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Venerdì, 29 Marzo 2024

Charlotte Matteini

Opinionista

Chiara Nasti esiste perchè noi la seguiamo

Ci risiamo: l’influencer Chiara Nasti è di nuovo al centro delle polemiche, per l’ennesima volta nel giro di poche settimane. Stando a quanto leggo sui giornali, è una modella influencer con 2 milioni di follower su Instagram e in attesa del primo figlio da un calciatore della Lazio. Fine. Stop. Non ho idea di cosa faccia davvero nella vita o per quale motivo sia seguita da milioni di persone su Instagram.  

Quello che so per certo, però, è che è solita finire al centro di infuocate polemiche per una serie di castronerie o insulti che proferisce attraverso quel palcoscenico digitale che l’ha resa famosa. Il meccanismo è molto semplice: Nasti non ama molto le critiche e replica spesso male a chi ha l’ardire di farle notare che ha espresso un concetto sbagliato o maleducato o pericoloso. Questa settimana è stata la volta di una ragazza che su Instagram si è chiesta per quale motivo facesse sorridere un bimbo di sei anni che dice “vaff@ncu”. “Ma maleducato perché? Io farei attenzione a parlare di chi non conosci. Se forse non lo sai, quel bimbo sta molto bene economicamente oltre ad essere molto ma molto sveglio. Magari un giorno sarà il tuo datore di lavoro e dovrai solo ringraziarlo. Ma imparate a campare su”, ha risposto piccata la Nasti. 

Tutto vero, non c’è trucco e non c’è inganno: Nasti ha veramente, e manco troppo velatamente sostenuto, che un bambino sboccato che sta molto bene economicamente potrebbe diventare un futuro datore di lavoro da ringraziare. Ora, non starò certo qui a fare un pippone sociologico sul classismo che traspare dal commento della Nasti, che forse considera realmente maleducati solo i bambini “poveri”, ma piuttosto vorrei soffermarmi su un altro aspetto di questa vicenda.  

Tutte le castronerie delle influencer

Chiara Nasti non è certo la prima volta che finisce al centro delle polemiche per delle considerazioni “sui generis”. Non è la prima e non sarà nemmeno l’ultima. E come lei, decine e decine di altre influencer hanno bucato la bolla di Instagram e sono finite su tutti i giornali nazionali proprio a causa delle castronerie dette pubblicamente sul social, arrivando a farsi conoscere, quanto meno di nome, al cosiddetto grande pubblico dei mass media.  

Giulia Torelli, Imen Jane, Francesca Mapelli: questi sono solo alcuni nomi di influencer che nel corso degli ultimi anni sono state ampiamente criticate per aver espresso posizioni oltremodo classiste o peggio. Eppure, la loro carriera di influencer non è finita per questo. Certo, alcune hanno perso qualche collaborazione, ma i danni sono stati decisamente minoritari rispetto al polverone che le loro dichiarazioni hanno suscitato. E perché? Perché, nonostante tutto, ancora oggi sono seguite da decine, centinaia di migliaia se non milioni di follower da tutta Italia e molte aziende ancora oggi sono disposte e ritengono saggio pagarle per sponsorizzare i propri prodotti o servizi, riconoscendo loro un potenziale pubblicitario maggiore rispetto a tv e stampa.  

Esistono perchè le seguiamo

Ecco, il problema è che se le varie Chiara Nasti e compagnia bella continuano a esistere e prolificare sui social e sui media in generale, è perché gli utenti continuano indefessamente a seguirle e i lettori continuano a leggere avidamente tutti gli articoli di gossip che parlano delle loro improvvide gesta. Sì, compreso questo. Non basta protestare contro l’influencer autrice dell’ultimo triviale commento del giorno e far finta di nulla il giorno successivo: per evitare che queste persone guadagnino anche dal cattivo esempio che esibiscono senza filtri sui social bisognerebbe smettere di seguirle e segnalare in massa il disappunto agli investitori che continuano a foraggiarne l'immagine attraverso le sponsorizzazioni. È l’unico modo per ridimensionarle. Allora sì che le aziende destinerebbero i propri soldi altrove, sia pur solo per contenere i danni di immagine, e queste influencer verrebbero davvero relegate nel dimenticatoio che meriterebbero.  

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