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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Coronavirus: l'epidemia frena meno del previsto?

Se è vero che come ripetono i virologi la curva dei decessi sarà l'ultima a scendere, arrivano dati non troppo confortanti dal tasso di positività dei tamponi (sostanzialmente stabile da 10 giorni). In aumento oggi gli ingressi in terapia intensiva, continua il calo dei ricoverati con sintomi. L'analisi del bollettino

Sono 16.999 i contagi registrati nelle ultime 24 ore su un totale di 171.586 tamponi analizzati (diagnostici e di controllo). Ieri erano stati registrati 12.756 nuovi casi, ma su un numero di test decisamente inferiore: 118.475. Il rapporto positivi/tamponi scende così dal 10,8 al 10% (per essere precisi oggi si attesta al 9,90%). Se prendiamo il dato di una settimana fa (giovedì 3 dicembre) ci accorgiamo di come il numero dei nuovi positivi sia diminuito (16.999 contro 23.225), ma al tempo stesso è calato sensibilmente anche il numero dei test (erano stati oltre 226mila). Un trend che va avanti già da qualche giorno. Perché si eseguono meno tamponi? Se lo chiede oggi anche la Fondazione GIMBE, la quale rileva che nella settimana tra il 2 e l’8 dicembre è stata registrata “un’ingiustificata riduzione di oltre 121 mila casi testati (-18,1%), che solo in 5 Regioni aumentano rispetto alla settimana precedente". 

Secondo Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione indipendente, "l’effetto delle misure sull’incremento dei nuovi casi è sovrastimato da una consistente riduzione dell’attività di testing” e in ogni caso “la discesa della curva sarà molto lenta, certo non paragonabile a quella della prima ondata".

Quello dei tamponi, e in particolare dei casi testati, è dunque un trend da tenere d’occhio. Così come è da tenere d’occhio il tasso di positività dei tamponi che è ormai sostanzialmente stabile da una decina di giorni. Ci si aspettava (o forse si auspicava) una discesa più rapida di questo parametro, un indicatore fondamentale per capire quanto è efficace la nostra capacità di testing.   

 Tornando al dato sui contagi, come fa notare Lorenzo Ruffino su Twitter, se prendiamo i casi registrati tra lunedì e giovedì, la  variazione rispetto alla media delle ultime quattro settimane è pari al -47%, mentre il numero dei tamponi (diagnostici e di controllo) è sceso del 31%.

Casi tra lunedì e giovedì:

  • Questa settimana: 58.317
  • Una settimana fa: 79.661
  • Due settimane fa: 101.018
  • Tre settimane fa: 130.003
  • Quattro settimane fa: 131.308

Il dato di decessi, ricoveri e terapie intensive

Se la curva dei contagi scende, altrettanto non si può dire di quella dei decessi che oggi tornano a salire con 887 morti in 24 ore.

Se confrontiamo il numero dei morti registrati tra lunedì e giovedì con quello delle scorse settimane un leggero calo c’è. Ma è inutile dire che siamo ancora di fronte a veri e propri bollettini di guerra.

Decessi tra lunedì e giovedì

  • Questa settimana: 2.548
  • Scorsa settimana: 3.134
  • Due settimane fa: 3.027
  • Tre settimane fa: 2.641
  • Quattro settimane fa: 2.195

Ad ogni modo la variazione rispetto alla media delle ultime quattro settimane è pari al -7 %. Difficile dire se il dato di oggi (887) sia stato determinato dai soliti ritardi delle regioni ad inviare i dati, come fu per il “record” di 993 vittime dello scorso 3 dicembre (in quel caso la Lombardia aveva comunicato 128 decessi relativi ad oltre una settimana fa). Così come è difficile spiegare perché il numero degli ingressi nelle terapie intensive è molto più alto che nei giorni scorsi.

Ingressi in terapia intensiva

  • 10 dicembre 251
  • 9 dicembre 152
  • 8 dicembre 192
  • 7 dicembre 144
  • 6 dicembre 150
  • 5 dicembre 192
  • 4 dicembre 201
  • 3 dicembre 217

Guardando ai dati delle regioni, si nota come la Lombardia abbia segnalato oggi 62 ingressi contro i 24 di ieri e i 26 dell’8 dicembre. Ma anche il Veneto che ieri registrava solo 14 ingressi, oggi ne fa segnare 42. Solo un problema di comunicazione o invece il segnale di un’inversione di tendenza? La prima ipotesi è quella più probabile se pensiamo che il numero dei pazienti nei reparti in condizioni critiche è in calo costante ormai da due settimane.

La buona notizia del giorno è il calo, questo sì significativo, dei ricoverati con sintomi (-575), mentre il saldo tra ingressi e uscite nei reparti di TI è pari a -29. Resta il fatto che come fa notare oggi GIMBE la soglia di occupazione per pazienti COVID continua a rimanere oltre il 40% nei reparti di area medica e del 30% nelle terapie intensive in 15 regioni.

Coronavirus: perché Rt non cala più in Lombardia?

Guardando ai trend nei singoli territori, dalla Lombardia arrivano segnali in controtendenza. Come fa notare Roberto Battiston, fisico e presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), da una decina di giorni nella regione l’indice Rt, ha smesso di scendere. Dopo aver raggiunto intorno al 25 novembre il valore minimo dall’inizio dell’autunno, sotto 0.7, l’indice Rt continua ad oscillare attorno a 0,8 mentre in molte altre regioni continua a scendere verso valori più bassi. Arturo Artom, ingegnere e fondatore di Confapri e lo stesso Battiston ne hanno parlato oggi al "Corriere della Sera" analizzando i numeri della seconda ondata. Secondo i due studiosi, la ripresa del contagio di ottobre è slegata dai comportamenti estivi, mentre andrebbe collegata alla riapertura degli uffici e alla ripresa dell’attività scolastica, con il conseguente affollamento sui mezzi pubblici.

Intorno al 23 ottobre la curva cambia in modo drastico e l’indice Rt in tutte le regioni italiane, con poche differenze, torna a scendere. 

Dal 27 novembre però si vede chiaramente l’arresto della discesa dell’Rt. Come mai? Che cosa è successo? Possiamo solo fare ipotesi, con i dati a disposizione. Ma Artom e Battiston si domanda se le nuove misure di novembre possano aver avuto avuto addirittura effetti controproducenti. In che senso?

Costringere gli abitanti di città medio-grandi entro i confini dei propri comuni può aver in qualche modo favorito nuovi contatti o assembramenti tali da determinare una ripresa del contagio.

Massimo Galli: "Senza precauzioni la terza ondata è scontata"

Intanto si moltiplicano gli appelli alla prudenza da parte dei camici bianchi in viste delle feste natalizie. C'è "un problema più serio" rispetto al dibattito sullo stop alla mobilità tra i Comuni, dice l'infettivologo Massimo Galli all'Adnkronos. Una questione "su cui mi avventuro sapendo che sarebbe meglio non farlo: è il problema dei grandi spostamenti Nord-Sud", come pure dei ritorni dall'estero perché "anche noi siamo il Sud di qualcosa". "Francamente non è un problema scevro da preoccupazioni" ribadisce l'infettivologo spiegando che "il ritorno di tanta gente che vive fuori casa per lavoro o per studio è un problema" e "non sarà una buona cosa". Su questo "c'è poco da avere dubbi". 

Quanto alla terza ondata Galli dice che "non l'ha necessariamente ordinata il dottore". Ma "se non prendiamo tutte le necessarie precauzioni, e non continuiamo a mantenerle, non posso che accodarmi alle posizioni già espresse da alcuni miei illustri colleghi e dire che la ripresa della malattia a gennaio è un fatto quasi scontato". 

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