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Venerdì, 1 Dicembre 2023
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Cento giorni di zona rossa per chiudere l'emergenza e tornare alla normalità: il piano del governo (smentito da Speranza)

Dietro la nuova stretta in arrivo c'è l'idea che ad aprile la fase più dura potrebbe essere già passata. E si potrebbe programmare un ritorno allo status quo. Ma solo se si verificano alcune circostanze. Vediamo quali

C'è un piano dietro l'ipotesi di proroga dello stato d'emergenza al 30 aprile e la zona rossa e arancione per le regioni. Un piano che parte dalla teoria dei cento giorni e che nelle intenzioni del governo Conte potrebbe portare alla fine dell'emergenza coronavirus grazie alla vaccinazione. L'idea, che prevede l'incastro di una serie di circostanze non ancora verificatesi, è che le nuove restrizioni e limitazioni in arrivo con il decreto legge e/o il nuovo Dpcm entro il 15 gennaio serviranno a concludere la fase più difficile dell'epidemia se nel frattempo il piano per l'immunizzazione riuscirà a centrare l'obiettivo di 8 milioni di vaccinati entro Pasqua. A quel punto l'esecutivo potrebbe annunciare la fine dell'emergenza e il ritorno, faticoso, alla normalità. Anche se secondo gli esperti si tratta di un obiettivo troppo ambizioso. Ma il piano raccontato da Repubblica viene smentito dal ministro Speranza il giorno dopo (vedi edit).

EDIT ore 11,06: È in corso la riunione tra il governo e le regioni con al centro le nuove misure restrittive che entreranno nel nuovo Dpcm in vigore dal 16 gennaio. All'incontro, convocato dal ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia, partecipa anche il ministro della Salute Roberto Speranza e i rappresentanti di Anci e Upi. Tra i governatori sono presenti Fontana, Bonaccini, Toti, De Luca, Marsilio, Toma e Spirlì. 

EDIT 12 gennaio 17,40: Le ipotesi attribuite al ministro Speranza, secondo cui occorrerebbero 100 giorni di zona rossa sono destituite di ogni fondamento. Lo spiegano fonti del ministero della Salute.

Cento giorni di zone rosse per chiudere l'emergenza coronavirus e tornare alla normalità: il piano del governo (smentito da Speranza)

Ad illustrare la stretta dei cento giorni con le parole di tecnici ed esperti è oggi Giuliano Foschini su Repubblica: tutto parte dall'annuncio di maggiori restrizioni da parte del ministro della Salute Roberto Speranza, che ieri a Che tempo che fa ha prima parlato di "una fase di recrudescenza del virus in tutti i paesi Ue ma nei giorni precedenti al Natale c'è stata una fase di rilassamento anche se durante le feste abbiamo assunto misure robuste" e poi ha annunciato una nuova stretta: "Le misure restrittive funzionano e con molta probabilità resterà il divieto di spostamento tra regioni. Con l'ultima ordinanza abbiamo già stretto i parametri e domani incontreremo le regioni e mercoledi sarò in Parlamento e tra giovedi e venerdi ci prepariamo a ulteriore dpcm: saranno confermate le norme vigenti con nuove restrizioni. C'è inoltre la variante inglese e quindi mantenere alta l'asticella di attenzione è fondamentale". 

A parte le misure sulla movida con il divieto di asporto per i bar e la proroga dello stop agli spostamenti anche tra regioni gialle che saranno oggetto del decreto che deve entrare in vigore entro il 16 gennaio e che il governo pensa di varare il 13, dopo il discorso del ministro in Parlamento per illustrare le nuove misure, il governo punta su due cambi nelle regole e nei parametri che portano le regioni in zona gialla (rafforzata), arancione e rossa: 

  • il primo, già entrato in vigore con il Dl 5 gennaio, è l'abbassamento della soglia dell'indice di contagio: ora con Rt superiore a 1 si finisce in zona arancione e con Rt superiore a 1,25 scatta la zona rossa;
  • il secondo, annunciato nei giorni scorsi, è quello di far scattare la zona rossa nelle regioni quando i contagiati ogni centomila abitanti nell'ultima settimana superano la soglia dei 250. 

Mentre le Regioni si ribellano al nuovo parametro, che porterebbe da subito in rosso Veneto ed Emilia-Romagna e mette a rischio anche Friuli-Venezia Giulia, le province autonome di Trento e Bolzano, le Marche e la Sicilia, anche nel governo ci sono dubbi legati a questo nuovo parametro, in base a un ragionamento piuttosto semplice: il rischio è che gli enti locali rallentino i test del tampone per non superare la soglia. E allora, spiega il quotidiano, c'è un piano B. 

Lo stato d'emergenza fino ad aprile, il nuovo Dpcm e il no al lockdown delle Regioni che rischiano la zona rossa

Abbassare l'indice di contagio per la zona rossa e arancione in tutta Italia?

E prevede di abbassare ulteriormente le soglie dell'indice di contagio per mandare le regioni in zona rossa e arancione. In tutta Italia l’Rt è tornato sopra l’1 e si aspettano che la prossima settimana sia tra l,1,1 e l’,1,2. In questo modo, in contemporanea con la data prevista da più parti per la ripresa della corsa dei contagi in quella che viene già definita come terza ondata in arrivo, si potrebbe portare per un certo periodo di tempo tutto il paese in zona arancione o rossa per una stretta che potrebbe durare fino ad aprile che andrebbe di pari passo con le vaccinanzioni delle categorie a rischio: 

"In questi cento giorni – hanno spiegato in consiglio dei ministri – c’è il nostro futuro: se riusciamo a vaccinare tutti gli operatori sanitari, gli 80enne e parte dei 70enni, tra cento giorni, a fine aprile, avremo una pressione sulla rete ospedaliera assolutamente gestibile. Il Covid sarà un ricordo".

Ecco quindi che si delinea in maniera più precisa la strategia dietro la scelta di restringere ulteriormente i parametri che portano in zona rossa e arancione le regioni. E che pare andare di pari passo con quello che viene affermato nel verbale del comitato tecnico scientifico che qualche giornale tra ieri ed oggi ha definito "documento riservato" e che lo è talmente tanto da essere stato pubblicato online sul sito del ministero della Salute: nel testo, in merito alla classificazione del rischio relativa alla settimana 28/12/2020-3/1/2021, viene riportato quanto segue: "Si osserva, dopo alcune settimane di diminuzione, nuovamente un aumento dell’incidenza a livello nazionale negli ultimi 14 gg (313,28 per 100.000 abitanti (21/12/2020-03/01/2021) vs 305,47 per 100.000 abitanti (14/12/2020 – 27/12/2020), dati flusso ISS). Si evidenzia, in particolare, il persistente valore elevato di questo indicatore nella Regione del Veneto (927,36 per 100.000 abitanti negli ultimi 14 gg). L’incidenza su tutto il territorio è ancora lontana da livelli che permetterebbero il completo ripristino sull’intero territorio nazionale dell’identificazione dei casi e tracciamento dei loro contatti. I servizi sanitari hanno mostrato i primi segni di criticità quando il valore a livello nazionale ha superato i 50 casi per 100.000 in sette giorni e una criticità di tenuta con incidenze elevate". 

La soglia dei nuovi casi per far scattare la stretta

Per questo il verbale suggeriva di "introdurre ulteriori misure di mitigazione a fronte di livelli di incidenza particolarmente elevati anche quando si documentino livelli di trasmissibilità non superiori a 1. A tal fine la Cabina di Regia recepisce il documento in bozza stilato dall’Istituto 3 Superiore di Sanità che identifica una chiara criticità a livelli di incidenza tra 300 e 250 casi/100,000 abitanti, in particolare quando l’incidenza viene calcolata nei soggetti di età maggiore ai 50 anni". E in base a questo il governo ha pensato di introdurre il nuovo parametro contestato dalle regioni e le nuove restrizioni, ovvero:

  • la possibilità di inserire più facilmente le regioni in zona rossa con il nuovo parametro dell'incidenza o abbassando la soglia dell'indice di contagio;
  • il divieto di spostamento tra tutte le regioni, anche quelle in zona gialla "rafforzata";
  • il coprifuoco confermato tra le 22 e le 5;
  • il giro di vite nel week end con la zona arancione in tutta Italia, ipotesi che nel frattempo sembra caduta.

L'idea è quella di mantenere la stretta per cento giorni, ovvero fino alla fine di aprile 2021. A dicembre lo stesso Speranza aveva detto che l'obiettivo del governo era quello di vaccinare 13 milioni di italiani (le categorie a rischio) entro la fine di marzo. Dopo quella data il governo potrebbe decretare la fine dello stato d'emergenza, semplicemente evitandone l'ulteriore rinnovo, e avviare il lento e graduale ripristino verso la normalità. Riuscirà? Secondo Silvio Garattini ci arriveremo "Quando avremo tra i 40 e 50 milioni di italiani vaccinati e almeno 100 milioni di dosi somministrate. Siamo ben lontani da avere questinumeri ed è difficile conseguire questa immunità entro l’estate per il semplice fatto che anche la disponibilità di vaccini è limitata, complicata dalla somministrazione in doppia dose e dalla complessa catena del freddo da rispettare". Lo scienziato e farmacologo , presidente e fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, in un'intervista rilasciata al Messaggero avverte: "L’Italia, nonostante gli apprezzabili sforzi per accelerare il ritmo di vaccinazioni giornaliere come altre nazioni europee prima del raggiungimento della immunità di comunità diffusa e cosiddetta di gregge deve continuare a puntare per mesi sulla prevenzione passiva come distanziamento, mascherine, lavaggio delle mani ma deve farlo con misure chiare e ordinate e quello dei colori a giorni alterni non è certo un buon sistema". 

E Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico scientifico, in un'altra intervista a "Il Messaggero" fa sapere che l'ondata di Natale è attesa per la prossima settimana e aggiunge che servirebbe il lockdown ma l'economia non può reggerlo: "Qui c'è la considerazione drammatica alla quale ormai siamo arrivati dopo un anno di restrizioni larghe, strette, di provvedimenti rigorosi e meno rigorosi. E cioé che, dopo un anno così, è chiaro che il Paese sia in grande sofferenza. In alcune categorie sono alla disperazione: spettacolo, turismo, ristorazione, sport. Quindi, pur rendendoci conto che ovviamente la soluzione migliore sarebbe quella che abbiamo preso a marzo-aprile, ovvero il lockdown totale e nazionale, non possiamo più farlo". "Ecco perché - continua il coordinatore del Cts - sono state immaginate decisioni dure, severe, restrittive, attraverso nuovi parametri che tentano di aiutarci ad abbassare l'incidenza, però cercando di convivere con la pandemia e soprattutto facendo in modo che alcuni settori della vita economica e sociale del Paese possano riprendere". "L'immunità di gregge - ricorda Miozzo - non arriverà prima della fine dell'estate, inizio autunno. Dovremo convivere con il Covid forse per qualche anno, anche se la vaccinazione ci consentirà di non provare più la paura che ci sta facendo adesso".

Ma i vaccini basteranno per il ritorno alla normalità?

Anche Alberto Mantovani, Direttore scientifico dell'Istituto Humanitas di Milano e professore emerito all'Humanitas University, che era fra le 500 persone che ieri hanno ricevuto la prima dose di vaccino anti Sars-CoV-2 nella struttura, dove si sta vaccinando il personale medico, sostiene che con i numeri c'è un problema: "Ora cominciamo ad avere i vaccini efficaci, ma non basta - spiega in un'intervista al 'Corriere della Sera' - occorre ancora tanta ricerca per capire come funzionano sul campo" e per realizzarla c'è bisogno "di risorse adesso". Questi nuovi vaccini "sono il frutto di ricerche che erano già in corso. Quello di BioNTech-Pfizer, per esempio, è il risultato di studi che avevano come scopo quello di trovare nuove armi contro il cancro". E i vaccini con Adenovirus, quello di AstraZeneca e quello italiano di Reithera hanno alla base "una tecnologia sperimentata da tempo".

Ora si aspettano "nuovi dati sul vaccino di AstraZeneca che ha avuto qualche problema. I primi dati sul vaccino italiano dicono che è sicuro: resta da dimostrare l'efficacia, ma non sarà disponibile prima dell'estate". L'importante, però, è avere più vaccini a disposizione "perché da questo sembra discendere la possibilità di arrivare alla cosiddetta 'immunità di gregge'". È una "corsa contro il tempo con il virus che si diffonde sempre di più con le sue varianti e con i vaccini che gli stanno alle costole". Raggiungere l'immunità di gregge non è facile perché "non sappiamo quanto dura l'immunità. I dati suggeriscono che la malattia 'naturale' dia una protezione per quasi un anno. Il vaccino Oxford-AstraZeneca (quello con Adenovirus) la dà a sei mesi. Ma di fianco ai dati c'è la ragionevole speranza che i vaccini forniscano una protezione per almeno due anni". Su oltre un milione e ottocentomila vaccinati finora con il vaccino BionTHtech-Pfizer, "ci sono state 21 reazioni allergiche di una certa gravità (compresi gli shock anafilattici), ma tutte tenute sotto controllo" aggiunge. Mentre rispetto ai pazienti con malattie autoimmuni le più autorevoli società scientifiche, che si occupano di queste malattie, "dicono che il vaccino va fatto e non aggrava la malattia". Sulle donne in gravidanza "al momento non ci sono dati". Il messaggio in questa fase "è: scegliete voi a patto di essere ben informate".

Tiene banco intanto il tema tamponi: "Mi preoccupa un po' la discussione di questi giorni sui tamponi antigenici che dovrebbero entrare nella valutazione della circolazione del virus: abbiamo troppi dati per dire che i tamponi antigenici sono spesso falsamente negativi, per cui aumentare il denominatore dei tamponi fatti utilizzando un test non sempre attendibile e' pericoloso per valutare l'andamento dell'epidemia", ha sottolineato intervenendo ad "Agora'" su Raitre Massimo Andreoni, direttore scientifico della Societa' italiana di malattie infettive. Per Andreoni la terza ondata sarà collegata ai contagi di Natale:  "Spero e penso che i numeri dei contagi che vediamo siano la stabilizzazione di quello che è accaduto durante le vacanze di Natale, e questa è in parte la terza ondata", ha detto. "Se la vogliamo chiamare così - ha sottolineato - questa è già una terza ondata, anche se il termine non mi piace perché quello che vediamo e legato ai nostri comportamenti. E' un virus che sta circolando in misura maggiore o minore a seconda di come ci comportiamo: se ci atteniamo alle misure di contenimento i numero dei contagi scende un po', se non lo facciamo sale. Lo possiamo fare anche 20 volte, e quindi potremmo avere un numero di ondate indefinito". "Nei prossimi giorni - ha concluso l'esperto - assisteremo a una stabilizzazione dei casi. Sappiamo, infatti, che i dati dei positivi sono in ritardo di circa 2 settimane rispetto ai comportamenti che teniamo. Essendo oggi all'11 gennaio sono già passati oltre 14 giorni dal 25 dicembre, quindi dovremmo esserci".

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