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Venerdì, 19 Aprile 2024
Miti e paure

Cos'è la carne sintetica e perché fa paura

Il governo italiano ha proibito lo sviluppo di prodotti di "origine sintetica". Ma che cos'è davvero la carne coltivata? Facciamo chiarezza

L'Italia ha detto no alla carne in vitro: con un disegno di legge del governo - che ora inizierà il proprio percorso in Parlamento - nel nostro Paese sarà vieta la produzione e la vendita di prodotti di "origine sintetica". Un provvedimento fortemente voluto dal ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida che si è dichiarato contrario alla carne prodotta in laboratorio in quanto "metterebbe in discussione il rapporto tra uomo e natura".

Così Meloni ha detto "no" a milioni di euro di investimenti 

Ma è veramente così? Il fatto che sia "artificiale" è spesso usato come argomentazione per chi si dichiara contrario all'introduzione della carne in provetta sulle nostre tavole. Coldiretti stessa - che ha "esultato" nell'apprendere del provvedimento governativo - ha spesso sensibilizzato sul tema proponendo argomentazioni fuorvianti che catalogano il prodotto come carne "artificiale", "creata dal nulla" e "dannosa per la salute". Ma occorre fare un po' di chiarezza sui falsi miti che ammantano di paura la carne sintetica.

La carne sintetica che non è sintetica

La concezione di questo prodotto come "artificiale" forse parte dal nome con cui è per lo più conosciuta: "carne sintetica". L'aggettivo sintetico è infatti spesso accostato a qualcosa di costruito. Nell'ambito della moda, ad esempio, si riferisce ai tessuti che non derivano da lana di pecora o da fibre vegetali come il cotone. Nell'ambito farmaceutico è spesso utilizzato per tutti i prodotti che non rientrano nella categoria di "farmaci naturali". Ma anche la carne in provetta ha queste caratteristiche? In realtà, il temine sintetico con questo prodotto c'entra ben poco, dal momento che per produrla si parte dalle cellule staminali di animali che in natura esistono. La produzione poi avviene in un ambiente di laboratorio controllato in cui viene favorita la crescita e "l'espansione" della carne (sul come, lo vediamo tra un attimo) esattamente come avviene per le piante. Il tutto, ovviamente, senza la macellazione di animali vivi.

La tecnica permette di mantenere il cibo sotto stretta osservazione, evitando notevolmente potenziali contaminazioni da agenti patogeni esterni, cosa che in una produzione industriale si fa fatica a controllare del tutto: basti pensare alla quantità di antibitici usata negli allevamenti intensivi, o alla scellerate scelte alimentari che contribuirono all'epidemia di mucca pazza. Per questo motivo "carne coltivata" è forse una definizione più appropriata per il tipo di carne in questione, identificando meglio le caratteristiche che ha e il modo in cui viene creata.  

Il lavoro scientifico che c'è dietro a questo nuovo modo di produrre carne è frutto di anni di ricerca che hanno avuto lo scopo rendere più sostenibile un settore industriale responsabile di una grossa fetta dell'inquinamento mondiale. Nonché, cosa altrettanto importante, la produzione di carne in laboratorio eliminerebbe moltissimi problemi etici che l'attuale sistema di produzione si porta con sé. Spesso chi si oppone a questa soluzione porta avanti argomentazioni che descrivono un'industria della carne ferma a 50 o 60 anni fa e non più riscontrabile negli standard di domanda di consumo di oggi.

Il grattacielo per allevare 600 mila maiali vicino a Wuhan

Con un mercato che - secondo le stime - continuerà sempre di più a espandersi - decidere cosa sarà più "naturale" tra un allevamento intensivo di 10 piani o una fetta di carne nata in laboratorio risulterà sempre più difficile.

La produzione in laboratorio

Per la produzione di questo tipo di carne ci sono diversi modi. In linea generale, però, tutto parte dalle cellule staminali degli animali, recuperate attraverso una biopsia. Le cellule staminali, per la loro natura sono considerate delle cellule "neutre" o "base", nel senso che devono ancora "specializzarsi" in macronutrienti. Il processo per coltivare la carne si realizza nel concreto dentro al così detto vitro, ovvero un oggetto dentro il quale ci sono sostanze che permettono alle cellule di specializzarsi e riprodursi, trasformandole quindi in proteine o grassi.

Di base, peró, la produzione di carne dentro al vitro risulta insufficiente se pensata al rilascio su larga scala. Per questo motivo, la ricerca, visti i risultati promettenti nel micro, ha sviluppato modi di produrrla a livello macro. In aiuto sono arrivati i bioreattori, dei "contenitori" che simulano su più ampia scala le condizioni di crescita del vitro, creando la struttura vera e propria della carne. Già utilizzati per altri usi, come per la produzione di birra o yogurt, questo macchinario permetterebbe la produzione in massa delle carni coltivate. Sono già state fatte delle ricerche che hanno prodotto risultati più o meno soddisfacenti in Israele, Stati Uniti e Paesi Bassi. 

Creata una polpetta di mammut "resuscitando" carne di animali estinti 

Segni di una ricerca che va avanti da anni, il primo hamburger "sintetico" è stato creato (e mangiato) per la prima volta nel 2013. L'esperimento fu fatto dall'Università di Maastricht, nei Paesi Bassi e ha avuto una spesa di 290 mila dollari, costo altissimo per un prodotto di dieci anni fa. Ed è qui che si apre un altro tema.

Ma quanto mi costa?  

Spesso un'altra argomentazione che viene espressa da chi si oppone alla carne coltivata è il costo elevato se confrontato con quello della carne industriale. Se, come abbiamo visto il costo del primo hamburger coltivato è stato di quasi 300 mila dollari, oggi - dieci anni dopo - un petto di pollo da 160 grammi "coltivato" si attesta intorno ai 4 dollari. Come ogni altra invenzione e tecnologia all'inizio il prezzo di produzione è altissimo, ma col tempo si va a ridurre a una soglia più competitiva. Si stima che entro il 2030 la carne coltivata arriverà ad attestarsi allo stesso prezzo della carne industriale che già consumiamo.   

E sempre il 2030 è stimato come l'anno in cui le startup che in questi ultimi tempi stanno investendo sul prodotto entreranno ufficialmente nel mercato come aziende vere e proprie. Questo porta a chiederci: c'è mercato nel nostro paese? I maggiori sondaggi di questi ultimi anni suggeriscono che pochi italiani sono propensi a provare la carne coltivata. L'ultimo, realizzato nel 2023 da Crea - Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria - suggerisce che il 75% degli italiani non sarebbe disposto ad assaggiarla. I motivi, di nuovo, restano legati alla concezione secondo la quale questo cibo è "chimico" e "artificiale". 

In generale, l'opinione della popolazione potrebbe cambiare, così come è stato per gli attuali sostitutivi della carne a base vegetale. Negli ultimi anni il mercato dei prodotti vegetali che pretendono di sotituire la carne ha avuto un vero e proprio boom. Sono nate aziende come Beyond Meat e Impossible Food, i cui cibi si trovano sia nei supermercati, sia in veri e propri ristoranti. Questi prodotti, a differenza della carne coltivata, sono a base vegetale e fanno da sostituti proteici nelle diete vegane e vegetariane, avendo come base per lo più legumi. Complice di questo cambiamento nell'abitudine anche una maggiore consapevolezza di quanto il settore industriale della carne impatti sull'inquinamento globale e sulla salute del pianeta, altro obiettivo per il quale la ricerca sulla produzione di carne in provetta sta subendo così tanti investimenti sia privati che pubblici. 

L'impatto ambientale

La questione ambientale è, alla fine, la questione principe che porta alla creazione di cibo più sostenibile. Il mercato della carne oggi è ancora in crescita e, secondo le stime FAO, la popolazione nel 2050 potrebbe arrivare a quasi 9 milioni di persone. La richiesta di carne aumenterebbe di conseguenza, arrivando intorno alle 455 milioni di tonnellate l'anno. Al netto di questi dati, è difficile immaginare un futuro dove l'industria riuscirebbe a sostenere tale domanda: per farlo, milioni di ettari di campi dovrebbero essere sostituiti da allevamenti intensivi. In questo senso, la ricerca per la produzione in laboratorio permetterebbe di ammortizzare la domanda di fabbisogno di carne arrivando a creare beni sotituto per una grossa fetta di popolazione. 

Ma non finisce qui. Ad oggi l'industria della carne è responsabile al 14 per cento della produzione di gas serra, nonché dell'occupazione di suolo e del consumo di acqua. Per ora, qualunque soluzione alternativa alla carne bovina continuerebbe a ridurre le emissioni e a tutelare il pianeta. Secondo delle ricerche pubblicate a gennaio 2023, la carne coltivata produrrebbe il 92 per cento in meno di emissioni inquinati, il 90 per cento in meno di inquinamento generico e libererebbe il 90 per cento del territorio occupato da allevamenti intensivi, in modo da aprire terreno per politiche agricole più sostenibili. 

Impatto carbonio carne

A che punto siamo? 

In Italia la prima startup è nata nel 2022 a Trento e si chiama BrunoCell. I suoi direttori sono gli scienziati Luciano Conti e Stefano Biressi, entrambi laureati all'Università di Trento, contesto nel quale la startup è nata. Come altre piccole aziende del settore, si occupano di trovare soluzioni che abbassino il prezzo della carne coltivata a un livello di mercato più conveniente per i consumatori. Pioniere del consumo su larga scala, però, è stato Singapore, che nel 2020 ha ricevuto l'approvazione normativa per un prodotto a base di carne in vitro e di cui ancora oggi gli abituanti del piccolo stato fanno uso. 

BrunoCell

Con l'approvazione del disegno di legge l'Italia ha dimostrato una resistenza a questo cambiamento. Alice Ravenscroft - direttrice delle politiche pubbliche di The Good Food Institute Europe - ha dichiarato: "Questo sviluppo pone l'Italia in contrasto con il resto d'Europa, in cui altri governi sono desiderosi di “sbloccare” i benefici della carne coltivata". Ravensroft fa riferimento, per esempio, ai Paesi Bassi, che hanno lanciato un finanziamento statale di 60 milioni di euro per la ricerca su questo nuovo cibo, o all'Inghilterra, che ha lanciato un bando di 16 milioni di sterline per la ricerca in nuove proteine più sostenibili. 

Le proteine del futuro sono qui

La ricerca per sostituti di proteine sembra sempre più vicina a portare soluzioni. Il settore della carne in provetta è ancora piccolo, ma sta dando i suoi frutti. L'eventuale lancio sul mercato di questi prodotti è sì ancora lontano, ma potrebbe arrivare prima di quanto ci aspettiamo. Basti pensare alla questione insetti e come nel giro di pochi mesi si sia arrivati a firmare una legge che ne delibera il commercio della farina. Oppure di nuovo, possiamo guardare al boom che i sostituiti della carne vegetali hanno avuto negli ultimi anni. 

Dalla carne sintetica alla farina di grillo: come mangeremo in futuro

La questione rimane comunque semplice: serve un'alternativa all'industria della carne. La carne in provetta sarà la soluzione definitiva? Per ora, nel nostro paese almeno, sembra fare paura. E un po' lo si può comprendere: l'Italia ha una tradizione culinaria che spesso è restia al cambiamento, d'altronde è una delle cose che sappiamo fare meglio. Tuttavia, progetti di legge come quello voluto da Lollobrigida & Co. suggeriscono che sia più una questione ideologica che legata a fatti concreti. D'altronde l'abbiamo già detto: l'attuale produzione di carne non ha nulla che possa essere definito "naturale", visto che gli animali negli allevamenti intensivi vegnono confinati in ambienti piccoli, selezionati in base alla qualità e imbottiti di farmaci per farli crescere più velocemente.

Chi investe sulla carne coltivata 

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