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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Come si decide se una regione diventa zona rossa, arancione o gialla

In che modo vengono combinati i 21 indicatori? E che ruolo ha l'indice Rt nel definire la classificazione delle zone a rischio? Ecco la guida dell'Osservatorio Cpi della Cattolica

Come funziona il “misterioso” algoritmo che definisce colori e zone in base alla criticità della pandemia? E su quali criteri viene stabilito l’eventuale declassamento di una regione da zona gialla a zona arancione o rossa? Se i 21 indicatori usati dall’Iss sono noti da tempo, a non essere ancora sufficientemente chiaro è il modo in cui di fatto avviene il processo di classificazione. L’Osservatorio sui Conti Pubblici guidato da Carlo Cottarelli ha realizzato una sorta di guida per districarsi in quello che è un processo decisionale molto complesso.

Perché l'indice Rt è così importante

Come funzionano in sostanza i 21 indicatori? E in che modo vengono combinati? Nella guida, semplificando molto, si fa presente che sono tre gli indicatori particolarmente importanti al fine di classificare una regione in zona gialla, arancione o rossa. Il più importante di tutti è l’indice di contagio, il famoso Rt, che stima quante persone sono contagiate in media da una singola persona. Quando l’Rt è inferiore ad 1, l’epidemia inizia a rallentare fino ad esaurire del tutto la sua spinta.

Ebbene, secondo l’Osservatorio Cpi, è sufficiente che l’indice Rt sia inferiore ad 1,25 affinché una regione venga considerata zona gialla, anche a prescindere dagli altri indicatori. Non solo. L’indice Rt – si legge nel documento dell’Osservatorio - serve “anche nella determinazione del ‘rischio’, ovvero dell’altro aspetto – oltre all’Rt stesso – che determina il colore di una regione”. Per quanto riguarda la determinazione del “rischio” ci sono poi altri due indicatori fondamentali, ovvero l’occupazione dei posti letto in area medica e terapia intensiva. Insomma, non tutti gli indicatori sono uguali e il processo che porta alla definizione delle varie aree è a tutti gli effetti molto (forse troppo) complesso.

I 21 indicatori e gli scenari di rischio

Intanto, va detto che gli indicatori sono divisi in tre gruppi (vedi la tabella in basso).

1) “capacità di monitoraggio” (dall’ 1.1 a 1.6);

2. La “capacità di accertamento diagnostico, indagine e gestione” (da 2.1 a 2.6)

3. La “trasmissibilità dei contagi e la tenuta dei servizi sanitari” (da 3.1 a 3.9) .

Nel primo gruppo viene analizzata la qualità dei dati e dei sistemi di sorveglianza.  

L’osservatorio Cpi spiega che “sembrerebbe trattarsi di una specie di test di ingresso per proseguire nella valutazione” anche se non è chiaro se e in che modo la mancanza o l’inattendibilità possa influire sul giudizio finale.

A questo punto è cruciale introdurre due concetti che a quanto pare sono fondamentali nella definizione di rischio. Il primo è la “probabilità di infezione/trasmissione“ del virus che secondo l’Osservatorio viene “valutata utilizzando gli indicatori dal 3.1 al 3.7 e pare, anche se non è esplicitamente indicato, quelli dal 2.1 al 2.6”.

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Il secondo concetto da tenere a mente è l’impatto e viene defiito come “la gravità della patologia con particolare attenzione a quella osservata in soggetti con età superiore ai 50 anni”. Sia la “probabilità di infezione/trasmissione” che l’impatto possono assumere, a seconda dei dati epidemiologici, quattro valori (molto basso, basso, moderato, alto) incrociando i quali si ottiene una prima definizione di rischio di una regione.

tabella rischio impatto coronavirus-2

Quando una regione finisce in zona rossa, gialla o arancione

Considerati gli indicatori di cui abbiamo parlato sopra, secondo l’Osservatorio per i Conti Pubblici, il colore di una regione è:

1. Rosso, se il rischio è alto e l’Rt maggiore di 1,5;

2. Arancione, se il rischio è alto e l’Rt compreso tra 1,25 e 1,5;

3. Giallo in tutti gli altri casi.

Quello della classificazione delle regioni è come si sarà notato un processo complicato che il governo ha descritto come “automatico” nel senso che avviene sulla base di dati scientifici. Va tuttavia rilevato che “la definizione delle soglie dei 21 indicatori non è giustificata in modo alcuno, tantomeno è descritto il processo che le ha determinate”. Si tratta in poche parole di scelte arbitrarie, basate su valutazioni discrezionali dei tecnici dell’Iss e del Ministero della Salute.

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