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Venerdì, 19 Aprile 2024
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La quarantena 'fai da te' degli italiani a Londra: "Lockdown in ritardo, noi a casa già da giorni"

Il premier britannico Boris Johnson ha ordinato il lockdown, ma in netto ritardo rispetto all'Italia e agli altri Paesi europei coinvolti nell'emergenza coronavirus. La testimonianza di Claudia, 34enne romana, che da 8 anni vive e lavora nella capitale inglese

Il termine è inglese, eppure ad adottarlo per primi sono stati gli italiani. Lockdown. L'Italia è chiusa dal 9 marzo - con misure ancora più restrittive introdotte dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte domenica 22 - per fronteggiare l'emergenza coronavirus che, oltre ad aver provocato la morte di migliaia di persone (6.820 ad oggi), sta mettendo in ginocchio il sistema sanitario e l'economia del nostro Paese. 

Italiani in quarantena, ma non solo quelli che vivono all'interno dei confini nazionali. A seguire il 'modello Italia', da circa una settimana preso come esempio da Francia e Spagna, dove cresce di giorno in giorno il numero dei contagi insieme a quello dei decessi - e dagli Stati Uniti, andando oltreoceano - sono anche i nostri connazionali residenti nel Regno Unito, dove solo nella tarda serata di ieri, lunedì 23 marzo, il premier Boris Johnson ha annunciato il tanto auspicato lockdown

Un importante cambio di marcia rispetto alle sue dichiarazioni di qualche settimana fa, quando sbandierava la scellerata strategia dell'immunità di gregge, anche se la decisione di fermare tutto è arrivata decisamente in ritardo rispetto agli altri Paesi europei coinvolti nell'emergenza. Una situazione "paradossale" la definisce Claudia, 34enne romana che da 8 anni vive e lavora a Londra. Un biglietto solo andata per la City in tempi 'non sospetti', quando la Brexit era appena un embrione che aspettava di crescere nella pancia dei più conservatori, e il 'solito' primo impiego da runner in un locale che è riuscita in poco tempo a sfruttare a suo favore. Oggi Claudia è capo sommelier in uno dei ristoranti più cool del centro, ma da oltre una settimana è a casa, per decreto, perché fino a ieri le uniche attività chiuse da Johnson erano ristoranti, pub e palestre, ma anche per scelta, perché come tanti italiani che vivono lì si sente più sicura ad ascoltare il suo Paese che quello che la ospita. 

Coronavirus, a Londra "non esiste la quarantena"

"Sono a casa da una settimana perché il mio ristorante ha chiuso, come tutti, ma sono contenta perché la situazione è di emergenza - racconta, raggiunta al telefono da Today - Da 40 ore settimanali sono passata a 20, poi la decisione del Governo di chiudere, ma solo ristoranti, pub e palestre e soltanto pochi giorni fa. Non sono stata licenziata, ma con il locale chiuso guadagnerò il minimo salariale e sono pochi soldi". E' tanta la preoccupazione ma anche la rabbia: "Non è stato seguito l'esempio degli altri Paesi, a partire dall'Italia. Io da settimane vedo cosa sta accadendo, sento la mia famiglia e i miei amici chiusi in casa, e come tutti gli italiani che vivono qui sono preoccupata. Sono giorni che non esco perché ho paura, ma qui la gente non è stata allertata abbastanza. Non esiste la quarantena, il lockdown è arrivato solo adesso".

Finora soltanto raccomandazioni da parte di Johnson, ma nessuna indicazione precisa, lasciando i cittadini allo sbando, come spiega ancora Claudia: "Quattro giorni fa hanno chiuso per decreto ristoranti, pub e palestre, nient'altro. Le persone quindi continuavano a uscire e se non potevano più andare al pub andavano nei parchi a bere vino e birra, approfittando del sole che c'è in questi giorni a Londra, cosa rarissima".

Coronavirus, lockdown a Londra: "Una decisione arrivata in ritardo"

"Fino a ieri non c'è stata una linea guida del Governo - continua - Ogni giorno dicevano che stavano aspettando di capire se le misure prese stavano portando a dei miglioramenti. Ma quali misure? L'Italia è in quarantena da più di 15 giorni, Francia e Spagna da una settimana, e miglioramenti non ce ne sono. Qui domenica i parchi erano pieni di gruppi a fare il pic nic". Adesso il lockdown, ma ci vorrà più di qualche giorno per capire se ci sarà un prezzo da pagare per questo ritardo e quale sarà: "Ora finalmente Johnson ha preso una decisione e ha dato delle regole. Io ero a casa già da una settimana, come altri italiani. Gli inglesi cercavano di capire cosa fare guardando gli altri Paesi, senza direttive del Governo. Finalmente queste direttive sono arrivate, ma sicuramente perché gli saranno arrivati dei bollettini di guerra, numeri sulla crescita dei morti e dei contagiati che non si potevano più ignorare. Non bastavano più i consigli, come quello di autoisolarsi in caso di sintomi. Dovevano arrivare misure più importanti e sono arrivate, ma in ritardo. Siamo rimasti indietro dal resto d'Europa. Se è una pandemia globale, perché un Paese lo fa prima e uno dopo? Se si fa tutti insieme ha senso, altrimenti quando ripartiamo?".

Domande a cui qualcuno dovrebbe dare una risposta, soprattutto perché oggi, più che mai, tutto il mondo è Paese. O quasi. 

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