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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Scuole chiuse per coronavirus: disagi per 5 milioni di lavoratori

La decisione di sospendere le lezioni fino al prossimo 15 marzo rischia di creare problemi per tutti i genitori che dovranno conciliare vita familiare e lavoro: un problema che riguarda soprattutto le donne

Per evitare il diffondersi in Italia del nuovo coronavirus, il governo ha sospeso in via precauzionale le lezioni scolastiche fino al prossimo 15 marzo, chiudendo invece le scuole situate nelle cosiddette zone rosse. Un provvedimento che potrebbe anche essere prolungato se la situazione non dovesse migliorare, ma che in primo luogo crea disagi a tutti quei lavoratori con figli, che dovranno conciliare lavoro e famiglia. Si tratta di 5 milioni e 139mila lavoratori italiani, sia dipendenti che autonomi, che dovranno fare i conti con questa emergenza, tra chi si rivolgerà ad una baby sitter e chi dovrà rinunciare ad andare al lavoro. Stando ai dati elaborati dalla Fondazione studi consulenti del lavoro su microdati Istat Forze di lavoro (Lfs), di questi 5 milioni 139mila lavoratori italiani 2 milioni 697mila sono donne e 2 milioni 442mila uomini.

Scuole chiuse per coronavirus: disagi per 5 milioni di lavoratori

Secondo i consulenti del lavoro, la sospensione delle attività didattiche in tutta Italia mette in difficoltà le famiglie con figli di età compresa tra 0 e 14 anni, che rischiano di incorrere nel reato di abbandono di minore, secondo quanto previsto dall'art. 591 c.p., se non possono contare sul sostegno di nonni o terzi. Sempre considerando questa ampia platea di 5 milioni e 139mila lavoratori, 349mila sono genitori single e 4 milioni 790mila coppie con entrambi i genitori occupati e con almeno un figlio con meno di 15 anni di età.

Scuole chiuse per coronavirus: un problema soprattutto per le donne

Secondo i consulenti del lavoro è evidente che la maggiore criticità nella gestione di questa emergenza dovuta alla chiusura degli istituti scolastici interesserà le donne: sia le mamme 'single' (302mila contro i 47mila papà single) sia le lavoratrici dipendenti (2 milioni 234mila contro 1 milione 809mila lavoratori), ancora oggi costrette a dover scegliere tra la vita professionale e quella familiare in assenza di misure che favoriscano una vera conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Infatti, secondo l'Istat, nel 2019 2 milioni 797mila italiane, corrispondenti al 14,5% del totale della popolazione femminile tra i 15 e 64 anni, hanno addirittura rinunciato a lavorare per impegni di cura o responsabilità in ambito domestico.

Un dato estremamente elevato se comparato al resto d'Europa - dove, al contrario, 'solo' l'8,2% della popolazione femminile non lavora per motivi familiari - e in forte crescita negli ultimi anni (tra 2016 e 2019 il numero delle inattive per motivi famigliari è aumentato di 619mila, registrando una crescita del 28,4%). Come emerge dal report della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro 'Meno figli, meno lavoro. La conciliazione che ancora manca per le donne italiane', la carenza cronica di servizi all'infanzia, unitamente al crescere delle responsabilità di assistenza e cura di una popolazione sempre più longeva e non autosufficiente, è ancora un ostacolo ''strutturale'' all'occupazione femminile.

Coronavirus e scuole chiuse: c'è lo Smart Working

Il lavoro agile, pensato per rispondere all'emergenza sanitaria, può rappresentare uno strumento utile in questa fase, ma la sua applicabilità è fortemente condizionata dalla natura del lavoro svolto, spiegano i consulenti del lavoro. Infatti, se le donne occupate in attività d'ufficio (21,5% del totale) e le figure ad elevata qualificazione (20,2%) hanno maggiori possibilità di svolgere il proprio lavoro in smart working, stessa cosa non si può dire delle addette in attività commerciali (20,9%, pari a 466mila donne) e per le professioni tecniche (20,1%, pari a 448mila donne), per le quali è imprescindibile la presenza sul luogo di lavoro.

Il lavoro ai tempi del coronavirus, così l'Italia “scopre” lo Smart Working

"Se la chiusura delle scuole dovesse protrarsi oltre il 15 marzo è possibile che molte lavoratrici dipendenti, esaurite ferie e permessi retribuiti, si troveranno costrette a restare a casa usufruendo di un permesso non retribuito, rinunciando così alla retribuzione e ai contributi", ha fatto notare Rosario De Luca, presidente della Fondazione studi consulenti del lavoro.

"Bene la scelta di puntare su ulteriori misure di sostegno alle famiglie, come il voucher per pagare la baby sitter e i congedi parentali straordinari per lavoratori dipendenti pubblici e privati, ma è necessario pensare anche ai lavoratori autonomi, ad oggi meno tutelati, per non far ricadere sulle loro famiglie gli effetti di un provvedimento d'urgenza a salvaguardia della salute pubblica", ha precisato De Luca.

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