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Martedì, 16 Aprile 2024
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Coronavirus e trasmissione per via aerea: "Il contagio può avvenire a più di 1,8 metri"

I Cdc statunitensi hanno aggiornato le linee guida anti contagio spiegando che in determinati casi la trasmissione del virus può avvenire anche a più di "sei piedi" di distanza. La modalità più diffusa resta comunque il contatto diretto e ravvicinato, meno comune quella tramite superfici contaminate

Il coronavirus può contagiare anche a distanze superiori a "sei piedi", ovvero 1,82 metri attraverso la trasmissione per via aerea. È quanto si legge nelle linee guida aggiornate dei Cdc americani (Centers for Disease Control and Preventions) che pochi giorni fa hanno riconosciuto che il coronavirus SARS-COV-2 può diffondersi anche nell'aria "attraverso goccioline respiratorie o piccole particelle", salvo poi rimuovere temporaneamente l’aggiornamento spiegando che era stata pubblicata una bozza prematura.

Coronavirus, quando e perché la trasmissione per via aerea è possibile

Nelle linee guida aggiornate la trasmissione per via aerea del coronavirus viene indicata come una possibilità da non escludere, sebbene sia una forma di contagio infrequente. Secondo i Cdc sono stati documentati casi in cui, in determinate condizioni, ovvero in spazi chiusi e non adeguatamente ventilati, l’infezione sia avvenuta nonostante un distanziamento superiore ai sei piedi (1,8 metri). In questi specifici casi, si legge, "la persona infetta respirava pesantemente, ad esempio mentre cantava o si allenava". Dunque Sars-Cov-2 "potrebbe essere in grado di infettare le persone che si trovano a più" di circa 1,82 metri" dalla persona che è stata infettata o dopo che quella persona ha lasciato l'area", affermano i Cdc. In sostanza, in casi come questo in assenza di dispositivi di protezione il famoso metro di distanza non sarebbe sufficiente.

"Più frequenti i contagi per contatto diretto"

Ma di cosa parliamo quando si parla di trasmissione per via aerea? Inanzitutto è doveroso specificare che secondo i Cdc il modo di trasmissione più comune del virus si ha dopo un contatto ravvicinato (distanza inferiore agli 1,82 metri) e diretto con una persona positiva al virus. "Le infezioni – spiegano dai Cdc - si verificano principalmente attraverso l'esposizione a goccioline respiratorie (droplet, ndr)" quando si sta a stretto contatto con un individuo infetto. A questo punto, per comprendere bene i termini della questione, va fatta una precisazione.

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Droplet e aersol: le differenze

Le goccioline di saliva, droplet di dimensioni maggiori di 5 millesimi di millimetro si emettono quando parliamo, tossiamo o starnutiamo e possono raggiungere l’interlocutore solo a breve distanza (1-2 metri).

Il bioaerosol è emesso durante la respirazione e parlando, generalmente assume dimensioni più piccole (meno di cinque micrometri) e può rimanere in sospensione per tempi maggiori. Nel secondo caso si parla di trasmissione per via aerea, un metodo di infezione molto più raro rispetto a quello per contatto diretto, ma comunque possibile. Motivo per cui quando si sta in luoghi chiusi e non areati è consigliata la massima prudenza.

Quanto è frequente il contagio tramite superfici?

E il contagio attraverso superfici contaminate da SARS-COV-2? Secondo i Centers for Disease Control and Preventions, anche questa modalità di trasmissione è molto meno comune rispetto a quella per contatto diretto. Ieri il "Guardian" si chiedeva se l’essersi focalizzati nella prima fase della pandemia, solo sull’igiene delle mani e non sull’importanza delle mascherine possa aver contribuito alla diffusione del Covid-19.

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Il quotidiano britannico porta a sostegno delle tesi molti pareri autorevoli. Monica Gandhi, docente di medicina presso l'Università della California, a San Francisco, sostiene ad esempio che il modo più semplice per contrarre il virus è attraverso le goccioline respiratorie o aerosol di particelle presenti nell’aria e non, ad esempio, toccandosi l'occhio dopo aver posato la mano su una superficie infetta.

Dello stesso parere Emanuel Goldman, professore di microbiologia alla Rutgers University nel New Jersey, che in un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet ha spiegato come, a suo giudizio, "la possibilità che il virus si trasmetta attraverso superfici inanimate è molto bassa". Questa modalità di contagio potrebbe ad esempio verificarsi quando "una persona infetta tossisce o starnutisce" su un oggetto che viene toccato subito dopo da un’altra persona. 

Non tutti ovviamente la pensano così. In una circolare del maggio scorso, ad esempio, il Ministero della Salute affermava che "il lavaggio delle mani e il distanziamento sociale costituiscono il punto cardine di una corretta prevenzione". Nel documento venivano indicati anche i tempi in cui il virus persiste sulle superfici, pur premettendo che la presenza di RNA virale su un oggetto "non indica necessariamente che il virus sia vitale e potenzialmente infettivo". Le certezze, come sempre, scarseggiano. Proprio per questo la prudenza non è mai troppa.

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