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Sabato, 20 Aprile 2024
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Senza bonus né cassa integrazione, il dramma di una mamma: "Ho vissuto tre mesi con 400 euro"

In un'Italia chiusa dalla quarantena per l’emergenza coronavirus, una donna e le sue due bambine hanno mangiato solo grazie ai pacchi alimentari arrivati grazie alla catena di solidarietà. "Mi chiedevano di poter mangiare ma non avevamo abbastanza soldi"

Niente cassa integrazione né bonus per affrontare i difficili mesi segnati dall'epidemia di coronavirus: una mamma-coraggio del popolare quartiere romano di Tor Marancia è riuscita a far fronte alle difficoltà quotidiane per quasi tre mesi potendo contare su soli 400 euro. È la storia di Elizia, una madre poco più che trentenne che vive sola con le sue due bambine di 5 e di 6 anni.

Il suo racconto raccolto da Ylenia Sina per Romatoday è un viaggio nell'odissea quotidiana che troppi italiani hanno dovuto affrontare in questi mesi costellati di promesse troppo spesso disattese da Governi e amministrazioni locali. Per Elizia non c'è infatti stato il supporto al reddito che sarebbe dovuto arrivare dal bonus regionale, né la cassa integrazione mai sbloccata. E anche i contributi del Governo erano inaccessibili proprio perché figurava in attesa della cassa integrazione. Niente da fare neppure per i buoni spesa che sarebbero dovuti arrivare dal Comune di Roma: cedolini da spendere in alimentari sono in ritardo.

Così, in un’Italia chiusa dalla quarantena per l’emergenza coronavirus, una donna e le sue due bambine hanno mangiato solo grazie ai pacchi alimentari distribuiti dal servizio messo in campo dal municipio. Mesi faticosi e costellati da tante porte chiuse, come ancora chiusi sono gli asili e i centri estivi in cui non può lasciare le figlie e e riprendere a lavorare.

La denuncia prende il via dalle difficoltà riscontrate nella compilazione della domanda per il bonus del progetto ‘Nessuno escluso’ con il quale la Regione Lazio ha messo in campo 40milioni di euro a sostegno di tutti quei lavoratori con redditi bassi che hanno visto il proprio reddito azzerarsi per sospensione delle attività o per licenziamento legati all’emergenza coronavirus. Tra le categorie beneficiarie anche quella dei lavoratori domestici destinatari di un importo tra i 300 e i 600 euro. “Si trattava di una procedura piuttosto complicata dal momento che bisognava creare un unico pdf da quattro pagine che non doveva pesare più di un mega - spiega Elizia -  Inoltre bisognava presentarla velocemente perché sapevo che era un contributo disponibile fino a esaurimento fondi e temevo di non rientrare”.

Nel portare a termine questa operazione "ho inviato un modulo senza una firma e per molto tempo non ho più avuto riscontro. Ho aspettato una mail di conferma, ho controllato più volte sul sito ma l’home page non cambiava mai. Quando ho visto che erano uscite le graduatorie (pubblicate il 29 maggio 2020, ndr) mi sono accorta che ero tra gli esclusi. Inoltre, ormai, era passato il 3 giugno e non c’erano più i margini di tempo per ripresentare la domanda".  Come si apprende dal sito dedicato al programma sono state 48mila le persone che hanno richiesto il contributo sommando tutte le categorie. Circa 5mila le domande escluse, la maggior parte delle quali per la stessa motivazione di Elizia: “Domanda di partecipazione incompleta”.

Quando ha saputo di essere stata esclusa anche dal bonus regionale Elizia veniva da quasi tre mesi senza alcuna entrata economica.

"Sono una domestica e prima dell’emergenza avevo due diversi contratti da poche ore per due differenti datori di lavoro. Considerando anche gli assegni familiari arrivavo a circa 800 euro al mese. Uno di questi due mi ha messo in cassa integrazione. Il secondo lavoro invece l’ho dovuto interrompere perché la scuola era chiusa e non sapevo a chi lasciare le mie bambine. Una delle due ha problemi di salute e, a causa dell’epidemia in corso, non me la sono sentita di portarle con me sui mezzi pubblici. Era troppo rischioso".

Tutto si ferma dall’inizio di marzo, lunedì 9. "Il primo assegno della cassa integrazione è arrivato già a marzo, erano circa 400 euro. Poi non è più arrivato nulla fino alla metà di giugno. Abbiamo vissuto marzo, aprile, maggio e la prima metà di giugno con quei 400 euro". Niente contributi statali "perché era già destinataria della cassa integrazione". Niente bonus regionale. “Ogni volta che leggevo di un bonus mi sembrava di scontrarmi con mille motivi per restare esclusi. Sono arrivata a pensare che se non avessi avuto la cassa integrazione sarebbe stato più semplice”. Anche i buoni spesa del Comune di Roma sono stati fonte di preoccupazione e di fatiche burocratiche. "La prima domanda mi è stata rigettata con la motivazione che il documento era illeggibile". Poi, sull’onda delle proteste che si sono diffuse in tutta Roma, sostenute anche dalle associazioni di volontariato e dalle realtà sociali che si sono fatte carico di distribuire pacchi alimentari e beni di prima necessità, Elizia la ripresenta e riesce a ottenerlo. “Ma sono arrivati tardi”.

Tardi per non mettere Elizia e le sue bambine di fronte al baratro della paura di non riuscire ad avere nemmeno i soldi per mangiare. “Non è una bella sensazione, ho avuto paura. Alcuni giorni le mie bambine chiedevano di poter mangiare qualche cosa in particolare e sono stata costretta a spiegare loro che non avevamo abbastanza soldi. Inoltre erano molto stanche dal dover stare chiuse in casa, mi sembrava che avessero addirittura cambiato carattere. I pacchi alimentari che ci sono arrivati grazie al servizio ‘Municipio solidale’ (VII municipio, ndr) ci sono stati di grande aiuto”.

Ora che la quarantena è alle spalle i problemi economici non sono finiti. “Io e le mie due bambine riuscivamo a vivere con un reddito basso solo perché viviamo in un’occupazione. Siamo in lista per una casa popolare ma abbiamo troppo pochi punti per sperare che arrivi. Non si trovano case in affitto a meno di 500 euro al mese. Case piccole, dove ci staremmo a malapena. Come possiamo pensare di vivere con i restanti 200-300 euro al mese? Non è possibile”. Ora quel reddito si è uteriormente assottigliato. "Sto cercando di tornare al lavoro ma gli asili sono chiusi. Hanno aperto i centri estivi ma sono a pagamento, i posti gratuiti sono limitati e quando ho chiesto informazioni mi è stato detto che sono finiti. Mi hanno chiesto 120 euro a settimana per tutte e due le bambine. Ma io non ho tutti questi soldi. Peccato che senza questi centri estivi non posso andare a lavorare". 

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