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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Coronavirus, il militare che trasportò le vittime di Bergamo: "Quelle bare fanno parte di me. La gente continua a non capire"

Tomaso Chessa, uno dei militari alla guida dei mezzi dell'esercito utilizzati per trasferire le salme dalla città lombarda, ha scritto un lungo e commovente post per ricordare quelle vittime: ''C'ho messo l'anima, vorrei conoscere le loro famiglie''

Era la notte tra il 18 e il 19 marzo scorsi, quando un corteo di mezzi militari sfilava tristemente per le vie di Bergamo, trasportando le salme delle persone decedute nella città lombarda a causa del nuovo coronavirus. In quel momento, con la pandemia che ancora doveva raggiungere il picco, i morti erano troppi per il cimitero maggiore, con i militari che sono stati costretti a trasferirle altrove, anche fuori dalla Lombardia. Un'immagine che ha fatto il giro del mondo, mostrando una ferita enorme, uno squarcio nei cuori dei cittadini bergamaschi e di tutta Italia. 

Dalla notte di quel terribile corteo sono passati quasi due mesi, la curva epidemica ha iniziato lentamente a scendere ed è partita la cosiddetta fase 2. Ma c'è qualcuno che non ha dimenticato quel viaggio e soprattutto i suoi passeggeri. Si tratta di Tomaso Chessa, un militare sardo che era alla guida di uno dei mezzi dell'esercito trasformati in carri funebri a causa dell'emergenza coronavirus. Un “Caronte” moderno che si è trovato, suo malgrado, a dover fare la spola tra Bergamo e i forni crematori disponibili, in alcuni casi anche lontano dalla regione lombarda. 

Il militare ha affidato al suo profilo Facebook un pensiero per quelle persone: "Quelle bare fanno parte di me, c'ho messo l'anima: vorrei un giorno conoscere i parenti di quei defunti. Ma la gente continua a non capire,  facile dire qua non siamo a Bergamo".

Chessa ha scritto un lungo e commovente post sul suo profilo, un post che nel giro di qualche giorno ha raccolto centinaia di commenti:  "Termina la fase uno…. che dire? Forse la gente non si rende conto, non ha materialmente avuto il tempo di percepire la realtà. Io vi dico la mia, anche se sono cosciente di non rendere (per fortuna l'idea)''

"Tu guidi – prosegue il post - scambi due chiacchiere con il collega alla parte opposta della cabina, ma quando per forza di cose, per un istante il silenzio rompe tua routine, il tuo pensiero si posa su di loro, realizzi che dentro quel camion non siamo in due, ma in sette…. cinque dei quali affrontano il loro ultimo viaggio… e si…. l'ultimo…. ti rendi conto di essere la persona sbagliata, o meglio, qualcuno doveva essere al posto tuo ma purtroppo non può… tocca a te…. ed è li che sentì addosso quella grande responsabilità, qualcosa che ti preme dentro, ogni buca, ogni avvallamento sembra una mancanza di rispetto nei loro confronti... poi arrivi lì alla fine del tuo viaggio, dove ti ritrovi ad abbandonare "il tuo carico", oramai fa parte di te, come se ti togliessero una parte di cuore, ed è li che cerchi di capire l'identità del tuo compagno di viaggio… cosa difficilissima, delle otto persone che personalmente ho accompagnato, l'unico dei quali sono riuscito a risalite alla sua identità è il Signor Guerra classe 1938. Pagherei oro per conoscere tutti i parenti delle otto persone e potergli dire che nonostante il contesto non avrebbero potuto fare un viaggio migliore….''

''La cosa che mi dispiace di più, nonostante questo, amici e famigliari, continuano a non rendersi conto che tutto questo non è uno scherzo, la gente muore, chi non muore soffre, facile dire qua non siamo a Bergamo… Bene, abbiate la coscienza ed il buon senso di tutelare i nostri cari che hanno la fortuna di vivere in posti più sicure, ma non dimenticate che sbagliare è un attimo...
Spero un giorno di poter conoscere i cari dei miei compagni del loro ultimo viaggio – conclude il militare - ma se cosi non fosse sappiano che c'ho messo l'anima!''.

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