detenuti di guardare la tv quando fa caldo, si fatica a prendere sonno e durante il giorno si è sempre stati nella cella a oziare significa contribuire a innervosire il clima generale", sottolinea Patrizio Gonnella. In alcuni istituti penitenziari inoltre stanno chiudendo i corsi scolastici e per molti detenuti non sarà possibile frequentarne a partire da settembre.

27 suicidi dall'inizio dell'anno: le carceri in cui "si muore troppo"

Il peggioramento della qualità della vita si ripercuote anche sul numero dei suicidi. Il 2018 fu un anno drammatico, e nel 2019 quelli che si sono verificati negli istituti di pena italiani sono già 27. In alcune carceri "si muore troppo", dice Antigone. Ben sei morti nel carcere napoletano di Poggioreale dall'inizio dell'anno, di cui quattro nell'ultimo mese. E poi due a Taranto, Genova Marassi e Milano San Vittore.

Perché la soluzione non è costruire nuove carceri

"La soluzione dinanzi a questa situazione di affollamento e a tutto ciò che questa comporta - dichiara ancora il presidente di Antigone - non può essere rintracciata nella costruzione di nuovi istituti. Primo perché sarebbe una soluzione a lungo periodo, secondo perché i costi sarebbero elevatissimi e, almeno ad oggi, non sembrano esserci le necessarie coperture finanziarie".

Da un'analisi di Antigone emerge infatti che, a copertura delle disposizioni dell’art. 7 del Decreto Semplificazione, ci sarebbero circa 20 milioni derivanti dalla legge di Bilancio del 2019 e una quota non specificata di 10 milioni derivanti dal Fondo per l’attuazione della riforma dell’ordinamento penitenziario. Se si considera che il Piano Carceri del 2010 aveva uno stanziamento di circa 460 milioni di euro e che alla fine del 2014 ne sono stati spesi circa 52 per la realizzazione di 4.400 posti, è facile capire come meno di 30 milioni di euro in due anni non sarebbero lontanamente sufficienti. Inoltre, nuove carceri significa rafforzare il personale e le opportunità trattamentali senza le quali questi posti in più servirebbero solo a “stoccare” più detenuti. Anche in questo caso dunque bisognerebbe prevedere ingenti risorse aggiuntive al bilancio dell'amministrazione penitenziaria che, già oggi, è di circa 3 miliardi di euro all'anno.

"Ciò che bisognerebbe fare dunque - conclude Gonnella - è investire sulle alternative alla detenzione e nel rendere la custodia cautelare un istituto utilizzato solo nei casi dove essa è realmente necessaria".

Sotto questo punto di vista la buona notizia è che rispetto allo scorso anno il tasso di persone presenti in carcere in assenza di condanna definitiva è diminuito di quasi due punti, attestandosi al 31,5%. Un dato però ancora lontano dalla media Europa del 21% circa.

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