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Giovedì, 25 Aprile 2024
L'approfondimento

"Una procura nazionale contro le morti sul lavoro, così preveniamo le stragi come contro la Mafia"

I numeri recenti preoccupano. Intanto in Senato è nata una Commissione Parlamentare d'Inchiesta e il Vice Presidente Iunio Valerio Romano (M5S) a Today spiega: "È una emergenza che si può arrestare"

Roberto Grossi era un imprenditore edile di 49 anni, deceduto mentre stava effettuando un sopralluogo sul tetto di un capannone a Pomezia. Vasile Necoara aveva 54 anni, era sposato e con figli ed è morto dopo essere precipitato per oltre dieci metri nella botola di una fonderia del bresciano. Marco Celant, è deceduto per le ferite riportate dopo essersi ribaltato con un muletto nell’azienda di lavorazione dell’alluminio della quale era dipendente a Pordedone. Fiorenzo Canonico aveva 60 quando, mentre era in piedi su una pedana per pulire un vagone che trasporta cemento, è stato investito da un altro vagone nel torinese. Domenico Careri, a 59 anni, stava facendo manutenzione in autostrada quando è stato investito sulla A2 ed è morto. Sergio Colpani, 53 anni del bergamasco, è morto dopo essere stato travolto da un camion in retromarcia nel piazzale della ditta in cui lavorava. Matteo Leone aveva 35 anni e due anni fa aveva sconfitto la leucemia, ma a portarselo via è stato un carrello elevatore al porto di Salerno cadutogli addosso.

Rischiano di diventare numeri, ma sono uomini e donne che hanno perso la vita per fare il loro dovere. Sono solo alcuni dei 73 morti in Italia sul posto di lavoro a partire dallo scorso 3 maggio. Da quando in fabbrica ci è morta Luana D’Orazio, l’operaia di 22 anni stritolata dall’orditoio a cui era addetta nell’azienda tessile di cui era dipendente. Il suo caso ha scosso l’Italia riportando alla ribalta il problema della sicurezza sul lavoro.

Morti sul lavoro, idea Procura nazionale 

Oggi quei dati dell’Osservatorio indipendente di Bologna sono considerati allarmati da Iunio Valerio Romano del Movimento 5 Stelle, vicepresidente della neo nata commissione d'inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia al Senato e papà del disegno di legge che propone l’istituzione di una super Procura nazionale del lavoro e dell'ambiente, soprattutto ora che il primo quadrimestre del 2021 registra una media di 3 morti al giorno: “Un pool di esperti in un Procura nazionale serve per 2 motivi: il primo è che il lavoro è una materia tecnica che va a coinvolgere più fattispecie di reato e per cui serve un’altissima specializzazione, ci sono procure dove i magistrati sono specializzati e altre più piccole che non lo sono e soprattutto in quei territori può crescere un sentimento di impunità che alimenta il rischio di infortunio. Anche perché molte imprese, soprattutto per i reati colposi, pur sapendo di rischiare, non fanno nulla per migliorare perché sanno che servono dei controlli, che magari non vengono fatti e quando vengono fatti, il reato diventa una sanzione amministrativa che viene già contata nel rischio di impresa. Serve invertire questo approccio culturale e, oltre a pensare ad incentivi per chi le regole le rispetta, la Procura, non solo consentirebbe di far agire in modo coordinato su tutto il territorio nazionale i vari enti interessati, ma servirebbe anche a colmare queste differenze di livello di legalità dei vari territori”.

Dunque un vero pool nazionale sulla falsa riga di quello già esistente che si occupa di antimafia. Il Ddl del pentastellato, in attesa di essere calendarizzato in commissione Giustizia del Senato, sarebbe anche un’arma contro uno dei gravi problemi del paese, cioè la negligenza. Potrebbe dunque anche servire per prevenire disastri come il Ponte Morandi e Mottarone? “Certo perché, nel momento in cui il pool investigativo ha in mano tutte le linee guida per la prevenzione degli incidente su lavoro, avrebbe ampia agibilità per contrastare in modo efficace certi fenomeni perché potrebbe effettuare controlli che oggi sono più difficili e complessi, garantendo massima uniformità su tutto il territorio nazionale”.

Iunio Valerio Romano - foto dal profilo Facebook di Iunio Valerio Romano-2

Morti sul lavoro, i dati dal 2015 al 2019 

Eppure a ben guardare i numeri nel lungo periodo, l’Italia ha compiuto passi da gigante in avanti. Secondo il rapporto “Il mercato del lavoro 2020”, pubblicato dall’Istat, e denunce di infortuni sul lavoro3 accaduti nel 2019 sono state 561.190 (oltre 1.500 al giorno), in lieve flessione rispetto al 2018 (1.750 denunce in meno, pari al -0,3%) (Tavola 7.1). Nel quinquennio che va dal 2015 al 2019, l’incremento è dell’1,1%. Dunque c’è stato un aumento, ma attenzione a leggere il dato perché rischia di essere fuorviante. Il 2015 à l’anno della svolta con una contrazione netta degli infortuni rispetto il passato anche con l’introduzione (nel 2017) delle “comunicazioni obbligatorie di infortunio”. Infatti dai primi anni 2000 erano oltre 1 milione all’anno le denunce di infortunio che, dal 2015 si sono ridotte della metà e, seppur con un leggero aumento fino al 2020 (escluso) è chiaro che l’andamento è sempre migliore rispetto al passato.

Dati molto indicativi perché il mercato nero nel mondo del lavoro incide, ma non troppo, per il semplice fatto che gli infortuni gravi e mortali, anche di persone che lavorano senza copertura contrattuale, difficilmente sfuggono agli ospedali, alle forze dell’ordine o agli Ispettorati del Lavoro. Dunque i dati sono solidi. Numeri ancora più attendibili se si pensa che il 2020 non andrebbe preso in considerazione perché il dato sarebbe sballato dai morti per Covid, che poco hanno a che fare con gli infortuni sul lavoro di cui si parla.

Morti sul lavoro, il numero dei decessi cala del 9,4%

Sono positivi i dati anche se si va a guardare il numero dei morti. Le denunce di infortunio con esito mortale nel 2019 sono state 1.179 (più di 3 al giorno), 85 in meno (-6,7%) rispetto al 2018 (1.264 decessi). Nel quinquennio (2015-2019), il calo è stato del 9,4% con 122 denunce mortali in meno rispetto alle 1.301 di allora). Si tenga anche conto che, in generale, la serie storica delle denunce mortali è caratterizzata da una maggiore variabilità rispetto a quella degli infortuni non mortalì. Un particolare che impone una lettura ancora più positiva dei dati Istat.

Sulle modalità, il rapporto spiega come, dei 561 mila infortuni denunciati nel 2019, 458 mila (l’82%) sono avvenuti in occasione di lavoro, in maggior parte senza un mezzo di trasporto coinvolto, con i restanti 103 mila (il 18% del totale) “in itinere”, cioè avvenuti nel percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro, prevalentemente per incidente stradale.

dati morti sul lavoro 2015 - 2019 - fonte Istat-2

Nel 2019, come negli anni precedenti, il 61% dei 561 mila infortuni denunciati è avvenuto al Nord, in particolare il 32,2% nel Nord-est e il 28,8% nel Nord-ovest. Seguono il Centro (19,9%), il Sud (12,7%) e le Isole (6,4%). In termini di denunce mortali (1.179 nel 2019), nel Nord l’incidenza si riduce a meno della metà dei casi (48,9%): il 26,3% al Nord-ovest e 22,6% al Nord-est. Se il Centro conferma la quota registrata nei casi in complesso (19,9%), a crescere è invece l’incidenza sul dato nazionale del Sud (22,1%) e delle Isole (9,1%).

Numeri rassicuranti dunque, ma restano numeri, che non hanno a che fare con le storie di chi, in queste settimane, ha perso la vita per tirare avanti e far vivere al meglio la propria famiglia con il proprio stipendio. Prima le cose andavano peggio dunque, tanto che nel 2008 il rapper Caparezza aveva sentito il bisogno di cantare l’eroismo dei lavoratori nella canzone “Eroe”, in cui descriveva la vita di chi “lotta tutte le ore per la pensione e sopravvive al mestiere”. Da quegli anni i numeri delle morti bianche si sono ridotti, ma si continua a morire per negligenza o per errori dettati da mancata prevenzione. Insomma si muore per qualcosa che si sarebbe potuto evitare. Dunque è compito della politica evitarlo e lavorare per far tendere i numeri verso lo zero.  

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