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Venerdì, 19 Aprile 2024
Tutti i dubbi

Covid, l'obbligo delle mascherine diventa un rebus

Gli ultimi provvedimenti adottati per la lotta alla pandemia si sovrappongono dando spazio a dubbi e possibili ambiguità. Le imprese invocano norme chiare. Cosa deve fare il titolare di un'attività per essere in regola?

Almeno altri due mesi con le mascherine su naso e bocca per protggersi dal Covid. I dispositivi di protezione individuale restano obbligatori nei luoghi di lavoro fino al 30 giugno. Governo, sindacati e associazioni datoriali oggi, 4 maggio, hanno ribadito la linea della prudenza confermando la validità del Protocollo con le misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid sottoscritto il 6 aprile del 2021. E' lo stesso ministero del Lavoro al termine della riunione a confermare che l'uso delle mascherine è "obbligatorio in tutti i casi di condivisione degli ambienti di lavoro, al chiuso o all'aperto", mentre "non è necessario nel caso di attività svolte in condizioni di isolamento". 

Nei giorni scorsi l'obbligo delle mascherine al chiuso è venuto meno quasi ovunque, oggi la decisione sul lavoro. L'armonizzazione dei due provvedimenti porta le imprese a chiedere un quadro chiaro, che non lasci dubbi su quello che il datore di lavoro deve fare per essere in regola sul fronte della salute e sicurezza. 

Covid, la mascherina al lavoro resta obbligatoria: per chi e fino a quando

Quali sono le responsabilità delle imprese?

La proroga del Protocollo convive con l'abolizione dell'obbligo di dpi al chiuso entrata in vigore l'1maggio. Con le nuove regole capiterà quindi che il commesso di un supermercato obbligato all'uso della mascherina si trovi a parlare con cliente che invece non ha l'obbligo di indossarla. L'uso del dpi è infatti solo "raccomandato" ma non obbligatorio "in tutti i luoghi al chiuso pubblici o aperti al pubblico".

Le imprese invocano chiarezza. Quando il datore di lavoro è in regola sul fronte della salute e sicurezza? Per il Codice civile il datore di lavoro è responsabile rispetto alla salute e sicurezza nella sua azienda. Il Covid può essere considerato infortunio sul lavoro. Cosa deve fare quindi il titolare di un’impresa per dimostrare di avere fatto tutto ciò che poteva per tutelare i dipendenti? 

Confesercenti: "Servono indicazioni chiare"

Pur salutando con favore la proroga del Protocollo, Confesercenti sottolinea che il documento è datato aprile 2021, figlio di "una fase emergenziale con condizioni diverse da quelle attuali. È quindi necessario aggiornarne alcuni contenuti onde poter fornire alle imprese indicazioni chiare per scongiurare responsabilità in caso di contagi ed a tutela dei lavoratori. Noi -proseguono dall'associazione - abbiamo già chiesto ai nostri associati di invitare i dipendenti ad usare le mascherine, perché vogliamo garantire massima sicurezza e prevenzione a chi lavora, ma le imprese hanno bisogno di disposizioni univoche sull'effettiva cogenza delle regole. Bisogna mantenere tutte le misure che garantiscano efficacemente la sicurezza sui luoghi di lavoro, eliminando quelle ormai superate".  

Le regole del pubblico impiego

Per il settore pubblico è intervenuto, già nei giorni scorsi, il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, con una circolare ad hoc. L'uso delle mascherine Ffp2 è raccomandato: 

  • per il personale a contatto con il pubblico sprovvisto di idonee barriere protettive;
  • per chi è in fila a mensa o in altri spazi comuni;
  • per chi condivide la stanza con personale "fragile", negli ascensori e nei casi in cui gli spazi non possano escludere affollamenti;
  • per il personale che svolga la prestazione in stanze in comune con uno o più lavoratori, anche se si è solo in due, salvo che vi siano spazi tali da escludere affollamenti ma anche nel corso di riunioni in presenza;
  • deve essere usata comunque se si è in coda, anche al bar o per entrare in ufficio e "in presenza di una qualsiasi sintomatologia che riguardi le vie respiratorie".

I dispositivi di protezione non sono necessari - chiarisce la circolare - in caso di attività svolta all'aperto, in caso di disponibilità di stanza singola per il dipendente, in ambienti ampi, anche comuni (ad es. corridoi, scalinate) in cui non vi sia affollamento o si mantenga una distanza interpersonale congrua. 

La Uilpa: "Troppe ambiguità"

"Dire e non dire, fare e non fare. È con queste ambiguità che si può interpretare la circolare n. 1/2022 a firma del ministro per la pubblica amministrazione avente come oggetto le 'indicazioni sull'utilizzo dei dispositivi individuali di protezione delle vie respiratorie'. La circolare riprende un'ordinanza del ministro della salute del 28 aprile scorso e regola l'uso delle mascherine Ffp2 nei luoghi di lavoro pubblici. Un modo assai curioso di regolare perché in apertura il documento precisa che l'utilizzo dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie non è obbligatorio da parte del personale". Afferma in una nota Sandro Colombi, segretario generale della Uilpa. "E tuttavia ogni amministrazione 'nella responsabilità del datore di lavoro' deve 'impartire, tempestivamente, le necessarie indicazioni al riguardo, tenendo conto delle concrete condizioni dei luoghi di lavoro e delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa dei propri dipendenti'", continua il leader della Uilpa. "Domande: cosa deve tempestivamente impartire la dirigenza dato che non c'è l'obbligo di indossare la mascherina? E di cosa è responsabile il datore di lavoro? Volendo il problema è talmente sottile da ricordare le dispute teologiche medioevali. Ma restando ai nostri tempi così poco sofisticati una sola cosa è importante per il ministero: che la circolare sia diffusa anche se è ammessa la sua inosservanza. Un bel rebus. Come è risolto? Con alcune raccomandazioni", spiega ancora il sindacalista.

Per esempio, la mascherina andrebbe indossata nel corso di riunioni in presenza, in ascensore, nelle file alla mensa e così via. E fin qui siamo al buon senso. Ma come la mettiamo quando si raccomanda l'uso della mascherina in una stanza in comune anche con soli due lavoratori 'salvo che vi siano spazi tali da escludere affollamenti' e allo stesso tempo la si consiglia 'in ogni caso in cui, anche occasionalmente, si verifichi la compresenza di più soggetti nel medesimo ambiente'?", aggiunge ancora Colombi. "Ed ecco spuntare un altro rebus: in base a quali criteri un ambiente può definirsi affollato? Vicinanza interpersonale? Numerosità? Metri quadri? Rapporto fra queste tre voci? È evidente che la circolare del ministero è volutamente ambigua, fumosa, contraddittoria. Siccome pensiamo che i suoi estensori siano persone intelligenti lo scopo allora è un altro: esimere il datore di lavoro pubblico da ogni responsabilità in caso di contagio da Covid-19 del personale", continua. "Si tratta di un problema molto serio se è vero come e vero che nel primo trimestre di quest'anno le infezioni di origine professionale segnalate dall'Inail hanno già superato il dato complessivo del 2021. Un dato clamoroso, ma l'amministrazione pubblica scarica sui propri dipendenti l'onere della tutela: se ti ammali di Covid 19 è colpa tua. L'epidemia è così trasformata in un problema personale e il datore di lavoro pubblico se ne lava le mani. Ha scritto le raccomandazioni e tanto basta. Una furbata di talento, non c'è dubbio".

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