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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Coronavirus, il 100 per 100 dei malati sviluppa anticorpi: è la tanto attesa "buona notizia"

E' quel che emerge da uno studio cinese della Chongqing Medical University. L'articolo mostra che "285 su 285 (100%) pazienti con Covid-19 sviluppano IgG contro Sars-CoV-2 entro 19 giorni dall'inizio dei sintomi clinici", riassume dalla Emory University Guido Silvestri

Del virus Sars-Cov-2 sappiamo ancora relativamente poco, non si può dimenticare che fino a pochi mesi fa era totalmente sconosciuto e alla scienza serve tempo. Non ci sono ancora prove scientifiche definitive che le persone che sono guarite dal Covid-19 abbiano anticorpi che proteggono da una seconda infezione. Ma c'è sempre più ottimismo in tal senso. "Seppure in quantità variabili, i pazienti guariti da Covid-19 producono anticorpi contro il virus. Questo è bene perché rende affidabile la diagnosi sierologica e, se gli anticorpi fossero proteggenti, promette bene per l'immunità". Secondo il celebre virologo Roberto Burioni, che lo annuncia su Twitter, è una "buona notizia" quella che arriva da uno studio cinese su 'Nature Medicine', firmato da un gruppo di scienziati della Chongqing Medical University.

Che cosa si legge in questi articolo sulle reazione anticorpale? L'articolo mostra che "285 su 285 (100%) pazienti con Covid-19 sviluppano IgG contro Sars-CoV-2 entro 19 giorni dall'inizio dei sintomi clinici", riassume dalla Emory University di Atlanta Guido Silvestri. Gli autori, si legge ancora nello studio, segnalano "risposte anticorpali acute a Sars-CoV-2 in 285 pazienti con Covid-19", su 285 arruolati. "Entro 19 giorni dall'esordio dei sintomi, il 100% dei pazienti è risultato positivo all'immunoglobulina G (IgG) antivirale", il tipo di anticorpo normalmente responsabile della protezione a lungo termine contro un agente microbico. "La sieroconversione per IgG e IgM si è verificata contemporaneamente o in sequenza. Entrambi i titoli" anticorpali "di IgG e IgM hanno raggiunto il plateau entro 6 giorni dalla sieroconversione".

Niente di definitivo, ma secondo gli autori per ora se ne può dedurre che "i test sierologici possono essere utili per la diagnosi di pazienti sospetti" Covid "con risultati Rt-Pcr (tamponi, ndr) negativi e per l'identificazione di infezioni asintomatiche". Il test usato in questo lavoro, precisa Silvestri in un lungo commento su Facebook, "usa come antigeni la nucleoproteina di Sars-CoV-2 e un peptide della spike", la proteina-arpione attraverso cui il nuovo coronavirus aggancia nelle cellule bersaglio. "Lo studio è importante - continua Silvestri, ce è co-fondatore con Burioni del Patto trasversale per la scienza - in quanto conferma che il nostro sistema immunitario monta una risposta anticorpale contro il virus. Risposta che con tutta probabilità, basandosi sui precedenti di Sars-1 e Mers, oltre che sui modelli animali di infezione da coronavirus, protegge dalla reinfezione o almeno dal ritorno della malattia. Come detto molte volte - precisa Silvestri - ancora non possiamo sapere quanto dura questa risposta (vi prego, non mi chiedete 'perché non lo possiamo sapere?'), ma i precedenti con virus simili suggeriscono che dovrebbe durare almeno 12-24 mesi".

E' di ieri la notizia che in Corea del Sud le 260 persone che risultavano "re-infettate" dopo un tampone negativo stavano solo eliminando materiale virale, che invece veniva rilevato dai successivi tamponi come se il virus fosse ancora presente nel loro organismo.

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