rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Il confronto / Israele

Sconfiggere il Covid con "la chiamata attiva", l'esempio che l'Italia non può seguire

Nel nostro Paese per le vaccinazioni occorrono 11 fogli di carta. In Israele basta una notifica su una app: digitalizzazione e sburocratizzazione hanno fatto da volano alla lotta alla pandemia

Lo Stato di Israele resta un esempio nella lotta contro il coronavirus. Lo dicono i numeri di un Paese in cui si registra un drastico calo dei malati gravi e dei contagi e che vede circa quattro milioni di vaccinati con la terza dose su una popolazione di poco più di nove milioni di abitanti. Per questo il Governo del Presidente Isaac Herzog ha di recente riaperto i confini (chiusi dal marzo 2020) ai turisti vaccinati o guariti dal Covid e, dal 6 novembre 2021, si potrà tornare a pernottare a Betlemme. Prima solo i gruppi e poi anche i singoli visitatori potranno entrare seguendo un rigido protocollo sanitario. Se dunque Israele è la cartina di tornasole di ciò che l’Europa deve aspettarsi nel futuro prossimo, allora è bene guardare cosa succede in quello che si può considerare un laboratorio mondiale della lotta alla pandemia.

L'esempio di Israele nella lotta contro il coronavirus 

Quali sono gli elementi che fanno di Israele una nazione da imitare? Lo ha spiegato bene Arnon Shahar, Capo della task force anti Covid del Maccabi Healthcare Services, una delle principali mutue israeliane, intervenuto a Roma all'evento "Lotta al Covid: Italia e Israele a confronto. Scenari presenti e sguardi oltre la crisi", organizzato dall’ambasciata israeliana. 

  • Alto livello di digitalizzazione del sistema sanitario e database integrato.
  • Nessuna deroga su fasce di età.
  • Rapidità di reperimento ed esecuzione con i vaccini. 
  • Chiusura cieli e lockdown.
  • Reclutamento cittadini per il vaccino con “chiamata attiva”.

La spina dorsale del metodo israeliano è una forte digitalizzazione del sistema sanitario nazionale. A differenza dell’Italia in cui, ha ricordato Guido Bertolaso, ci vogliono 11 fogli di carta per ottenere la dose, in Israele, i cittadini ricevono una notifica tramite una apposita applicazione sul proprio cellulare. La sanno leggere e seguono ciò che indica. Quando si presentano per ricevere il vaccino anti Covid, fanno vedere la convocazione digitale e arriva immediatamente la puntura. Poi non servono molti fogli di carta o certificazioni. Quel servizio "entra direttamente nella cartella clinica del paziente attraverso un sistema digitale integrato di cui sono dotati tutti gli ospedali del Paese e lo possono vedere tutti i medici specializzati. - ha spiegato Shahar – La nostra forza è stata avere a disposizione un sistema sanitario digitalizzato venti anni prima. Ci siamo accorti che funzionava meglio del previsto e abbiamo spinto su questa strada". C’è anche un rapporto forse diverso fra Stato e cittadino, il quale si rende disponibile verso il primo. "Se dopo la dose ci sono degli effetti collaterali, il medico non deve fare nulla. Decide il cittadino se informare, sempre in modo digitale, il sistema sanitario, inviando l’informazione direttamente al Ministero della Sanità". Si contribuisce così ad aggiornare un grande database nazionale. Così, da una parte tutti gli ospedali del Paese sono integrati sia a livello verticale che orizzontale, dall’altra, si aggiorna velocemente la massima fonte da cui elaborare le informazioni, utili al Governo per prendere nuove decisioni, ma anche agli altri Stati con cui Israele condivide le informazioni.  

Per il medico israeliano, un altro elemento determinante è stato la fermezza sulla decisione di procedere con la vaccinazione per fasce di età. A differenza dell’Italia, dove magistrati, giornalisti e calciatori hanno trovato il modo di aggirare le code agli Hub vaccinali, in Israele, non soltanto non ci sono mai state deroghe per altre categorie, ma, a fronte di pressioni, hanno reagito con altrettanta forza nel respingerle. "Avevo avvisato i colleghi in Italia che avrebbero ricevuto forti pressioni per cedere sulla priorità alle categorie più fragili perché è successo anche in Israele. È stata molto dura, ma la fermezza nel dare priorità agli anziani e ai fragili ha avvantaggiato la velocità della vaccinazione e di conseguenza ha avvantaggiato tutti". 

Cruciali dunque sono state anche le decisioni prese subito, quando serviva assumersi un margine di rischio e procedere con determinazione. L’immediata chiusura dei cieli con le restrizioni interne, unite all’immediato reperimento del vaccino, sono state una rendita di cui il Paese gode ancora. "Il popolo israeliano è purtroppo abituato allo stato di emergenza e alla gestione militare di alcune attività- ammette Shahar- anche se spero che questa condizione possa cambiare. A volte però serve agire con questo approccio, penso alla gestione della campagna da parte del Generale Figliuolo. Tanto che dissi, a maggio 2021, che saremmo arrivati a fornire le cure ai pazienti sotto le tende militari, i monoclonali grazie ai militari e persino a casa, anche con l'ossigeno da terapia intensiva a casa. E aggiungo anche per coloro che sono morti: dovevano restare a casa, sarebbero stati vicini ai loro cari".

Israele è dunque abituato alle emergenze e lì hanno delle armi in più, come la digitalizzazione, che in Italia sembra il sistema di un altro pianeta. Ma c’è anche qualcosa in meno, come certi impedimenti. Si pensi alla normativa sulla privacy che, in Italia, impedisce la chiamata attiva ai cittadini. Non è questione di condividere o meno, "è proprio che non capisco cosa c’entra la privacy, è questione di sanità, non di privacy. Perché non posso chiamare una persona per dirgli che deve venire a farsi il vaccino? È una cavolata" ha detto amareggiato Shahar, che poi non nega alcuni aspetti su cui occorre riflettere e forse si poteva fare meglio. "Se potessi tornare indietro avrei dato più importanza nel seguire chi, colpito dal Covid, era a rischio, dando invece più responsabilità a chi era asintomatico o paucisintomatico. Avrei inoltre implementato, con più risorse, i database per far parlare centri medici e ospedali: la connessione tra ospedale e territorio doveva essere potenziata, da subito, rafforzando questo legame che è la cosa più importante". 

Bertolaso: "Via il Green Pass a chi non fa la terza dose, prorogare l’emergenza Covid”

Per Shahar dunque la svolta di qualsiasi lotta a qualsiasi pandemia è la tecnologia e la digitalizzazione. Israele ha usato quel sistema per farsi trovare pronto già a novembre, usando l’informatizzazione come perno e l’approccio militare per una esecuzione efficace ed efficiente delle pratiche sanitarie. Israele guarda già al futuro. "I sistemi sanitari hanno avuto ora l'occasione di fare salti in avanti di anni, non sappiamo in che modo la digitalizzazione cambierà del tutto la nostra vita ma dobbiamo fare il prossimo passo, cercando di capire come finirà questo momento storico e questo processo". 

E se qualcuno mette in guardia dai rischi di un impianto completamente basato sui dati, il Capo del team anti Covid israeliano sorride e dice: "Anche noi subiamo attacchi, ma rinunciare a questo per gli attacchi hacker è come rinunciare ad attraversare la strada per il timore di essere investiti. Il futuro è questo: ospedali virtuali. Nel nostro Paese abbiamo già gestito 20mila persone da remoto, malate di Covid a casa, ora bisogna usare questa opportunità per continuare a migliorare".
 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Sconfiggere il Covid con "la chiamata attiva", l'esempio che l'Italia non può seguire

Today è in caricamento