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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Coronavirus, perde la zia e il giorno dopo si laurea in medicina: "Pronto a dare una mano"

La storia di Riccardo, 26enne di Lecce: "Donerò ai miei pazienti quella carezza che avrei voluto fare a lei"

Ha perso la zia, malata di coronavirus, il giorno prima di discutere la tesi di laurea in medicina all'Università di Foggia. Ma Riccardo, giovane medico di 26 anni, non si è perso d’animo. Anzi. Per lui il lutto è stata un'ulteriore spinta a tagliare il traguardo ed iniziare la sua missione.

"Questa perdita è avvenuta proprio il giorno prima che discutessi la tesi - racconta il giovane a Veronica Valente di LeccePrima - ma insieme alla scomparsa dei miei nonni, non ha fatto altro che rafforzare la mia volontà di aiutare il prossimo a soffrire meno, a vivere dignitosamente. Sarà una sfida alla quale non mi sottrarrò mai".

La discussione non è stata proprio come se la immaginava. I parenti e gli amici non erano con lì di persona e hanno potuto complimentarsi con lui solo attraverso uno schermo. Poco male. "Sono pronto ad arruolarmi e a dare il mio contributo in questa guerra" dice il 26enne. Ti senti preparato? Non hai paura? "Sicuramente, alla fine di questo percorso non abbiamo le competenze cliniche e pratiche di cui ci sarebbe bisogno - ammette il 26enne -, ma potremmo offrire un valido aiuto nello sgravio di altre attività, più semplici, ai quali i medici sono comunque sottoposti quotidianamente".

Per Riccardo fare il medico non è solo salvare vite, "ma soprattutto trasmettere fiducia e speranza, anche con semplici gesti, un sorriso, una carezza... quella carezza che avrei voluto fare a mia zia". Il giovane racconta un episodio toccante: "Mia cugina, un giorno ha chiesto telefonicamente a un’infermiera di farle una carezza. Ho provato un grande senso di impotenza".

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L'amarezza di Riccardo: "Mia zia è morta sola, senza un conforto"

"Mia zia - dice Riccardo - era una donna dolce, generosa, simpatica. Era la mia madrina e le ero molto legato. Aveva da poco compiuto 71 anni ed era malata di Alzheimer, una di quelle malattie che si manifesta all’improvviso, senza dare molte avvisaglie e che, purtroppo, non fa perdere solo la memoria, ma anche la dignità di poter compiere piccoli gesti quotidiani. Era ricoverata in una casa protetta tra le più rinomate di Torino dove, a partire dal 10 marzo, a causa dell’emergenza dovuta al Covid-19, sono state negate le visite ai parenti".

"La situazione - racconta ancora il giovane - è precipitata una settimana dopo, quando hanno comunicato a mio zio del ricovero nell’ospedale Mauriziano a causa di febbre alta, disidratazione e problemi respiratori. Risultata positiva al tampone, è stata sottoposta a terapia con antibiotici e ossigeno. Da infettivologia è stata poi trasferita in un altro reparto, ma non è stata neppure intubata, e dopo dodici giorni di coma ha perso la sua battaglia. Lì, da sola, senza punti di riferimento, senza un conforto, senza una voce che potesse sussurrarle frasi rassicuranti".

Quando è stata l’ultima volta che l’hai vista? "A Pasqua dello scorso anno, quando sono andato a trovarla a Torino. Mi aveva riconosciuto. Non dimenticherò la nostra passeggiata nel parco della clinica: si sorprendeva come fosse una bambina degli alberi e dei fiori e della vasca con i pesci rossi. Ho provato una grande commozione...". 

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