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Sabato, 20 Aprile 2024
L'intervista

Donne che uccidono gli uomini

La violenza può arrivare da parte delle donne e può arrivare per diversi motivi. Può essere una difesa o può essere un omicidio. "Limite non facile da attuare". L'intervista

In Italia quella dei femminicidi è una emergenza gravissima con casi quotidiani di violenza sulle donne. Ma ieri, in un giorno, sono arrivati a sentenza due casi giudiziari simili, con due donne che hanno ucciso i loro uomini. Una assolta per legittima difesa e l’altra condannata. Da una parte c’è Silvia Rossetto, della provincia di Torino, che ha estratto un coltello da cucina con cui ha ucciso il marito, che le aveva puntato un coltello alla gola. Assolta per legittima difesa. Dall’altra Elena Scaini di Mantova, condannata a ventuno anni di reclusione per aver ucciso il marito, dopo essersi “difesa”, dice lei, dall’uomo che la stava strangolando con una corda. Senza entrare nel merito dei processi che non conosciamo, ma abbiamo due sentenze nettamente distinte su due casi simili. Quando una donna, come in questi casi, uccide per legittima difesa? Quando si difende e quando non può più essere considerata difesa? Dov’è il limite? A spiegarlo direttamente a Today è l’avvocato cassazionista Michela Scafetta.

AVVOCATO MICHELA SCAFETTA-2

"Lei sicuramente saprà che nel nostro ordinamento le condizioni della legittima difesa sono molto rigorose. Se dovessi prendere in considerazione il solo dato normativo, le risponderei che il limite cui lei fa riferimento risiede nella proporzione tra l’offesa subita e la difesa attuata. Come potrà certamente immaginare, questo limite non è di facile attuazione: quando parliamo di violenza domestica, maltrattamenti in famiglia o di violenza sessuale è bene comprendere che le aggressioni che vengono attuate nell’ambito di dinamiche di coppia o di relazione non hanno mai termini di paragone. Pertanto, è giusto aspettarsi che la persona aggredita, maltrattata o violentata abbia la lucidità necessaria per stabilire se la difesa da lei attuata è proporzionale all’offesa che sta subendo? Quale dovrebbe essere la difesa proporzionale ad un tentato omicidio ovvero ad una violenza sessuale? In caso di relazioni violente che si protraggono nel tempo, ha senso parlare di pericolo attuale?"

Uscendo per un momento dalla violenza di genere o violenza domestica, cosa cambia quando parliamo di legittima difesa nel caso di una rapina per esempio o di un furto in appartamento?
"In questi casi parliamo di “legittima difesa domiciliare”, cioè delle ipotesi in cui vi sia un’intrusione da parte di un malvivente nell’abitazione o nel luogo di lavoro del malcapitato che poi reagisce. La legittima difesa domiciliare è stata oggetto di un recente intervento legislativo (Legge n.36 del 2019), che ha modificato in modo rilevante l’art. 52 c.p. La legittima difesa domiciliare consiste nella difesa esercitata tra le mura domestiche (o anche nel luogo in cui si svolge la propria attività commerciale o professionale). Si tratta di una forma speciale di legittima difesa, nella quale viene anche violato il proprio domicilio. In questa circostanza, chi si trova in casa può difendersi e la proporzione tra la difesa e l’offesa si presume se il malcapitato, legittimamente presente nell’abitazione, usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza da parte del malvivente ma anzi vi sia pericolo di aggressione. La proporzione sussiste anche quando il soggetto aggredito compie un atto per respingere l’intrusione del malvivente nell’abitazione, compiuta con violenza o minaccia di uso di armi o altri mezzi di coazione fisica (art. 52 c.p.)".

Tornando alla violenza di genere, tutti i giorni assistiamo a denunce, arresti, condanne o comprovati fatti di cronaca che vedono le donne vittime di uomini. C’è un problema di violenza di genere e in che termini secondo lei?
“Partiamo da un presupposto. Per potersi configurare una “violenza di genere” è necessario che l’azione violenta venga posta in essere come espressione di misoginia o come atto di controllo, di potere, di vendetta da parte dell’uomo sulla donna perché donna. In sostanza il termine “violenza contro le donne” designa qualsiasi azione di violenza fondata sull’appartenenza sessuale. In questi termini è innegabile come i numerosi casi di violenza fisica e psicologica contro le donne ai quali purtroppo assistiamo quotidianamente siano inequivocabilmente espressione di violenza di genere. La cronaca ci riporta abitualmente di gravi episodi ai danni delle donne. Questo è un segnale allarmante dell’ampia diffusione del fenomeno della violenza di genere in Italia. La violenza alle donne - in qualunque forma si presenti- è rimasta a lungo un fenomeno sociale “nascosto”. Oggi le cose sono cambiate, sono stati introdotti numerosi strumenti di prevenzione e repressione della violenza di genere e di sostegno per le donne. È dunque fondamentale che le donne acquistino sempre maggiore consapevolezza che la violenza costituisce reato e si rivolgano alle forze dell’ordine o a centri specializzati (centri antiviolenza, sportelli)".

La cronaca però ci riporta anche casi di uomini picchiati e uccise dalle donne. Sono dei casi unici o c’è un allarme anche lì che viene ignorato?
"Mi permetta di dirle che non si tratta di casi unici. Il rischio che si corre in queste situazioni è quello di sottovalutare la condizione di uomini vittime di condotte aggressive e violente. La cronaca ci racconta di casi in cui le donne sono vittime di abusi. Lei stesso ha esordito accennando a due casi di cronaca che hanno come protagoniste donne che sono state costrette a difendersi da uomini violenti, ma le assicuro che non si tratta di un fenomeno che vede coinvolte solo le donne. Nel mio lavoro, mi è capito spesso, più spesso di quanto lei possa immaginare, di difendere anche uomini abusati da donne, incapaci di reagire alle violenze (verbali o fisiche) subite. Le potrà sembrare assurdo e paradossale, ma le assicuro che si tratta di un fenomeno che non andrebbe affatto sottovalutato".  

Nel caso Giulia Schiff, lei difende cinque degli otto piloti. Come è la posizione di una donna che difende un gruppo di uomini in un processo del genere?
"Quando ho deciso di assistere e difendere questi ragazzi, ho provato ad immedesimarsi nella Sig.ra Giulia Schiff e mi sono chiesta come avrei reagito se fossi stata al suo posto; cosa avrei provato; cosa avrei pensato dei miei compagni di corso. Le assicuro che la mia reazione sarebbe stata completamente diversa da quella della Sig.ra Giulia Schiff. Non difenderei questi ragazzi se non credessi nella loro innocenza. Mi rammarica molto vedere che ci sono donne che non sono in grado di ammettere le proprie debolezze: riconoscere di aver fallito è sinonimo di grande coraggio". 
 

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