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Venerdì, 29 Marzo 2024
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"Così ci si può contagiare mentre si è in coda per un tampone"

L'Ats Milano e l'infettivologo Bassetti mettono in guardia da possibili rischi quando ci si reca a fare il test

Il virus colpisce dovunque e ci si può contagiare anche quando ci si trova in fila per fare il tampone. A sottolinearlo è Vittorio De Micheli, direttore dell'Ats di Milano: "Una delle cose che abbiamo visto anche in questa ultima stagione - ha detto De Micheli alla trasmissione Prisma di Radio Popolare - è che l'eccessiva fiducia nel tampone provoca dei paradossi. Le persone si fanno il tampone e poi continuano a uscire prima dell'esito, le persone paradossalmente si contaminano facendo la coda per avere il tampone". Mai abbassare la guardia dunque. Anche (e forse soprattutto) quando si va a fare il test per il coronavirus e il rischio di incontrare potenziali infetti non è trascurabile. 

Bassetti: "I tamponi vanno fatti solo quando serve"

Il pericolo di contagiarsi mentre si è in coda esiste anche per Matteo Bassetti, infettivologo del San Martino di Genova: "Occorre evitare il sovraccarico delle strutture che fanno tamponi" ha detto l'esperto all'AdnKronos. "C'è infatti una corsa a questi test: si va dal medico e gli si chiede di prescriverlo, ma così il dottore si trova tra l'incudine e il martello perché ha tante persone che chiedono la stessa cosa. Quindi occorre evitare di usare i tamponi quando non sono appropriati, altrimenti si creano file e attese. Pensiamo a tante persone che stanno 6-7 ore in coda, si crea un ambiente dove potrebbe avvenire un calo di attenzione nelle misure di prevenzione e se c'è un positivo ci può essere il rischio anche di potenziali contagi".

Bassetti: "Situazione inaspettata, ora è difficile tracciare tutti i contatti"

"È evidente che c'è stata una accelerazione improvvisa dei casi - osserva l'infettivolgoo - Una situazione inaspettata per certi versi, e ora diventa molto difficile tracciare tutti i contatti. Immaginiamo che ci sono città che hanno ogni giorno 500-1000 nuovi casi, e se per ognuno ci sono 10 persone di contatto, il tracciamento diventa molto difficile perché c'è bisogno di personale sanitario e in molte situazione manca. Così il 'contact tracing' viene meno. Serve quindi una responsabilità forte dei cittadini - ricorda Bassetti - chi ha avuto contatti diretti, per più di 15 minuti, con casi positivi si deve quarantenare. È importante, ci vuole la responsabilizzazione del cittadino, a prescindere dalle decisioni delle autorità sanitarie".

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