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Sabato, 20 Aprile 2024
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Coronavirus, la strategia tedesca: test sugli anticorpi e pass per gli "immuni"

Test sierologici su ampie fette della popolazione per permettere a chi ha già superato la malattia di tornare al lavoro. Ma non mancano le perplessità

È ancora presto per dire quando ne usciremo, ma se non si vuole fermare l’economia ad oltranza il "come" va immaginato già adesso. Ed è quello che stanno facendo in Germania dove diversi istituti di ricerca stanno preparando un test per capire chi ha già sviluppato l’immunità. Il progetto, condotto dal Centro Helmholtz per la ricerca sulle malattie infettive di Braunschweig, si concentra sugli anticorpi che dovrebbero indicare il superamento della malattia da parte di individui che, quindi, sarebbero in grado di riprendere l'attività lavorativa. Come scrive Der Spiegel e come rilancia la stampa britannica, i ricercatori programmano scaglioni di test su 'contingenti' di 100.000 cittadini guariti dal virus.

Gli scienziati utilizzeranno i dati per elaborare il piano di riapertura del paese, comprese le scuole. Chi è "protetto" dall’immunità riceverebbe un pass che gli consente di uscire dalla quarantena e tornare dal lavoro.

La strategia sembra avere due punti deboli: 1) secondo molti esperti i test sierologici non sono ritenuti affidabili quanto i tamponi e il rischio di falsi positivi è alto. 2) Non è chiaro se le persone guarite dal covid-19 possano essere considerate effettivamente immuni e per quanto tempo. Ciò nonostante di test sierologici si inizia a parlare con una certa insistenza anche in Italia. 

In Italia circa 300mila persone potrebbe essere già immuni

Una proposta simile è stata avanzata su "Avvenire" da tre virologi veterinari del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Torino. "Se da più parti si consolida l’opinione che circa l’80% delle persone contrae una forma di Covid-19 asintomatica - scrivono i ricercatori -, allora vorrebbe dire che, ad oggi, circa 250.000-300.000 persone hanno già brillantemente superato l’infezione naturale".

"Queste persone, in altri termini, hanno sconfitto il virus con il loro sistema immunitario. La speranza, tutta però da verificare, è che siano resistenti a successive infezioni con lo stesso virus, almeno per un certo periodo". E ancora: "Se cominciamo a cercare nel sangue delle persone gli anticorpi verso le proteine virali possiamo intercettare con rapidità tutti i sieropositivi e identificare una fascia della popolazione a cui potrebbe essere consentito di riprendere, prima di altri, l’attività lavorativa, facendo leva sull’immunità di popolazione di cui si è tanto dibattuto".

Secondo i tre virologi l’impresa è realizzabile: si tratta di coinvolgere tutta "una rete di imprese che in parte già conosciamo a livello nazionale" a patto di avere l’ok dalle autorità preposte. Il grande interrogativo, oltre a quello sull'attendibilità dei test, resta l’immunità. Ci si può ammalare due volte di coronavirus? E per quanto tempo gli anticorpi ci proteggono dalla malattia? A queste domande virologi ed epidemiologi non sanno ancora dare una risposta. Ci sono stati casi in cui il virus ha infettato due volte un solo paziente, ma si è trattato di episodi sporadici che possono essere spiegati anche con altre cause (test che restituiscono un falso positivo, dimissioni affrettate etc). 

L'epidemiologo: "I test sierologici vanno sviluppati anche in Italia"

In realtà, ci sono ancora "troppe cose che non sappiamo di Covid-19" ammette all'AdnKronos Salute Massimo Ciccozzi, responsabile del gruppo di epidemiologia molecolare dell'Università Campus Bio-Medico di Roma. "I guariti hanno ottenuto tutti un'immunità duratura? C'è poi il problema degli asintomatici, che sembrano essere infettivi".

A rispondere a queste domande potrebbero contribuire i test sierologici. "Se ne sta parlando molto e vanno sviluppati: potrebbero aiutare a capire per quanto tempo gli anticorpi restano in circolo e chi può rientrare in attività", evidenzia Ciccozzi. I test sierologici saranno dunque utili "per capire chi ha sviluppato gli anticorpi contro Covid-19 e quanto restano in circolo, anche per programmare una ripresa ragionata e modulata delle attività".

"Riapertura? Meglio andarci con i piedi di piombo"

"I numeri degli ultimi giorni - avverte però Ciccozzi - inducono a un cauto ottimismo, ma attenzione a parlare di riapertura: dobbiamo andarci con i piedi di piombo".  Per l'epidemiologo a questo punto "è fondamentale non compromettere il gran lavoro fatto dai medici e dagli operatori in prima linea contro questo tsunami". Insomma, bisogna restare in casa. 

E pensare alla prevenzione: "Se il consumo di animali selvatici nei mercati fosse stato vietato, probabilmente Covid-19 non sarebbe arrivato". Quanto alle mascherine, l'esperto non ha dubbi: "Vanno usate quando si esce: ho fatto una prova a Roma indossandole e stando alla corretta distanza con un mio collega, ma ho visto molte persone in giro senza mascherine che passavano troppo vicino. Se ti imbatti in un asintomatico che non rispetta il distanziamento, cosa fai?".
 

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