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Venerdì, 29 Marzo 2024
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L'errore da non ripetere nella seconda ondata

Cartabellotta (Gimbe): "Non aspettare il peggioramento importante dei numeri prima di prendere decisioni. Non vorrei che spostassimo tutte le responsabilità di un aumento dei contagi sui comportamenti dei cittadini. La parte sanitaria, quella dei tamponi, tracciamento e isolamento dei positivi, non è mai stata potenziata come dovrebbe"

La situazione deve essere monitorata settimana dopo settimana, ma i numeri non mentono mai. "Da luglio ad oggi i casi settimanali sono aumentati di oltre 10mila. Siamo nella fase di circolazione endemica del virus con crescita lineare dei nuovi casi. Con l'aumento progressivo dei casi aumentano anche ospedalizzazioni e terapie intensive. L'errore da non ripetere è quello di aspettare il peggioramento importante dei numeri prima di prendere decisioni". Parola di Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che è intervenuto ai microfoni della trasmissione "L'imprenditore e gli altri" su Cusano Italia Tv. "Non vorrei che spostassimo tutte le responsabilità di un eventuale aumento dei contagi sui comportamenti dei cittadini. Oggi il vero problema è non mandare in tilt il sistema di tracciamento territoriale".

Cartabellotta: "Il problema non sarà la carenza di posti in terapia intensiva"

Cartabellotta sottolinea anche come il problema reale "non sarà la carenza di posti letto in terapia intensiva, ma di personale". E' da fine luglio che le cose in Italia hanno cominciato inesorabilmente a peggiorare. "Fino alla terza settimana di luglio - ha calcolato il presidente della fondazione Gimbe - viaggiavamo su una media di 1400 nuovi casi settimanali, quindi mediamente 200 al giorno, poi la curva ha iniziato a salire ed è arrivata fino ai 12414 casi della settimana dal 23 al 29 settembre. Dal 30 settembre al 4 ottobre questa cifra è stata già superata. Quindi oggi siamo nella fase che si chiama di circolazione endemica del virus con crescita lineare dei nuovi casi. Dei casi attualmente positivi, il 95% è in isolamento domiciliare, il 4,5% ricoverati con sintomi e lo 0,5% in terapia intensiva. Però questo trend dei casi attualmente positivi che partiva da 12mila a fine luglio, adesso è arrivato a 57429".

La crescita graduale dei ricoverati 

Bisogna sempre tenere a mente che "quando gli asintomatici contagiano le persone fragili incrementano anche i numeri negli ospedali. A fine luglio avevamo 40 pazienti in terapia intensiva, oggi ne abbiamo 303. Gli ospedalizzati erano 732 e sono ora 3287. E' una crescita graduale e progressiva". "L'errore da non ripetere è quello di aspettare il peggioramento importante dei numeri prima di prendere decisioni. Dobbiamo giocare d'anticipo contro il virus. Una delle cose che è stata trascurata nella fase iniziale, ma anche in quella di riapertura, è che il virus è in vantaggio su di noi di almeno 3 settimane. Questo vuol dire che i nostri comportamenti odierni, sia quelli virtuosi sia quelli dissennati, si riflettono sui numeri dopo 3 settimane. Se domani mattina mettiamo delle restrizioni, gli effetti li vediamo dopo 3 settimane. Questo ci ha portato a rincorrere sempre il virus. Bisogna essere tempestivi e non ripetere gli errori di sistema che abbiamo commesso"

Sulle misure introdotte dal nuovo dpcm, Cartabellotta spiega: "l'obbligo di mascherina all'aperto credo che in questo momento sia logico, per tutti i problemi legati ai vari assembramenti che si verificano fuori le scuole piuttosto che di fronte ai locali. A me piacerebbe che ci fosse un piano omogeneo e coerente, perché mi sembra assurdo che ci sia assembramento sui mezzi pubblici perché non riusciamo ad ampliare le corse degli autobus. Non vorrei - ha aggiunto - che spostassimo tutte le responsabilità di un eventuale aumento dei contagi sui comportamenti dei cittadini. La parte sanitaria, quella dei tamponi, di tracciamento e di isolamento dei positivi, non è mai stata potenziata come dovrebbe. Oggi il vero problema è non mandare in tilt il sistema di tracciamento territoriale, se questo salta è evidente che rischiamo un sovraccarico che poi finisce per aumentare la mortalità".

Le terapie anti-Covid non danno certezze

Riguardo alle terapie contro il covid le notizie, a dirla tutta, sono in chiaroscuro. "Purtroppo, a fronte di un grande impegno della comunità scientifica internazionale, oggi abbiamo ancora poche ragionevoli certezze sulle terapie. Dobbiamo capire su che cosa funzionano queste terapie. Funzionano sulla mortalità, sulla riduzione della ventilazione meccanica, sui ricoveri ospedalieri? Una terapia non è importante soltanto che sia efficace, bisogna dire anche su cosa è efficace. I cortisonici nei pazienti che hanno bisogno di ossigeno - spiega - sono efficaci nella riduzione della mortalità e nella riduzione della ventilazione meccanica. Poi ci sono tanti farmaci anti-virali che vengono utilizzati, il più noto è il Remdesivir, che comincia ad avere qualche beneficio anche sulla mortalità, nettamente inferiore a quelli del cortisone, ma sempre in pazienti che richiedono ossigeno".

Quattro scenari per la seconda ondata in Italia: che cosa dobbiamo aspettarci 

Infine, per quanto riguarda i posti letto in terapia intensiva, "noi avevamo, prima della pandemia, circa 5-6mila posti letto, poi sono stati potenziati fino ad oltre 8mila. Ora c'è un ulteriore piano di potenziamento. Il problema è che si ragiona molto sui posti letto in terapia intensiva, ma il problema è anche legato al personale. Noi purtroppo - aggiunge - abbiamo carenza di specialisti: anestesisti, degli infermieri esperti in terapia intensiva. Questo purtroppo è frutto dei tanti tagli nella sanità che sono stati fatti negli scorsi decenni. Attenzione, perché il problema reale non sarà di disponibilità di posti letto, bensì di personale. Dobbiamo definire il fabbisogno di personale in maniera programmatica e poi stabilire quanti medici, quanti specialisti e quanti infermieri occorrono. Il messaggio è: per ogni laureato in medicina ci deve essere una borsa di studio già garantita".

Conte: "Noi abbiamo deciso di tutelare la salute e la vita dei cittadini"

"Noi abbiamo deciso di tutelare la salute e la vita dei cittadini, convinti che così facendo avremmo potuto preservare anche il tessuto economico. Abbiamo fatto tutti gli sforzi possibili per poter intervenire ma ci sono ancora persone in forte sofferenza" ha detto il premier Giuseppe Conte a 'Sette storie' su Rai1. La gestione dell'epidemia, ha detto ancora, "è stata molto difficile, ci sono stati dei giorni, all'inizio, in cui eravamo gli untori d'Europa ed ero preoccupatissimo perchè immaginavo il danno di immagine" se fosse andata avanti quella situazione. "Sono stati momenti molto difficili".

Ora il governo è chiamato a gestire una fase meno complicata e tragica, ma altrettanto delicata: serviranno idee chiare, e servirà saperle comunicare bene.

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