Contagi in calo? Sì, ma oggi si fanno meno tamponi
La Fondazione GIMBE parla di "un’ingiustificata riduzione dei casi testati" e spiega che a differenza che nella prima ondata "la discesa della curva sarà molto lenta". E se è vero che i ricoveri sono in calo, "il Paese si presenta come un paziente con 'quadro clinico' ancora molto grave e instabile"
I contagi calano? Sì, ma anche i casi testati sono molto meno rispetto al periodo di picco della seconda ondata. È quanto viene sostanzialmente rilevato nell'ultimo report della Fondazione GIMBE riferito alla settimana 2-8 dicembre. Rispetto alla settimana precedente si registra una flessione dei nuovi casi (136.493 vs 165.879), a fronte di una riduzione di oltre 121 mila casi testati (551.068 vs 672.794) e di una sostanziale stabilità del rapporto positivi/casi testati (24,8% vs 24,7%). Calano del 5,4% i casi attualmente positivi (737.525 vs 779.945) e, sul fronte degli ospedali, diminuiscono sia i ricoveri con sintomi(30.081 vs 32.811) che le terapie intensive (3.345 vs 3.663); in lieve riduzione anche i decessi (4.879 vs 5.055).In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 4.879 (-3,5%)
- Terapia intensiva: -318 (-8,7%)
- Ricoverati con sintomi: -2.730 (-8,3%)
- Nuovi casi: 136.493 (-17,7%)
- Casi attualmente positivi: -42.420 (-5,4%)
- Casi testati -121.726 (-18,1%)
- Tamponi totali: -142.105 (-10,1%)
“Anche questa settimana – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE –si confermano evidenti segnali di rallentamento del contagio quali la riduzione dell’incremento percentuale dei casi totali (8,4% vs 11,4% a livello nazionale, registrata anche in tutte le Regioni) e del numero dei nuovi casi settimanali, ma l’effetto non è dovuto solo alle misure introdotte”. E si perché la Fondazione Gimbe mette in evidenza come il rapporto positivi/casi testati sia rimasto sostanzialemente stabile.
E soprattutto, viene evidenziato, "si registra un’ingiustificata riduzione di oltre 121 mila casi testati (-18,1%), che solo in 5 Regioni aumentano rispetto alla settimana precedente".
Gimbe: "L'effetto delle misure è sovrastimato, oggi si fanno meno test"
Perché dunque si fanno meno tamponi? E soprattutto: è giustificata la soddisfazione per il rallentamento dei nuovi casi? Secondo Cartabellotta, "da questi numeri emergono tre ragionevoli certezze: innanzitutto che le misure introdotte hanno frenato il contagio; in secondo luogo che l’effetto delle misure sull’incremento dei nuovi casi è sovrastimato da una consistente riduzione dell’attività di testing; infine che, a invarianza di misure restrittive, la discesa della curva sarà molto lenta, certo non paragonabile a quella della prima ondata”.
“La riduzione del bacino degli attualmente positivi – continua il Presidente – è lenta, modesta, oltre che sovrastimata dalla notevole riduzione di tamponi e casi testati delle ultime settimane”.
Infatti, dal record di 124.575 casi testati in media al giorno della settimana 4-11 novembre, in quella 2-8 dicembre si è registrato un decremento del 36,8% (-45.851 casi testati/die). Meno evidente la riduzione dei tamponi totali, passati da una media di 214.187/die della settimana 12-18 novembre ai 179.845 della settimana 2-8 dicembre, con un calogiornaliero medio di 27.907 tamponi (-13,4%).
Calano i ricoveri, ma "il quadro clinico resta grave e instabile"
Se le misure di mitigazione hanno allentato la pressione su ricoveri e terapie intensive che hanno superato il picco e iniziato una lenta fase discendente, la soglia di occupazione per pazienti COVID continua a rimanere oltre il 40% nei reparti di area medica e del 30% nelle terapie intensive in 15 Regioni . La curva dei decessi comincia a salire in maniera meno ripida.
"Con questi numeri – spiega Cartabellotta – il Paese si presenta come un paziente con “quadro clinico” ancora molto grave e instabile che, superata la fase acuta(picco di contagi e di pazienti ospedalizzati), inizia a mostrare i primi segni di miglioramento grazie alle terapie somministrate. Ma la prognosi rimaneriservata e, per essere sciolta, richiede una rigorosa e prolungata “compliance” a tutte le misure individuali, al distanziamento sociale ealle restrizioni imposte da Governo e Regioni".
"Siamo in una fase estremamente delicata dell’epidemia – ribadisce Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE –per almeno tre ragioni: innanzitutto con oltre 700 mila attualmente positivi è impossibile riprendere il tracciamento dei contatti; in secondo luogo, ci attendono lunghi mesi invernali che favoriscono la diffusione di tutti i virus respiratori; infine, sino a metà gennaio non sapremo se l’impatto dell’influenza sarà, come auspicato, più contenuto rispetto alle stagioni precedenti. In tal senso, arrivare a quel momento con gli ospedali saturi potrebbe avere conseguenze disastrose per la salute e la vita delle persone".
"Altri due elementi – conclude Cartabellotta –completano la tempesta perfetta che rischia di innescare la terza ondata. Alla vigilia delle festività natalizie, tutte le Regioni si avviano a diventare gialle, un colore che non deve essere letto come un via libera, ma impone il rispetto di regole severe per impedire assembramenti e ridurre al minimo i contatti sociali tra persone non conviventi. Infine, l’auspicato e (speriamo) imminente arrivo del vaccino non deve costituire un alibi per abbassare la guardia: nella più ottimistica delle previsioni, infatti, un’adeguata protezione a livello di popolazione potrà essere raggiunta solo nell’autunno 2021 con una massiccia adesione delle persone alla campagna di vaccinazione".